LA VIA COMUNITARIA ALLA RICONCILIAZIONE
Nelle lingue di origine bantu dei popoli zulu e xhosa, c’è una parola,Ubuntu, che esprime un concetto dalla forte valenza sociale. Un vocabolo che potremmo tradurre: “io sono perché tu sei”, o altrimenti “una persona diventa umana attraverso altre persone”, o ancora “una persona è una persona a causa di altre persone”. Ecco perché a quelle latitudini dell’Africa australe si dice:umuntu,nigumuntu,nagamuntu, che, nella lingua zulu, significa: “una persona è una persona a causa di altri”, affermando così la centralità della relazione umana dal punto di vista ontologico. In questa prospettiva, l’ubunturappresenta, allora, quel principio che garantisce l’equilibrio tra gli esseri umani, accrescendo la loro forza vitale e respingendo le energie disgreganti. È un punto cruciale per comprendere la lezione del compianto presidente sudafricano Nelson Mandela, premio Nobel per la pace nel 1993, eletto capo dello stato l’anno successivo. Vale la pena ricordarlo, oggi, per una molteplicità di ragioni, tra cui la messa al bando, l’8 aprile del 1960, del suo partito, l’African National Congress, da parte del regime di Pretoria. Una persecuzione poi dilatata nei confronti d’ogni genere di dissidenza, che raggiunse il culmine con la condanna all’ergastolo di Rolihlahla Dalibhunga, per tutti Mandela, detto anche Madiba, come veniva solitamente chiamato dalla gente, con riferimento al suo clan. Venne liberato solo dopo 26 lunghi anni di detenzione nel famigerato penitenziario di Robben Island, al largo di Città del Capo, l’11 febbraio del 1990, a quasi 72 anni. Quel giorno Madiba non solo tornò a essere un uomo libero nei movimenti — perché libero nello spirito non aveva mai cessato di esserlo — ma diede per così dire l’incipit a una dinamica e straordinaria lezione di vita per il suo paese e il mondo intero, dalla duplice valenza politica e giuridica. Si trattò della più importante operazione di ecologia della memoria mai operata per scongiurare un inutile spargimento di sangue. Egli, infatti, era convinto che per quanto fossero legittime le istanze di liberazione della maggioranza afro oppressa dall’apartheid, dall’altra occorreva andare al di là della rivincita storica delle popolazioni autoctone contro il regime segregazionista. Una convinzione, la sua, maturata nei lunghi anni di carcere che mirava a riconciliare il Sud Africa con sé stesso, con il suo passato segnato da indicibili vessazioni, sopraffazioni, profonde e pericolose contraddizioni economiche e sociali. Insieme con l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu — altro storico leader anti-apartheid e premio Nobel per la pace nel 1984 — Mandela forgiò un’espressione simbolica ed estremamente eloquente per il suo paese, quella della “nazione arcobaleno”. E affinché ciò potesse effettivamente avvenire ideò un’inedita operazione di catarsi collettiva che, alla prova dei fatti, si rivelò vincente: la commissione per la verità e la riconciliazione. Guidata dall’arcivescovo Tutu, in tre anni di audizioni, mise a confronto carnefici e vittime di gravi violazioni di diritti umani avvenuti durante i lunghi anni del regime segregazionista. Ai primi venne chiesto di confessare la verità in cambio dell’ottenimento dell’amnistia; ai secondi di perdonare per avviare il processo di guarigione attraverso le confessioni sui fatti accaduti. Tutto ciò in antitesi al tradizionale paradigma della “giustizia dei vincitori” secondo lo stile dei processi di Norimberga e di Tokyo dopo la seconda guerra mondiale, orientati alla sola punizione dei colpevoli. Una chiave di lettura per comprendere non solo la statura di Mandela, ma le motivazioni che lo spinsero a essere così profetico, è racchiusa in una citazione di Marianne Williamson, durante il discorso d’investitura a presidente del nuovo Sud Africa. «La nostra paura più profonda — disse — non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è di essere potenti oltre ogni limite. È la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più». Non un compromesso, dunque, ma una scelta di primato valoriale dell’uomo. Perché «quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso», come disse citando sempre Williamson. Il che è un altro modo per spiegare la parolaUbuntu, cioè il paradigma antropologico che ispirò Mandela nel dare fondamento e concretezza all’operato della commissione.
