TRIA SE NE VA. ANZI NO

Un giorno sì e l’altro pure i media danno Tria come ministro dimissionario.Per volontà propria o per esplicita richiesta dei due vicepremier. Quelle voci insistenti ai tempi della manovra (che vedevano il ministro dell’Economia recalcitrante a varare alcuni provvedimenti non sostenibili con il pareggio di bilancio) sono tornate a incalzare il dibattito politico.Il motivo del contendere sono i rimborsi ai truffati delle banche.Decreto da approvare senza se e senza ma senza ulteriori rinvii per Salvini e Di Maio, da firmare solo quando sciolti tutti i problemi ad esso collegati per Tria. Il pressing sul ministro è senza soluzione di continuità, così pure quelle minacce, non proprio velate, di un cambio di guardia a via XX Settembre. “Nessuna minaccia per chi fa il proprio dovere” tuona Salvini, “Le dimissioni di Tria? Sono miti e leggende”, gli fa eco l’alleato pentastellato.Tra i due, Conte che media come può per venirne a capo. Rimborsare i truffati delle banche è un punto d’onore per i due vicepremier,una promessa elettorale alla quale non vogliono venire meno. Ok, sostiene Tria a patto che sia un’autorità competente, Anac o Consob, a stabilire chi abbia diritto al rimborso e di quanto. E se questo vale per i risparmiatori cosiddetti truffati poiché indotti ad investire su questo o quel prodotto, tanto più la prudenza è d’obbligo per chi ha acquistato‘liberamente’titoli e azioni quotati in borsa, anche loro entrati nel calderone degli ipotetici salvaguardati. Dopo tanti tira e molla (forse) ci siamo.Nel Consiglio dei Ministri odierno, convocato alle ore 16, sul tavolo all’OdG anche il tema dei rimborsi ai truffati dalle banche.Da Conte al momento solo un auspicio:“Immagino e confido che approveremo il decreto crescita questo pomeriggio”.Se son rose fioriranno, dunque. “Tria? Lasciamolo lavorare”, aggiungono i due.Ministro avvisato, ministro salvato: il tempo dei rinvii è terminato