IL RITORNO SULLA MIA PANCHINA
Oggi pomeriggio dopo troppi giorni sono tornato alla mia panchina. Sembra non essere cambiato niente qui intorno. L’uomo dei fiori è sempre qui, il portone di casa mia continua a fare rumore quando si chiude, la gente passa guarda non si ferma. La pioggia caduta in mattinata si è asciugata. Mi posso adagiare sulla panchina senza pericolo di bagnarmi. Lo faccio, dunque. Respiro forte. Guardo. Sto combattendo da alcuni mesi una guerra che va combattuta anche se l’esito è certo. Ma ci sono guerre che vanno combattute comunque, perché già solo il combatterle è un po’ una vittoria. Tante guerre si dovrebbero combattere. Oggi in questo paese ancora di più di sempre. Dove ti giri ci sarebbe una guerra da combattere. La mia di oggi è una guerra troppo privata, che mi ha portato lontano dalle guerre pubbliche che avrei voluto volentieri combattere. Ma già il tornare a sedermi qui, il respirare quest’aria amica, cogliere tra i palazzi che ho davanti uno spiraglio di sole è un passo avanti. Anche scrivere queste parole è importante. Di più oggi non so.
