I PERCHÉ DEL TERMINE “FEMMINICIDIO”
DI CLAUDIA SABAIl termine femminicidio è la definizione moderna di tutti gli omicidi in cui ad essere uccisa è una donna, perché appartenente al genere femminile, el’uomo, colui che li commette.L’espressione trova origine dall’inglese “femicide”, già in uso in Inghilterra dal 1801.Fu la criminologa D. Russell, nel 1992, a definire con questo termine una vera e propria categoria criminale.In Italia solo da qualche anno si è presa coscienza del reale fenomeno del femminicidio.La legge del 23 aprile 2009 ha introdotto nel c.p. il delitto “per atti persecutori” (stalking). Esso contempla una serie di norme che tutelano la persona offesa. È prevista la reclusione fino a quattro anni, che aumenta in caso di aggravanti.L’Italia è da sempre un Paese patriarcale.Ciò significa che, in molti casi, il maschio ha sempre occupato un ruolo predominante.Anche oggi le cose non sembrano essere molto cambiate.I vertici delle grandi aziende vedono prevalere l’uomo nella posizioni più alte.Stessa situazione per le Forze Armate e la Chiesa.Si potrebbe obiettare che le famiglie italiane si siano ormai evolute, che il delitto d’onore sia solo un ricordo del passato e che i ruoli nei nuovi nuclei familiari siano sempre più spesso intercambiabili tra i partner.Ma è davvero così?A parole forse, ma i fatti dimostrano il contrario.Nella realtà molte conquiste femminili non hanno prodotto grandi risultati.L’uso del corpo femminile passa dalla TV ad Internet, e scarsa è ancora la presenza di donne con ruoli da leader della comunicazione.Ancora insufficiente è la loro presenza in posizioni economico-dirigenziale di comando.Quando le donne provano a mostrarsi più autorevoli, competenti ed autonome, continuano a non essere viste di buon occhio.Nemmeno dalle altre donne.Nonostante tutto, alcuni mutamenti sul piano sociale sono avvenuti.Le donne di oggi sono sempre più consapevoli di se’ stesse e di quanto valgono.Studiano, si interrogano, si esprimono, rivendicando nuovi diritti.Hanno imparato a scontrarsi anche all’interno del nucleo familiare.Ma la loro crescente consapevolezza va di pari passo con il senso di inadeguatezza maschile.Gli uomini sentono di aver perso gran parte della propria autorevolezza e spesso, si sentono frustrati.Certamente la violenza contro le donne ha una storia secolare, ma questo non vuol dire che sia un fenomeno “naturale” e immutabile nel tempo.Anche gli studi storici legano la violenza alla diseguaglianza tra uomini e donne. Nel corso del tempo però, la violenza maschile è variata nelle forme, così come è mutato il modo di concepirla.Ad esempio, quello che oggi noi identifichiamo come violenza domestica e familiare, fino a meno di un secolo fa era considerato legittimo da tutti, anche dalle donne.In generale era comunque meno brutale di oggi.Le donne vissute tra il Cinquecento e l’Ottocento hanno sperimentato forme diverse di subalternità agli uomini.“Possiamo tranquillamente definire quel mondo come patriarcale, basato cioè su un principio di supremazia maschile, rappresentato nella sfera domestica dal potere del padre di famiglia, consolidato e legittimato dai sistemi della cultura, del diritto e della religione”.Le donne erano escluse dalla sfera politica e giuridica e i loro compiti, limitati solo all’ambito familiare.Accudimento del maschio e della prole.Tutto avveniva in maniera “naturale”.Le donne stesse erano convinte che, quello, dovesse essere il loro unico ruolo.La seconda metà del secolo scorso, rappresenta il primo punto di svolta.Infatti è proprio dall’Ottocento che inizia un discorso nuovo sulla violenza maschile contro le donne. I profili penali della violenza, le formulazioni nei codici e l’applicazione in sede giudiziaria, diventano tema comune intorno alquale si muovono l’opinione pubblica, la stampa, l’associazionismo femminile, il mondo politico.Da una parte cresce la coscienza sociale del fenomeno, dall’altra la consapevolezza che la violenza contro le donne è un fenomeno complesso e che non riguarda solo la violenza sessuale ma che la violenza sessuale non è altro che il risultato finale di tante altre piccole violenze perpetrate ogni giorno nei confronti delle donne.A piccoli passi, arrivano cambiamenti inesorabili.Cambiamenti positivi che porteranno le donne ad acquisire sempre più consapevolezza del proprio io, nella società.Anche in politica si fanno passi avanti notevoli.L’onorevole Nilde Iotti, viene eletta Presidente della Camera dei deputati.È la prima volta che una donna siede sul podio più importante della storia repubblicana. Da allora, i passi sono andati sempre più veloci.Ma quanto è ancora difficile per una donna affermarsi in un mondo a tinte maschiliste? Quanti sono i soprusi che ogni giorno subisce una donna quando assume un ruolo di comando, siano esse in ruoli imprenditoriali che in quelli pubblici?L’uomo, alcuni uomini, non hanno accettato di buon grado questa espropriazione dei diritti acquisita nei secoli, e tutto sta precipitando, lo dimostra la violenza esplosa vertiginosamente.Sono i numeri delle donne morte ammazzate, a dirlo.Nel 2019 sono 13 le donne che hanno perso la vita.Uccise da uomini violenti, quasi sempre, loro compagni.I femminicidi non sono affatto diminuiti rispetto allo scorso anno, aumentano a tal punto che la violenza di genere è diventata ormai, una vera e propria emergenza. E allora che fare?Non abbiamo la bacchetta magica per cambiare lo stato delle cose attuali.Possiamo solo ripartire con più decisione, attingere dalle nostre forze di cui siamo diventate sempre più consapevoli.Continuare ad affrontare con caparbietà un mondo che ancora non vede le donne protagoniste al pari dell’uomo.Lo possiamo fare.Possiamo andare oltre.Osare, assumere un nuovo ruolo.Per quel senso di umanità che ci contraddistingue.Per chi, come noi, la vita è abituata a donarla.Ci vuole ancora tempo, per scrivere pagine di un nuovo libro, ancora troppo grezzo da leggere.Ma possiamo farlo.Con tutta l’energia e l’entusiasmo che noi donne sappiamo mettere in campo.
