VEDIAMO DI NON ESSERE PESCI
Una settimana fa, in questi minuti, veniva sgozzato in centro a Torino un uomo di 34 anni, dalla vita lontanissima dagli ambienti criminali. L’assassino è senzanome e latitante: di lui ci sono un’immagine sgranata ripresa da una telecamera e la descrizione di un testimone. Per gli investigatori dei social, invece, era un negro. O meglio: lo è stato per qualche giorno, finché i carabinieri hanno specificato che dalle immagini il tipo non è nero, potrebbe benissimo essere italiano («Parlava un ottimo italiano», ha peraltro riferito il testimone).Allora è diventato «nordafricano», sempre per i commissari di Facebook. Anche lì: potrebbe benissimo essere un semplice terrone, insomma ce la giochiamo in qualche centinaio di chilometri di latitudine. C’è da dire che, purtroppo, alcuni giornali non si comportano meglio degli ultrà da tastiera. Li capisco: c’è fame di sangue, voglia di individuare subito una categoria, semplificare il mondo, lo psicopatico è affascinante se sta in Criminal Minds, non in riva al Po. In riva al Po ci sono i barboni – così meglio pensare sia stato un clochard: basterebbe in quel caso togliere i clochard. Via libera allora agli articoli della serie «degrado del lungo Po», peccato che il testimone abbia anche detto che l’assassino «era un tipo vestito bene». E quindi, a ragionar con il luogo comune, il barbone decade. Niccolò Zancan, che – mi ripeto, lo so – è uno dei più bravi, sulla Stampa di oggi fa notare che «Non sono più gli Anni Novanta a Torino, con trenta omicidi in media all’anno. Dopo il famigerato 1989: 41 morti ammazzati, di cui quasi la metà per regolamento di conti. (…) Era un’altra città, un’altra storia. In tutta la provincia di Torino, negli ultimi vent’anni gli omicidi sono calati drasticamente: 12 nel 2017, 10 nel 2018, 5 nei primi due mesi del 2019.». Anche per gli statistici da social questa città «non è più quella di una volta», ma per motivi opposti a quelli che pensano: ci si ammazza di meno, non di più. A questo punto che si fa, un’ode alla dea Percezione? Ora: capisco lo spaesamento, la paura. Ma “nessuna risposta” è meglio di una risposta sbagliata – a una domanda giusta. Il caso è oggettivamente, per una serie di motivi, difficile. Indagano i carabinieri del Nucleo Investigativo di Torino, non il Commissario Lo Gatto. Invece, per il popolo: «Non vogliono prenderlo, mi pare evidente», dice uno. E anche: «Non se ne parla, perché la vittima è italiana!». Purtroppo c’è poco da scrivere. L’orrore esiste e spaventa, la realtà fa paura, e allora tutti a dargli, ancora e sempre, al diverso. Alcuni mi chiedono perché legga e rilegga I promessi sposi: perché è uno di quei libri in cui c’è tutto. «La sera avanti questo giorno in cui Renzo arrivò in Milano, le strade e le piazze brulicavano d’uomini, che trasportati da una rabbia comune, predominati da un pensiero comune, conoscenti o estranei, si riunivano in crocchi, senza essersi dati l’intesa, quasi senza avvedersene, come gocciole sparse sullo stesso pendìo. Ogni discorso accresceva la persuasione e la passione degli uditori, come di colui che l’aveva proferito. Tra tanti appassionati, c’eran pure alcuni più di sangue freddo, i quali stavano osservando con molto piacere, che l’acqua s’andava intorbidando; e s’ingegnavano d’intorbidarla di più, con que’ ragionamenti, e con quelle storie che i furbi sanno comporre, e che gli animi alterati sanno credere; e si proponevano di non lasciarla posare, quell’acqua, senza farci un po’ di pesca». Vediamo di non essere pesci, almeno proviamoci.
