SI POTEVA TITOLARE: UN MORTO NEL ROGO DI UNA BARACCA. SI E’ PREFERITO PUNTARE SULLA CLANDESTINITA’

SI POTEVA TITOLARE: UN MORTO NEL ROGO DI UNA BARACCA. SI E’ PREFERITO PUNTARE SULLA CLANDESTINITA’

Il potere delle parole, i mondi che costruiscono, le immagini che evocano. Foggia, un morto nel rogo di una baracca, è un ragazzo di ventisei anni. Foggia, rogo nella baraccopoli, la vittima è un giovane cittadino africano. Tragedia a Foggia, muore un ragazzo di ventisei anni. Spaventoso incendio nel foggiano, un morto. Foggia, identificato il corpo carbonizzato: è di un uomo di ventisei anni proveniente dal Gambia. Foggia, ex ospite di un Cara muore nell’incendio della sua baracca. Foggia, il fuoco divora la giovane vita di Samara Saho, commerciante di ventisei anni. Si sceglie, invece, di evocare la «clandestinità», il «ghetto», lo schifo, i ratti, non è morta una persona, non è uno di noi, non aveva paura, sogni, speranze, freddo, tristezza, lacrime, depressione, felicità, no, non era uno di noi, non lo piangono i genitori, il fratello, la cugina, no, era «clandestino» – così non ci turbiamo, anzi possiamo tifare morte, possiamo sperare affondino e rimanere brave persone, persone perbene. [Nella foto, il titolo di un servizio di SkyTg24]