10 ANNI DA L’AQUILA. MA IL TERREMOTO NON E’ ANCORA FINITO
Ricorre oggi il decimo anniversario di quel terribile sisma che mise in ginocchio L’Aquila.Erano le 3,32 del 6 aprile 2009 quando un boato della magnitudo 6.3 rase al suolo gran parte della città e zone limitrofe.Il bilancio fu terribile: 309 morti, 1600 i feriti, 80 mila e più gli sfollati. Interi borghi ridotti in macerie. Una scossa durata 23 secondi, un’eternità che ha segnato il prima e il dopo di un’intera comunità. Drammatiche le immagini che tennero incollati davanti alla tv milioni di telespettatori sul lavoro incessante dei soccorritori che scavavano senza sosta per estrarre dalle macerie più corpi possibile con la speranze che fossero ancora vivi. Poi quelle bare, in fila, una appresso all’altra.La morte, il silenzio, il dolore.E la paura per quello sciame sismico che ad intervalli, con i tremori della terra, riapriva ferite e drammi personali.I danni, oltre 10 miliardi di euro.Il dito accusatore, allora come in altri eventi sismici, fu puntato solo ed esclusivamente sull’incuria dell’uomo, che a vario titolo, ha eretto, nel tempo, costruzioni non adeguate a reggere i movimenti tellurici. Eludendo norme e vincoli paesaggistici. In quei giorni numerose furono le passerelle dei politiciche promettevano interventi immediati e risorse per riportare la vita quanto prima in quelle popolazioni private di tutto dalla furia distruttrice della natura.Molte di quelle promesse, fatte sull’onda della commozione davanti a tanto dolore, sono rimaste tali.A cominciare dalle scuole. Sembra incredibile, eppure dopo dieci lunghi anni gli alunni aquilani continuano a frequentare le lezioni nei cosiddetti MUSP, vale a dire i Moduli a Uso Scolastico Provvisorio. Così non è stato. Allestiti dopo il sisma per sopperire all’emergenza hanno finito per diventare stabili e definitivi.Le uniche due scuole rimesse in sesto sono private.Così com’è opera di privati il ritorno alla vita di diversi simboli cittadini, la memoria storica della città, altri, troppi restano nell’elenco delle opere incompiute e non sempre per mancanza di fondi, com’è il caso delle scuole, per le quali fu istituito un fondo di 44 milioni. Dieci da allora, da quel giorno di morte e distruzione.Dieci anni in cui molto è stato fatto ma troppo è ancora da fare. Dieci anni di promesse, di progetti e lavori in parte portati a termine e altri mai cominciati, di chiese restaurate e tornate all’antico splendore e altre da rimettere in sesto così come case palazzi e interi rioni ancora pregni di detriti e macerie.Troppe ancora le ferite da rimarginare nei corpi delle persone di chi è rimasto e di chi è andato via, ognuno con la propria storia, ognuno con il proprio dramma. Oltre 6000 ancora i cittadini che vivono nelle casette d’emergenza, molti gli aquilani che hanno fissato altrove la loro residenza. Anche il centro storico fatica a ritornare il cuore pulsante della città, si pensa al 2020 per riportarlo completamente in vita, forse il 2020 per l’intero territorio comunale. Gli aquilani non si arrendono, abituati da sempre a rimboccarsi le maniche. Fin da subito hanno cercato di riportare in vita quanto possibile per riappropriarsi del loro quotidiano e guardare con ottimismo al futuro.Molto è stato fatto. Tanto è ancora da farein una città che vanta un patrimonio artistico e culturale di valore inestimabile. La strada è quella giusta, dicono gli esperti, per riportare L’Aquila da città fantasma dopo il sisma agli antichi splendori di un tempo. Molte le iniziative commemorative promosse in occasione del decennale. Incontri, tavole rotonde, eventi sportivi e musicali e la fiaccolata in ricordo delle 309 vittime, le più importante.Per non dimenticare
