NOTRE DAME. UN SIMBOLO DELL’EUROPA CHE BRUCIA
DAL MEDITERRANEO A LONDRA, SI SFALDA L’ORDINE DI UN’EPOCA Notre Dame brucia: poteva essere il titolo di un libro sull’inizio della fine dell’Europa. Ci sono immagini che diventano simboli, come le Torri gemelle, o la statua di Daddam Hussein che viene abbattuta (poi si scopre che gli iracheni non c’erano in quella piazza, salvo pochi e perplessi, e a far festa erano solo i marines); o il parlamento britannico che, in diretta sui tiggì di mezzo mondo mostra la levatura rasoterra, imbarazzante, dei suoi membri e del capo del governo, quella Teresa May la cui foto sarà sul muro accanto a quella di Winston Churchill! Quell’assemblea aveva potere sul mondo, oggi colleziona figuracce una dietro l’altra, dopo ognuna delle quali, la May fa il giro dei leader europei (che i cazz’e mezzo di sua maestà hanno sempre guardato dall’alto in basso della Manica), a pietire un rinvio della decisione che gli stessi inglesi hanno preso. Penosa deriva per nani che agiscono come amministrassero ancora un impero e potessero dare ordini al mondo. NANI A GESTIRE CRISI CHE AVREBBERO PIEGATO GIGANTI Mentre a Parigi un arrogantello pisquano messo di guardia al barile gioca a fare il Napoleone con un’Italia frantumata in un popolo di egoismi contrapposti e astiosi, e retta da giovanotti che non avendo mai amministrato un condominio, si fanno le ossa con un ring di 60 milioni di litiganti. E la Germania, dove restano fortissimi poteri che mai hanno rinunciato all’idea di una Europa tedesca (mentre statisti veri, quale Helmut Kohl, degno erede di una dinastia di grandi, da Adenauer a Helmut Shmidt, aveva rinunciato al marco ed era pronto a rinunciare a parte della sovranità, per far nascere una Germania europea, in una Europa unita), gioca a fare la padrona della UE, pur se la sua banca nazionale colleziona un disastro, un deficit e un dimagramento all’anno e le sue banche regionali non possono far vedere i loro veri conti e, avendo puntato tutto sull’export, impoverendo gli altri, i tedeschi tagliano il ramo su cui sono seduti. Di fronte a noi la Libia brucia, l’Iraq è stato distrutto e sedato, la Siria demolita e ancora in fiamme, e se tanto mi dà tanto, ora dovrebbe toccare alla Turchia. Quella Libia in cui la Francia e Gran Bretagna stanno demolendo l’esistente e scacciano l’Italia, per prendersi il petrolio, creando una catastrofe umanitaria che riverserà altre ondate di profughi in Europa, dall’Africa in cui la Cina acquista intere regioni, per produrre per i cinesi lasciando agli africanila sfida del Canale di Sicilia (esattamente come fanno gli europei che si lamentano di vederseli in casa. Il che potrebbe, o forse “deve”?, creare condizioni per politiche ancor più anti europee). E se FranciA e Gran Bretagna possono farlo, senza che poteri più forti li fermino, vuol dire che c’è un accordo su questo. Alla base potrebbe esserci anche la cazzata galattica fatta dal governo Berlusconi (il baciatore di mano a Gheddafi: oddio che vergogna), che cercò di unire, con un gasdotto, Russia e Libia, contro progetti ben più importanti e che non andavano disturbati. Lì, secondo alcuni osservatori ben informati, finì l’avventura politica di Berlusconi e quella terrena di Gheddafi, aprendo la strada ad alleati più affidabili. In questo sfracello, quale che sia la causa del rogo di Notre Dame (ma quanto ci mettevano ad arrivare i vigili del fuoco?), un simbolo storico della civiltà europea che brucia mette i brividi.
