LA VIA DELLA SETA TAGLIA VIA IL MEZZOGIORNO
“Temo che ancora una volta il Mezzogiorno possa essere relegato al ruolo di periferia dell’impero”.Leonardo Damiani, docente di costruzioni marittime del Politecnico di Bari, esterna ai microfoni diTGR Pugliale sue paure sullaVia della Setalungo la quale scorreranno i traffici commerciali tra Italia e Cina (e forse anche tra buona parte dei Paesi dell’Unione Europea e la Repubblica Popolare). Come ha sottolineato nel servizioGiovanni Matera, inizialmente laVia della Setaavrebbe dovuto coincidere con ilCorridoio 8. Doveva essere una bella, grande opportunità:1.200 chilometri di ferrovie e quasi mille di strade, tra Bari, Brindisi, Durazzo e Varna. Ma ilCorridoio 8è stato cancellato dalla programmazione comunitaria, e il progetto dell’alta capacità ferroviaria Napoli-Bari, annaspa. Il Tacco d’Italia corre il serio rischio di essere sempre più periferia dell’Italia stessa. “In Puglia dovremmo farci sentire un po’ di più, perché i porti terminali che in televisione sentiamo nominare di più sono quelli di Trieste e Genova. La sola area tagliata fuori dal sistema delle reti di trasporto europee è proprio il Mezzogiorno d’Italia, perché la rete avrebbe dovuto essere completata dalCorridoio 8, che di fatto esiste perché i rapporti transfrontalieri sono comunque intensi, ma andrebbe sostenuto politicamente, e su questo ci si deve lavorare”, incalza il prof. Damiani. La Puglia e il Mezzogiorno rischiano di perdere la grande potenzialità rappresentata dalla via della seta: “Viviamo nell’era della globalizzazione, il problema è che non si può essere pro o contro, la globalizzazione e c’è, e va governata, e dunque pur con la cautela del caso, intensificare i rapporti con la Cina è unmustdella nostra epoca”, conclude il docente. Ma occorre che la Puglia e il Mezzogiorno non siano tagliati fuori da questa opportunità. Nella partita dellaVia della Setail Mezzogiorno è coinvolto anche con il Porto di Gioia Tauro, che per posizione geografica e potenzialità logistiche rappresenterebbe il naturale approdo italiano, ma sembra che il porto calabrese, come tutti gli altri porti del Sud, sia al momento escluso dal “memorandum” che il governo italiano si appresta a sottoscrivere con quello cinese.
