ATTACCO A PETROLIERE NEL GOLFO DI OMAN: ARRIVA LA NUOVA “PISTOLA FUMANTE” DEGLI USA

ATTACCO A PETROLIERE NEL GOLFO DI OMAN: ARRIVA LA NUOVA “PISTOLA FUMANTE” DEGLI USA

L’aspettavamo con ansia perché era annunciata: è arrivata la nuova “pistola fumante” degli americani, un video secondo il quale leGuardie della Rivoluzione iranianerimuoverebbero unaminasulla fiancata di unapetrolieracolpita nel Golfo. E’ giusto ricordare cos’era la pistola fumante. Furono le famose prove portate nel 2003 all’Onu dall’allora segretario di StatoColin Powellsul possesso di armi distruzione di massa in mano aSaddam Husseinche poi giustificarono l’invasione dell’Iraq. Come tutti sanno in Iraq queste armi non soltanto non furono mai trovate ma si scoprì chela documentazione portata da Washington era stata inventata di sana pianta. Oggi è un latro segretario di Stato,Mike Pompeo, a sostenere che la colpa delle esplosioni del Golfo è dell’Iran: il copione è sempre quello anche se cambia il bersaglio. Il giorno del discorso di Powell alleNazioni Unitemi trovavo a Baghdad nell’ufficio diTarek Aziz, il braccio destro di Saddam Hussein, un cristiano che era stato ricevuto anche dalPapa. Il televisore era acceso mentre Powell faceva il suo discorso ma Tarek non alzo neppure lo guardo verso lo schermo e continuò a leggere e firmare le carte accumulate sula scrivania. “Ma come non guarda le dichiarazioni del segretario americano?”, gli chiesi meravigliato. “E’ inutile, una perdita di tempo: ci farebbero la guerra anche se consegnassimo agliUsapure l’ultimo dei nostri kalashnikov”. Ed avvenne proprio così un mese dopo quando gli americani attaccarono l’Iraq, abbatterono ilregime baathistadando il via al più lungo periodo di destabilizzazione nella storia delMedio Orientee nell’era contemporanea, cui guai stiamo pagando ancora oggi, noi e ancora di più le popolazioni della regione. GliStati Unitibrillano per insipienza: fecero fuoriSaddamsenza avere una soluzione politica di ricambio, generando anni instabilità, massacri e terrorismo. Più o meno lo stesso che è accaduto inLibiadopoGheddafi. E non hanno smesso, continuano.Trumpha appoggiato il generaleHaftarcontro il governoSarrajdi Tripoli ma adesso la situazione appare bloccata perché non sanno cosa fare. Gliamericanisono specialisti delle “bufale”. E per ogni bugia c’è sempre una prima volta in cui far cascare l’opinione pubblica fino a quando, ripetendola allo sfinimento, non diventi una verità o una post-verità. GliStati Unitiinviando truppe e portaerei nelloStretto di Hormuz,dove passa il 40% del traffico mondiale di petrolio ci stanno facendo credere che l’Iran minaccia non solo i traffici del greggio ma anche la sicurezza mondiale, così vogliono anche le monarchie delGolfoeIsraele. Due petroliere, dirette inGiappone, sono state “attaccate” nel golfo diOmanproprio mentre aTeheranera in visita il premier nipponicoShinzo Abe,storico cliente degli iraniani e impegnato in un’opera di mediazione. Una circostanza che solleva più di un dubbio che siano stati davvero gli iraniani: le mine, tra l’altro si rimuovono con il dragamine, non con le mani e un barchino di plastica. Usciti dall’accordo sul nucleare del 2015, gli Usa hanno imposto nuovesanzioniall’Iran ebloccato l’export di petrolio: in poche parole stanno soffocando la repubblica islamica e impediscono agli altri di fare affari conTeheran.RussiaeCinasi oppongono mentre gli europei timidamente vorrebbero aggirare le sanzioni. L’obiettivo degli Usa è costruire l’immagine di unIran“minaccia per la pace” e dei traffici internazionali ma anche di fare paura agli europei aumentando una tensione nelloStrettoche può innescare un’impennata delle quotazioni petrolifere. Con le “pistole fumanti” c’è sempre qualcuno che ci guadagna e non importa se ci sarà un’altraguerra del Golfo: ne avete già viste tante.