FATTURATO E ORDINATIVI DELL’INDUSTRIA IN FLESSIONE: -7,3%

L’allarme viene come di consueto dai comunicati Istat, ma c’è un ampio coro tra gli analisti ed operatori del settore industria, Confindustria in primis, che già dal secondo semestre del 2018 hanno puntato l’attenzione sul trend negativo dei più importanti indicatori economici. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat sul fatturato e ordinativi dell’industria nel 2018, a dicembre si riscontra una flessione nel fatturato, in termini congiunturali pari al 3,5%, nell’ultimo trimestre dell’anno di riferimento l’indice complessivo mette in rilievo una diminuzione dell’1,6% rispetto al precedente trimestre. In negativo anche gli ordinativi in termini congiunturali, -1,8% rispetto al mese di novembre, e risulta in calo nel complesso anche nel quarto trimestre, rispetto al precedente, -2%. In base del calo congiunturale del fatturato, secondo l’analisi dei dati Istat, c’è da considerare sia il mercato interno, che rileva una flessione di -2,7%, sia in quello estero, in maniera anche più incisiva, -4,7%. Il dato sulla contrazione degli ordinativi è il risultato dell’aumento delle commesse del mercato interno: +2,5% e il calo di quelle provenienti dall’estero: -7,4%. E non incoraggia neanche il dato concernente i principali raggruppamenti di industrie, dal quale emerge una variazione congiunturale in negativo: -1,8% per quanto riguarda i beni di consumo, 5,5% i beni strumentali, -1,7% quelli intermedi, e l’energia -9,7%. Da tenere presente che i giorni lavorativi sono stati 19 contro i 18 di dicembre dell’anno precedente, il fatturato dunque, dal punto di vista tendenziale, cala del 7,3%. Il mercato interno riporta un calo del 7,5%, mentre quello estero del 7,0%. L’arretramento, nel confronto annuo, penalizza parecchio i trasporti, ma anche le industrie chimiche e farmaceutiche. Non deve stupire se il mondo dell’industria è in allarme, e punta il dito sulle scelte strategiche del Governo, da tempo si chiede una manovra compensativa, poiché, secondo il parere dei rappresentanti di Confindustria, con il sopraggiungere della recessione non si può ricorrere ad una manovra aggiuntiva che contribuisca a fare lievitare il debito, già alquanto drammatico. Sostiene al riguardo Confindustria:“diciamo al Governo che per le opere sopra 100 milioni di euro ci sono 26 miliardi già stanziati, con i quali si potrebbero aprire finalmente i cantieri, con il risultato che nel volgere di 3 anni il Pil aumenterebbe di un punto percentuale”. Anche il presidente Piccola Industria Confindustria, Carlo Robiglio, esprime preoccupazione per gli imprenditori e le ragioni riguardano la congiuntura politico-economica che il Paese sta fronteggiando attualmente. Sostiene in proposito: “Siamo persuasi che l’occupazione non si crei per decreto, ma con politiche di crescita, e nell’ambito di un contesto di certezze che stimoli le imprese a investire, e quindi a creare nuovo lavoro”. Robiglio insiste sul fatto che non ci si deve aspettare certo la bacchetta magica per una ripresa dell’economia del Paese, ma con un po’ di buon senso e scelte più ponderate ci si potrebbe avviare in un percorso di crescita. E’ ovvio che davanti a scenari economici globali e interni in peggioramento, e il calo delle commesse, gli imprenditori non sono incentivati a potenziare la forza lavoro con nuove assunzioni, e nemmeno sono incoraggiati a rendere stabili quei rapporti di lavoro a termine in corso. Confindustria ritiene altresì importante fare ripartire i cantieri della TAV, fermi da anni, eppure ci sono 26 miliardi di euro già stanziati, in grado di creare movimento con un’adeguata offerta di lavoro. Servirebbero incentivi per gli investimenti nell’area dell’innovazione e formazione, occorrerebbe il taglio del cuneo fiscale, che contribuisce a migliorare la busta paga dei lavoratori, anziché misure come la “Flat tax”, che limita gli interventi solo all’esigua platea delle partite Iva, dei professinisti, ma non apporta agevolazioni di fatto in termini di riduzione fiscale alle piccole imprese. Un altro osservatorio, quello di Confindustria, che per logica difficilmente si concilia con le scelte dell’esecutivo, ora tuttavia, il Paese affronta una fase recessiva che implica l’esigenza di una sinergia d’intenti e di azioni volte a fare ripartire la crescita. Se nell’arco del 2019 non vi sarà un cenno di ripresa, il rischio per l’economia è veramente alto. Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, osserva in merito: “gli ultimi dati sul fatturato e gli ordinativi impongono serie riflessioni, è un preciso dovere ed una responsabilità che riguarda tutti reagire a questi scenari economici che stanno rallentando ogni processo verso la crescita, specialmente se si tiene conto che il nostro Paese ha un’alta vocazione all’export.”