LO SCANDALO LEGITTIMA DIFESA: DAL CASO PEVERI AI RISCHI DELLA NUOVA LEGGE

LO SCANDALO LEGITTIMA DIFESA: DAL CASO PEVERI AI RISCHI DELLA NUOVA LEGGE

Un ladro, colui che con la complicità delle ombre, ruba, sottrae ciò che non gli appartiene. Un imprenditore, colui che investe, produce, crea, offre, guadagna. A volerli vedere insieme su di un palcoscenico li si dovrebbe collocare alle due estremità di una corda. Uno ruba e scappa. L’altro vede sottratto ciò che è il frutto della sua organizzazione di uomini e mezzi per raggiungere un profitto. Capita così che una notte del 2011 due storie distinte divengono un solo destino. Un uomo disoccupato, rumeno, Dorel Jucan con due complici si avventura nel cantiere dell’imprenditore Angelo Peveri. Jucan sposato e padre di due bambine, aveva finalmente trovato un lavoro a sessanta km di distanza da dove viveva. Non aveva i soldi necessari per comprare il carburante per potere così raggiungere il posto di lavoro. Si determina così a commettere un reato. Lo sa bene anche se la sua fedina penale dimostra che non era avvezzo a questi sistemi di sopravvivenza e tale è la verità processuale emersa. Con i complici aveva rubato il gasolio dai serbatoi di due escavatori. Ma poi l’epilogo della vicenda si tramuta in una vera e propria tragedia. Peveri ed un suo collaboratore giunsero a bordo di una macchina. Spararono colpi per intimidire i ladri che scapparono. Un colpo ferì uno dei fuggiaschi e tutti e tre ripararono verso il Tidone, il fiume che scorre nel piacentino. Momenti concitati di terrore puro. La rabbia sacrosanta di chi vede vanificati i suoi sforzi lavorativi a causa dei ladri, trasformata in furia cieca e irrazionale. E il destino beffardo si prende gioco delle vite dei protagonisti. Jucan lascia che l’atmosfera si acquieti, nascosto sulla sponda attende che le tenebre stanchino gli animi, che la notte scivoli, per le vittime del loro misfatto, nel sonno ristoratore di chi è riuscito a salvare i propri beni. Guardingo torna verso il cantiere. Lì nei pressi ha lasciato la sua macchina della quale non può fare a meno, per quel nuovo lavoro, quella nuova vita che lo aspetta. Ma Peveri è lì ad attendere. Il seguito è cronaca, è orrore, è paura, è processo, è legge e dovrebbe essere giustizia. Un uomo viene fatto inginocchiare, viene picchiato selvaggiamente mentre inerme implora perdono. Poi gli si spara a bruciapelo. Nessuna mistificazione. Questa è la realtà processuale emersa dal dato probatorio e dalle requisitorie. Il ladro colpito al petto, sopravvive e patteggia una pena a 10 mesi per tentato furto di gasolio. Peveri e il suo dipendente vengono, invece, condannati per tentato omicidio a 4 anni e mezzo perché, secondo la Procura non sarebbe stata ipotizzabile nel caso di specie l’attribuzione della causa giustificativa della legittima difesa. La Cassazione nonostante la richiesta della procura generale, secondo cui il processo era da rifare, conferma la condanna con sentenza divenuta irrevocabile il 16 febbraio scorso. Peveri, quindi, va in carcere per scontare la pena comminatagli. Il silenzio sarebbe stato il giusto epilogo per una vicenda nella quale non ci sono in fondo vincitori e vinti perché i protagonisti sono entrambi vittime di uno Stato che ormai deroga ai suoi compiti di prevenzione trovando molto più comodo intervenire reprimendo ed ex post. Invece anche la tragedia di due vite diviene occasione, fosse mai che se ne perdesse una, di un lancio pubblicitario: la nuova legge sulla legittima difesa. Così il Ministro che è il soddisfatto promotor di questa legge, si è recato subito in carcere a far visita all’imprenditore, secondo lui, detenuto ingiustamente. A portare la solidarietà del Parlamento e, conseguentemente dell’unico legittimato a conferire questo mandato: il Popolo Italiano. Non sarebbero mancate le dichiarazioni ad effetto : “Peveri trascorrerà ingiustamente la sua terza notte in carcere lontano dalla famiglia, il rapinatore invece è fuori con il portafogli pieno” avrebbe detto il vicepremier all’uscita dal penitenziario. “Dal mio punto di vista – non avrebbe dovuto nemmeno entrarci in carcere. Se servirà andrò anche dal presidente della Repubblica a chiedere la grazia per l’imprenditore arrestato”. Dichiarazioni che hanno scatenato un vespaio di polemiche per l’anomala ingerenza di un rappresentante delle istituzioni nelle attività e decisioni della magistratura. Dall’ altra parte applausi da chi propugna un allargamento delle ipotesi di legittima difesa. Un istituto spesso al centro di critiche, di analisi e, in questi ultimi tempi, di propaganda. E pensare che la reazione all’offesa sin dall’antichità è stata sempre regola prima non codificata e poi norma scritta. Occhio per occhio, dente per dente, frase perentoria, celeberrima locuzione a tradurre il principio giuridico di quella che fu chiamata ” legge del taglione” Era un’espressione contenuta nell’Antico Testamento e rappresentava la legittimazione piena e totale della “vendetta”‘ Lo stesso codice di Hammurabi, antesignano dei codici giuridici moderni, prevedeva la possibilità di riconoscere ad una persona che avesse ricevuto intenzionalmente un danno ingiusto, la potestà di infliggere al danneggiante un danno uguale all’offesa ricevuta. Poi, la vendetta lasciò il posto alla legge e i romani resero grande il Diritto perché gli impressero il crisma della civiltà , della proporzionalità e dell’aspirazione alla giustizia. Nel diritto moderno italiano la legittima difesa viene annoverata fra le cause di giustificazione prevista dall’art. 52 codice penale secondo il quale “non è punibile chi abbia commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa arrecata”( enc.giur.Treccani) La difesa, quindi, deve essere cronologicamente immediata rispetto all’ offesa che a sua volta deve essere ingiusta e mettere la vittima in una situazione di pericolo imminente. Secondo il codice penale“necessaria” è la difesa che si concretizza nell’unica scelta possibile, “proporzionata” è la difesa valutata in base ai beni in gioco e alla illiceità delle condotte poste in essere. La legittima difesa è una vera e propria forma di autotutela che scatta quando è necessario difendersi e non si ha neppure il tempo per chiedere l’intervento dell’autorità di pubblica sicurezza. Deve sussistere, altresì,la probabilità che dall’evento scaturisca un danno. Le vicende degli ultimi anni, l’allarme sociale provocato da episodi di rapine, violenze private e reazioni sfociate spesso in un eccesso difensivo quando non addirittura in omicidi, hanno indotto il Parlamento a cercare di apportare modifiche all’art. 52 del codice penale . Fu varata, così la legge n 59/2006, che aggiunse due commi all’art. 52 c.p.stabilendo la sussistenza della proporzione nell’ipotesi che ” taluno legittimamente presente in un’abitazione altrui, in altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi, o in altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale, usi un’arma legittimamente detenuta, o altro mezzo idoneo, al fine di difendere la propria o altrui incolumità, o i beni propri o altrui, quando non vi sia desistenza e vi sia pericolo di aggressione”.L’aggiunta di questi commi consentiva una ampia portata della giustificabilita’ del comportamento difensivo riducendo, quindi, le ipotesi di reato. Solo in questi casi, pur ampi, la legittima difesa diviene una esimente e il soggetto non è imputabile. Quando, invece, viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa, si incorre nel reato di eccesso colposo di difesa previsto dall’art. 55 del codice penale.“Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”. E il soggetto che si è difeso deve dimostrare che la sua reazione era stata proporzionale all’azione del reo nei suoi confronti. Ma la Storia che è il braccio del tempo ama spesso prendersi gioco degli uomini e adora camminare all’indietro come i gamberi. Quando accade con il diritto questo deve allarmare, perché il ritorno al passato, statisticamente non è mai foriero di buone nuove. Così, nonostante la riforma dell’art. 52 c.p. già nel 2006, nonostante un ampliamento della esimente a fronte di un restringimento della portata del reato di ” eccesso colposo di legittima difesa” , si è assistito sin dal marzo 2018 in poi, a veri e propri proclami tendenti a pubblicizzare una ennesima riforma dell’istituto. Un testo unico approvato già al Senato che sarebbe la summa di tante proposte, la stragrande quantità leghiste, che avrebbe dovuto trovare il via libera in settimana anche dalla Camera. La legge prevede che sia “sempre” da ritenersi legittima la difesa in caso di violazione di domicilio. Anche l’aver agito in stato “grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto” costituisce per la nuova disposizione normativa una esimente. Con il nuovo testo licenziato dal Senato e in dirittura di arrivo alla Camera viene considerato ” sempre” proporzionata la reazione all’ offesa subita. Affinché scatti la legittima difesa non è necessario che il ladro abbia un’arma in mano, bensì è sufficiente la sola minaccia di utilizzare un’arma e non è necessario che la minaccia sia espressamente rivolta alla persona. L’articolo 2 della riforma modifica l’articolo 55 del codice penale che riguarda “l’eccesso colposo”. La nuova formulazione esclude la punibilità di chi si è difeso in “stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”. L’art. 3 della riforma prevede la possibilità di ottenere la sospensione condizionale della penaper chi ha commesso un furto in appartamento solo dopo che ha pagato completamente l’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa. Altri aspetti importanti della nuova normativa ineriscono l’esclusione dall’onere di risarcire in sede civile colui che è stato danneggiato dalla condotta difensiva. Solo nei casi di conclamato e dimostrato eccesso colposo può essere riconosciuta al danneggiato una indennità nello stabilire la quale il giudice deve tenere conto dei comportamenti tenuti da danneggiante e danneggiato . Un’ ulteriore novità è rappresentata dalla possibilità di far usufruire del gratuito patrocinio colui nei confronti del quale siprocede penalmente per fatti commessi in condizioni di legittima difesa o eccesso colposo. Molto critici nei confronti della riforma i tecnici del diritto e,soprattutto, i magistrati che ritengono la stessa un pericoloso incentivo a farsi giustizia da sé stante la linea morbida usata dal legislatore anche per il reato di eccesso di legittima difesa. Probabilmente anche fra gli alleati di governo qualche mugugno deve essere scappato, al punto tale che la discussione alla Camera è stata rinviata di una settimana. Il segretario del sindacato dei magistrati ANM Francesco Minisci, a Radio anch’io avrebbe dichiarato: “Speriamo che questo rinvio sia sine die” Secondo il magistrato la riforma innescherebbe un automatismo perverso perché impedirebbe qualsiasi indagine da parte degli inquirenti. In virtù delle norme, infatti, l’esimente della legittima difesa renderebbe superflua qualsiasi indagine atta a ravvisare il nesso eziologico fra causa ed effetto, il criterio dell’immediatezza del pericolo e, soprattutto, l’indice di proporzionalità. Profondamente piccato il Ministro avrebbe replicato che i magistrati che esprimono opinioni politiche dovrebbero scegliere di candidarsi con la Sinistra e poi farsi eleggere. Il problema è davvero complesso e non può essere sdoganato con una delle solite diatribe del Ministro contro tutti. L’ onda emozionale non deve e non può guidare la mente e la mano del legislatore soprattutto quando gli effetti della norma avranno riverberi sulla vita delle persone. E, soprattutto, la normazione seria non dovrebbe essere preceduta da subliminali messaggi mediatici . Ogni norma astrattamente idonea a garantire giustizia deve farsi diritto vivente e rapportarsi alla realtà. E la realtà ci dice che esiste l’offesa ed esiste la legittimità di una difesa quando questa non si traduce in reato essa stessa, nella vendetta che vanifica l’aspirazione alla giustizia.