LA RECESSSIONE SI VEDE IN BUSTA PAGA. SOFFRE ANCHE IL NORD-ITALIA
ALcuni giorni fa, il 9 aprile scorso, Repubblica nella sua sezione dedicata all’economia, ha pubblicato un report del Salary Outlook dell’Osservatorio Jobpricing e Spring Professional, il rapporto denuncia come la recessione abbia colpito in qualche modo anche i salari, con buste paga ferme e benefit incapaci di tenere il passo con il fenomeno recessivo. L’allarme interessa anche il produttivo Nord-Italia che è tradizionalmente il traino del Paese. La produttività parrebbe essere al palo da ormai troppo tempo e le buste paga dei lavoratori dipendenti non sembrano godere di condizioni e di automatismi capaci di garantire un adeguamento crescente per contrastare la recessione. Una recessione che ha contraddistinto la seconda metà dello scorso anno, riflettendo appunto sui salari. Il rapporto dell’Osservatorio Jobpricing analizza i dati dei lavoratori dipendenti del settore privato e conferma quanto indicato da altre istituzioni come Istat e Ocse che già il primo aprile, aveva pubblicato un report sul rallentamento della ripresa economica ed aveva denunciato “problemi strutturali”; produttività debole o addirittura da segno negativo da ormai 25 anni. L’Ocse nel suo rapporto aveva espresso parere favorevole su riforme essenziali e sul supporto alla povertà, ma metteva in guardia tuttavia, sul rischio che il Reddito di cittadinanza potesse offrire il fianco all’incremento del lavoro nero. Naturalmente questo ha destato una immediata risposta secca dal vicepremier Di maio che ha detto: “No intromissioni, sappiamo quel che facciamo”. La RAL (retribuzione lorda dei lavoratori), lo scorso anno si era attestata ad una media pari a 29.278 euro. Tale media è la metà di quella registrata nel Lussemburgo (paese con la retribuzione più alta) ed è stata però anche inferiore del 25% di quella francese (uno scalino sopra noi). Naturalmente i dati retributivi assoluti, vanno poi parametrati con il costo della vita del Paese e con l’accesso ai servizi per il cittadino, quindi questi confronti vanno compresi nella loro assolutezza pura, riferita al salario. La flessione del mercato retributivo dello 0,3% indicata da Spring Professional, interessa tutti i settori retributivi per tutti gli inquadramenti ad eccezione dei quadri che, in controdendenza, hanno goduto di un incremento dello 0,2% nelle buste paga, nel confronto con lo stesso periodo del 2018. Un altro elemento che preoccupa è il calo della RGA (Retribuzione globale annua) che regitra per la prima volta in cinque anni una flessione dello 0,6%. Nella RAL sono infatti contenuti oltre alla retribuzione di base, anche gli elementi variabili: bonus, superminimi individuali, benfit, ecc… Grazie a tali elementi, per così dire, aggiuntivi alla paga, gli stipendi avevano beneficiato di un appiglio tale da conservare il segno positivo (pari al 5,6%) della Ral, negli ultimi cinque anni. Una compresione di questi elementi fa ragionare sul fatto che le aziende stiano attuando un giro di vite e che probabilmente la produttività sia in calo. Anche se, a gettare acqua sul fuoco, ci pensa l’Executive Director di Spring Professional, Giuseppe Guerra, il quale spiega che “Si tratta di scostamenti ancora troppo limitati per essere apprezzabili sul lungo periodo. Parallelamente sono intervenuti nuovi pacchetti di benefit collaterali difficilmente valorizzabili che incidono sulla retribuzione. I pacchetti incentivanti legati al singolo caratterizzeranno sempre di più le retribuzioni a tutti i livelli”. I dati in negativo del Jobpricing affiancati a quelli in rialzo dello scorso anno, evidenziano come gran parte degli incrementi siano stati riassorbiti dagli effetti del mercato. Stessa considerazione deve essere fatta per quegli aumenti stabiliti nei contratti che sono quindi risultati meno incisivi per l’aumento del reddito, per effetto dell’aumentare dei contaratti part-time. Infatti, secondo i rilevamenti dell’Istat relativi ai primi 3 trimestri 2018 tali formule contrattuali hanno avuto un incremento del 4,5% in confronto agli stessi 3 trimestri del 2017. Il potere d’acquisto dei salari dei lavoratori è conseguentemente diminuito, per effetto del rincaro dei prezzi (1,1%) e il ceo di Jobpricing, Alessandro Fiorelli, ha osservato come in questo contesto la palma del peggiore risultato abbia riguardato il settentrione che appunto rappresenta il volano del Paese, riducendo la distanza tra Nord e Sud seppure con la restante differenza del costo della vita. Ma per contro si deve anche tenere presente che gli stipendi al Nord-Italia sono più alti del 15% rispetto a quelli del Sud e la regione dove questi registrano il picco è la Lombardia, seguita dal Trentino e l’Emilia Romagna, fanalino di coda la Basilicata. Assolombarda, evidentemente anche per questi dati, nel suo recente vertice ha invitato il Governo ad una revisione della manovra 2019 con l’obiettivo dell’attuazione di un abbattimento del cuneo fiscale. In ultimo, volendo fare un’analisi sui settori su piano nazionale, le buste paga migliori sono quelle relative alle utilities che sono lievitate dello 0,9%. Stessa percentuale ma col segno negativo è quella invece delle buste paga del settore dell’edilizia, che soffre la relativa crisi e di conseguenza taglia i profitti degli operatori. Questa disamina, come hanno osservato operatori economici di diverse parti, non è determinante per sentenziare in bene o in male una tendenza conclamata, proprio a causa delle esigue percentuali e di un periodo ristretto preso in esame. Dal Governo continuano a provenire segnali di ottimismo e parole di rassicurazione, con la promessa che nei prossimi mesi il trend subirà un’inversione di marcia. L’auspicio di tutti è che rapporti che sembrano allarmistici, siano solo dettati da eccessivi scrupoli poichè il fenomeno recesivo, non è circoscritto al solo nostro Paese, ma interessa anche e soprattutto Paesi europei più forti di noi sotto l’aspetto economico.
