UN MONDO GLOBALIZZATO. LA PACE COMPITO DI TUTTI.

UN MONDO GLOBALIZZATO. LA PACE COMPITO DI TUTTI.

( Articolo apparso su “Avvenire” mercoledì 24 aprile 2019 ) E’ sempre più evidente, sempre più palpabile: o gli…uomini accettano di diventare una famiglia o non potranno essere più sicuri di niente. Oggi più di ieri. I fossati, i castelli, le muraglie dei tempi passati hanno fatto il loro tempo. Il mondo sempre di più somiglia a un piccolo villaggio. Un villaggio capace di contenerci tutti, di dare da vivere a tutti, di proteggere tutti. Un villaggio dove nessuno può illudersi di ignorare ciò che accade al suo vicino. Veglia di Pasqua. Dopo i giorni della passione, la gioia della risurrezione ci aveva inondato il cuore. Una gioia vera, non effimera, che si sarebbe potuta toccare con le mani. “ Abbiate pietà dei vostri poveri preti, questa notte e domani, pregate per loro, chiedete allo Spirito Santo che li renda capaci e degni di dire l’indicibile, annunciare a voi e ai vostri figli un fatto che ha il sapore dell’assurdo…» avevo esordito all’omelia. Siamo sempre più convinti che l’unica cosa da fare per la convivenza pacifica tra gli uomini è mettere in pratica le parole di Gesù, anche per coloro che non lo credono il figlio di Dio. Lui è sempre dalla parte dei più deboli, dei più piccoli, dei disprezzati e reietti. Muore chiedendo al Padre di perdonare i suoi aguzzini. « Non sanno quel che fanno», disse. Davvero non lo sapevano? Dalla sua bocca mai una parola di vendetta, mai una parola di odio, mai un gesto di violenza. Muore, non fa morire. Serve, non si fa servire. Soffre per non far soffrire. Ha amato, non ha fatto finta di amare. Con i suoi è più esigente, è vero; per gli altri, per i lontani, per chi la pensa diversamente, chi ha difficoltà a credere, è sempre accogliente e misericordioso. La violenza e l’odio che hanno sconvolto lo Sri Lanka, ci hanno fatto precipitare in un abisso di sgomento. Dalla mattina di Pasqua, andiamo alla ricerca di una qualche spiegazione che ci soddisfi. Non la troveremo facilmente. Una spiegazione all’odio, al rancore che colpisce gli innocenti, gli indifesi, infatti, non c’è, non ci potrà mai essere. Fare strage di fedeli che pregano, di famiglie riunite per la colazione, è davvero, come ha detto papa Francesco, disumano. Disumano, qualcosa che esce dalla sfera dell’umano. Un salto indietro? Un regresso verso la barbarie? Una cosa è certa, se l’odio, la violenza, la sete di vendetta continuano ad albergare nei cuori, nessuno, in nessuna parte del mondo, potrà mai essere al sicuro. Chi ha la sfortuna di trovarsi nella trappola di un attentato può fare ben poco per salvarsi. Saltare in aria per lo scoppio di una bomba o finire sotto le ruote di un camion mentre stai passeggiando con gli amici, in una qualsiasi città del mondo, è la stessa cosa. La storia dell’uomo più ricco della Danimarca è triste ed emblematica. Nell’attentato ha perso tre dei suoi quattro meravigliosi figli. In un Paese tanto lontano dal suo. Non solo la Pasqua, ma gli animi dell’intera umanità sono stati insanguinati dal martirio di questi fratelli. Pur con il cuore a lutto, i pensieri che si accavallano, l’ angoscia che ci accompagna, non possiamo smettere di rendere grazie a Dio per il dono di Gesù risorto e della sua Parola. Una Parola che ci mette al riparo di noi stessi e delle nostre emozioni. Una Parola che fissa i nostri piedi sulla roccia e non ci permette di smarrire la speranza. Fermi. Confermati da Francesco, il successore di Pietro. Sempre più convinti che al male non si risponde con il male. Cristo è morto ed è risorto per sconfiggerlo, sradicarlo, distruggerlo, il male. Per ingoiare la morte. La strada è lunga e tortuosa ma non impossibile da percorrere. Dobbiamo convincerci che ogni nostra azione, in modo misterioso, rimbomba per il mondo. «Le colpe avvelenano l’aria» scriveva Bernanos. Ed è terribilmente vero. Nessun Paese può illudersi di fare una politica interna chiudendo gli occhi su ciò che accade altrove. Non possiamo permetterci il lusso di rintanarci in casa nostra, questo tempo appartiene a un passato che non c’è più. Distinguere per meglio governare, capire, dare a ciascuno il suo, si. Dividere, separare facendo finta di non sapere che cosa avviene al di là dei monti e del mare, approfittare dei bisogni dei Paesi poveri per meglio sfruttarli, fare affari, no. Il messaggio del Vangelo che a Pasqua è risuonato nelle nostre chiese è questo. Ogni Paese ha il dovere e il diritto di badare ai suoi senza dimenticare i drammi di chi vive al là delle proprie mura. Bello sarebbe se lo facesse per puro spirito di fratellanza, di solidarietà, di filantropia, ma qualora gli egoismi gli impedissero di allargare il cuore, ha l’obbligo di farlo per mantenere la convivenza pacifica. Dobbiamo vivere insieme. Siamo in tanti. Non sempre è facile ma è possibile. E bello. Risuoni in questi giorni bui e dolorosi come il Venerdì Santo il saluto del Risorto la sera di Pasqua: « Pace a voi». La pace. Un sogno irrealizzabile? Un’ utopia destinata a rimanere tale? No. La vera pace che è dono ed è fatica. Dono gratuito del nostro Dio e fatica di noi uomini creati e ricreati a immagine dello stesso Dio.