NON È STUPRO PERCHÉ BRUTTA? PROCESSO DA RIFARE
DI CLAUDIA SABALa denuncia per stupro erascattata nel marzo del 2015quando una ragazza di Senigallia, aveva denunciato una violenza sessuale da parte di due coetanei.Il 6 luglio 2016 il tribunalecondanna i due a 5 e 3 anni, con l’accusa di aver violentato la giovane in seguito alla somministrazione di alcol e droga.Ma in appello, la situazione siribalta completamente.E’ il 23 novembre 2017quando i due imputati vengonoassolti dalla Corte d’Appello di Ancona.I giudici, tra cui tre donne, decidono in base all’aspetto fisico della ragazza, “troppo brutta per esserestuprata”, così “come la foto del fascicolo processuale appare confermare” e la ricostruzione fornita dalla ragazza viene ritenuta non credibile.A marzo di quest’anno, dopo lereazioni scatenate dallasentenza, il guardasigilliBonafede dispone una ispezione per vederci più chiaro.La Cassazione accoglie il ricorso della Procura e le motivazioni sono state rese note ieri.I giudici di Ancona, si legge, avrebbero assolto gli imputati sulla base di una “incondizionata accettazione” senza aver fatto alcun “serio raffronto critico” con il verdetto di condanna emesso in primo grado.Secondo la Cassazionele dichiarazioni dei due imputati, sul consenso della vittima al rapporto sessuale, sono state prese per buone senza un reale contraddittorio e nonostante la brutalità del rapporto avesse poi costretto la ragazza a sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico.Tutto da rifare dunque, ma questa volta, il processo bis avverrà davanti alla Corte d’Appello di Perugia.L’aspetto fisico di una donna vittima di stupro non può rappresentare un elemento decisivo per valutare la sua credibilità e non può certo essere fattore rilevante.“Ritenere che la mancata attrazione sessuale del presunto stupratore nei confronti della vittima possa rappresentare un elemento a sostegno della mancanza di responsabilità, credo debba essere evitato perché si rischia di appesantire lo stress cui la vittima è già sottoposta”, dichiara il procuratore generale che aveva impugnato la sentenza d’appello, annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione.
