QUELLA VOCE GENTILE
Dovrò scrivere, un giorno, della chiacchierata che ebbi con quest’uomo, vicino al ministero degli Esteri, quando avevo dodici anni, e mia madreGiovannaportava me eCostanzaallo Stadio dei Marmi, per le lezioni di atletica leggera.Lui passeggiava intorno allo stadio, dopo pranzo. Chiacchierava con gli uomini della scorta, leggeva carte, osservava i giovani.E se un ragazzino di dodici anni gli si avvicinava per salutarlo, lui si chinava, e chiacchierava, e gli chiedeva “cosa ti piace studiare di più, a scuola?”.Parlammo di questo. Io avevo in casa una zia (c’è ancora, la dolce, cara, folle zia Clara) che in politica ci lavorava, sul serio. Fu segretaria, assistente anzi, di uomini potentissimi, allora. Era di destra, lei. Leggeva Il Borghese. Mi portò un paio di volte a ascoltare i comizi di Almirante, che come oratore era formidabile. Ma zia lavorava per uomini potentissimi, della Dc. Mi portava spesso la domenica al Quirinale, a vedere il cambio della guardia. E mi insegnò che dinanzi alla bandiera, ascoltando l’inno, ci si porta la mano al cuore.Il virus della politica me lo hanno trasmesso lei, e il suo inseparabile amico, e collaboratore/socio, Pino, tessitore di reti abilissimo, paziente, instancabile. Dunque a 12 anni sapevo benissimo chi fosse Moro, e vedendolo molto spesso lì, vicino alo Stadio dei Marmi, un giorno mi avvicinai, e parlammo cinque minuti. Ne scriverò. È un ricordo indelebile, quel colloquio. La sua voce, il tono dolcissimo della sua voce, le sue domande, mi sono tornati in mente moltissime volte. Quando fu rapito, circa due anni dopo quel breve colloquio, ero un giovanissimo militante di una roba che si chiamava Autonomia Operaia.Il 16 marzo 1978 sembrò davvero potesse scoppiare la rivoluzione, magari “proletaria”, a chi era molto molto giovane, come ero io.Eppure ero stordito.La voce di Moro mi era rimasta nella testa. La lettura de “L’affaire Moro” di Leonardo Sciascia (opera incredibile, di lucidità, capacità di analisi storica, psicologica, politica, assolutamente fuori dal normale) fu il punto di svolta. Cominciai a razionalizzare, per quanto si possa razionalizzare, quando hai 14-15 anni. Da quella lettura cominciai a seguire con interesse crescente un certo Marco Pannella, che avevo visto tempo prima, il giorno dell’omicidio di Giorgiana Masi (pochi mesi dopo il colloquio con Moro). Dovrò scrivere di quegli anni, di quegli incontri. Fino a quello, nel 1980, conLaura, che mi accolse la prima volta al Partito Radicale. Una zia un po’ matta ma molto appassionata, mia nonna nipote di Francesco Sturbinetti, ministro della Repubblica Romana del 1848, gli incontri con Moro e Pannella, l’itinerario (abbastanza impervio) che mi portò da Aut. Op. al Partito Radicale, la lettura di Sciascia, capace di aprire orizzonti sconfinati.Il sottofondo musicale di tutta questa storia, segnato da Bennato, Venditti (quello di “Lilly”, in particolare), Pino Daniele, De Gregori, Guccini, Gaber, e pureRicky Gianco.Di tutto questo, un giorno, dovrò scrivere.Per me, ma soprattutto per chi, più giovane, voglia tentare di capire come siamo arrivati qui dove siamo.Certe storie, seppur raccontate in forma di romanzo, aiutano a capire la realtà. Credo. Spero. Per il momento, un “grazie” di cuore voglio dedicarlo aFrancesco, che con me ha pubblicato un libro bellissimo, dedicato proprio al pensiero politico di Aldo Moro. Di questo volume (come di tutti quelli che ho pubblicato, ognuno frutto di una precisa scelta di cuore, e di testa) sono davvero orgoglioso.Lo cito nei commenti, non per fine “commerciale” (capirai, pubblicando questi libri se va bene ti puoi andare a mangiare una pizza con l’autore), ma perché davvero ne sono orgoglioso. È un percorso chiarissimo, lucido, profondo, che ricostruisce l’itinerario politico dell’uomo che a mio parere rappresenta la più alta espressione del pensiero cattolico democratico italiano del dopoguerra.Per me voleva essere una dedica, un segno di affetto, rivolti a quel signore brizzolato e gentilissimo, che si inchinò a parlare con uno sconosciuto ragazzino dodicenne in tuta da ginnastica, che gli si era avvicinato, timidamente, per salutarlo.
