PER UNA PASQUA VEGETARIANA
La Pasqua e gli animali❤️Io sono vegetariana. Chi mi conosce di persona lo sa già, chi non ho ancora incontrato forse è giusto che sia messo al corrente. Inoltre, essendo questi miei post letti da molti, spero, parlandone, di poter essere utile a qualcosa. So che si tratta di un argomento particolare e anche delicato, di questi tempi ormai incapaci di semplice buon senso, moderazione e riflessione. Tempi inclini agli estremismi ideologici più folli, che dividono le persone, creano fazioni e contrapposizioni per ogni cosa, e odi spietati. Essere vegetariani vuol dire essere prima di tutto pacifici. Non vuol dire insegnare agli altri come si vive o colpevolizzare chi non lo è (come invece percepiscono alcuni, erroneamente), ma semplicemente aver preso coscienza in prima persona di un principio etico che diventa proprio nel momento stesso in cui si affaccia alla nostra mente. Come tutte le prese di coscienza, è sconvolgente. Nel senso letterale. Sconvolge, cambia e riforma il senso di tante cose della vita, e forse della vita stessa. Essere vegetariani è uno stato della mente e del cuore. Si sceglie di esserlo quando si arriva ad avere piena comprensione e consapevolezza dell’entità del significato della vita e della compresenza sul nostro pianeta dei nostri compagni di viaggio e di destino detti animali. Animali, ricordo viene da “anima” e ciò dovebbe comunque far riflettere. Ma andiamo per ordine. La mia è una scelta di lunga data. Risale addirittura al lontano 1977, quando di vegetariani non solo quasi non si parlava ma probabilmente a dire la parola non pochi pensavano a qualche setta esoterica dedita a chissà a quali riti. Prima di quell’anno, quando avvenne un certo fatto che mi convinse a fare questa scelta di vita, io ero stata una giovane ragazza onnivora che si nutriva di tutti i tipi di alimenti. Inclusa la carne. Finché un giorno, sulla via di Damasco del mio alimentarmi, avvenne qualcosa che mi illuminò. Quel giorno di ormai più di 40 anni fa, stavo guardando in televisione un servizio giornalistico di un programma chiamato “A, come agricoltura”. Qualcuno di voi di buona memoria lo ricorda e chi non c’era forse l’avrà sentito nominare. Mi ha sempre interessato la natura, l’agricoltura, gli animali, la vita e quindi ogni tanto guardavo questo programma. Quel giorno, tra un servizio su una coltivazione di broccoli e un altro su come si allevano le pecore da lana a un certo punto iniziò un filmato che per me ancora oggi, a ricordarlo, è un incubo. Si trattava di un servizio giornalistico che raccontava, con delle riprese molto dettagliate ed accurate, le varie fasi dell’allevamento intensivo dei polli. Non racconterò né descriverò ciò che vidi perché è un film dell’orrore. Chi si è già interessato ad argomenti del genere lo sa bene, ma temo che ancora oggi molte persone invece non sappiano quasi nulla di quello che avviene dietro i muri degli allevamenti di animali da macello. Invito però tutti a informarsi, se possono. On line si trova ogni notizia. Per non turbarvi mi limiterò a dirvi che queste creature non vedono mai la luce del giorno. Vivono (se si può chiamare vita) sempre al chiuso, in spazi ridottissimi, dove la luce elettrica è accesa 24 su 24 perché crescano più in fretta e arrivino forzatamente al peso che possa far guadagnare di più. Vengono nutrite, anzi gonfiate, con mangimi infarciti di elementi innaturali, compresi antibiotici e ormoni, sempre allo scopo di “pomparne” la crescita. Sono ammassati all’interno di gabbie in quantità tale che non consente movimenti, perché anche l’immobilità è un fattore di crescita forzata e rapida. Arrivati al momento del sacrificio, di questi animali non si ha non solo nessuna pietà, ma nemmeno il rispetto che si dovrebbe per ciò che ci nutre al prezzo della propria vita. Sono spintonati, feriti, ammassati, strattonati, picchiati e infine, e sembra a quel punto quasi una grazia, uccisi. Ora, fermo restando che è ormai chiaramente conclamato dalla ricerca scientifica che la carne non fa bene alla salute, soprattutto quella malsana e intossicata di queste povere creature vessate e torturate per l’intero arco delle loro vite; che gli allevamenti intensivi inquinano peggio dei gas di scarico delle automobili; che il polmone verde della Terra, cioè l’Amazzonia è deforestizzata di migliaia di ettari all’anno per fare spazio ad allevamenti sempre più massificati e massicci; che è molto più sano mangiare proteine vegetali e frutti della natura; è anche bene ricordare, se si vuole comunque mangiare carne, ricordare che l’animale che ci nutre ha dato la sua vita per noi. E quindi almeno la loro vita, finché dura, dovrebbe essere rispettata. Che sia vissuta in natura e non in lager. Per gli antichi, alcune divinità avevano la forma di animali, perché gli antichi onoravano e rendevano grazie così agli esseri che li sfamavano col loro sacrificio e li affascinavano col mistero delle loro esistenze incuranti delle malvagità e delle perversioni di cui gli umani sanno essere capaci. Gli animali sono puri, candidi. Oggi, forse, nell’attesa di capire che gli animali sono compagni di vita, e i compagni non si mangiano, basterebbe riflettere e essere loro grati, magari insegnare ai piccoli il rispetto, e ricordarsi del dolore che proviamo noi, quando siamo percossi e feriti, per capire quanto sia importante risparmiare loro se non la vita, almeno tali inutili sofferenze. Noi siamo più forti di queste creature, e proprio per questo dobbiamo essere generosi. Chi sa essere buono con gli animali, sa essere buono con tutti. Per questo tutti possiamo e dobbiamo provare a esserlo. Perchè noi per primi, noi esseri umani, siamo animali.“Il vegetarianismo non è soltanto una lotta contro la barbarie ma il primo gradino di un progresso spirituale.” Leone Tolstoi
