“BENTORNATO PRESIDENTE”, LA POLITICA IN FORMA DI FARSETTA

“BENTORNATO PRESIDENTE”, LA POLITICA IN FORMA DI FARSETTA

Le cose starebbero così, almeno a leggere quanto scrivono gli sceneggiatori di “Bentornato Presidente”, cioè Fabio Bonifacci e il produttore Nicola Giuliano: “Non abbiamo cercato l’attualità, è l’attualità che ci è venuta a cercare”. Accidenti! Aggiungono in una lunga nota per la stampa: “Si può dire che questo film sia stato scritto in pochi mesi oppure in molti anni”. A occhio, opterei per “pochi mesi”.È sempre rischioso far film cotti e mangiati che prendono spunto dall’attualità politica. Di solito si arriva tardi, fuori tempo massimo. Il governo giallo-verde, benché tra qualche maroso, sta continuando la sua navigazione, anche se il premier Giuseppe Conte esclude un bis; ma, per tornare al film, quella specie di Renzi ribattezzato Vincenzo Maceria, un leader sconfitto e superbo che arriva al Quirinale guidando una DeLorean, la macchina di “Ritorno al futuro”, e chiama “coworkers” i compagni di partito, sembra già espunto dalla storia del Pd, archiviato, quasi un reperto. Come sapete, “Bentornato Presidente” è il seguito, sei anni dopo, di “Benvenuto Presidente!”: sarà nelle sale da giovedì 28 marzo con Vision Distribution, produce Indigo Film. I registi Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi sostituiscono Riccardo Milani. Cambia anche qualche interprete: manca all’appello Kasia Smutniak, al suo posto, sempre per lo stesso personaggio, c’è Sarah Felberbaum.Resta naturalmente Claudio Bisio, nel ruolo di Peppino Garibaldi, il quieto e bonario pescatore di trote che otto anni prima diventò presidente della Repubblica per un gioco politico, salvo poi dare le dimissioni, e adesso, strappato alla sua vita in baita per recuperare l’amore della moglie Janis e l’affetto della figlioletta Guevara (?), accetta di fare il presidente del Consiglio su richiesta del rassegnato inquilino del Quirinale. “Rispetto al primo film la politica è più caratterizzata, più somigliante a quella vera” spiegano Bonifacci e Giuliano. Se Garibaldi non somiglia a Giuseppe Conte, “l’avvocato degli italiani”, il meccanismo che lo porta a Palazzo Chigi è invece noto. Lega e Cinquestelle litigano da mesi su chi debba fare il premier: e così ecco Matteo Salvini evocato da Paolo Calabresi, che fa Teodoro Guerriero, il bellicoso leader di “Precedenza Italia”; mentre Luigi Di Maio ha le fattezze minute di Guglielmo Poggi, che fa Danilo Stella, il furbo capo del “Movimento Candidi”.La satira, o meglio la farsa, peraltro ampiamente superata dalla realtà quotidiana, si appunta sulla politica ridotta a selfie e “story telling”, mentre echeggiano battute del tipo “Tu sarai il primo a dare al Paese ciò che vuole: parole, non fatti” oppure “Il web è come una cistifellea: si nutre di bile”. Peppino, dal canto suo, sembra poco interessato al cimento, se non fosse per quel barbuto/ambiguo spin-doctor incarnato da Pietro Sermonti, calvo come lui e forse già amante della moglie Janis, che gli propone davvero di cambiare le cose a colpi di leggi. Il film, frenetico sul fronte della messa in scena e fitto di riferimenti allo spread, prende ovviamente di mira non solo i difetti della classe politica vecchia e nuova ma pure le immarcescibili ipocrisie degli italiani in materia di tasse, pervenendo a un mezzo lieto fine rassicurante, ecumenico, che stona un po’. Infatti dopo i titoli di coda, non alzatevi, arriva la “sorpresona”: tanto fessa quanto agghiacciante (a mio parere).PS. Sapete come la penso sulle canzoni in inglese pigiate a cavolo nei film italiani. In “Bentornato Presidente” ce ne sono addirittura undici, ma soprattutto mi chiedo: che accidenti c’entra “House of the Rising Sun”?