TOTTI E IL LINGUAGGIO SOVRANISTA
Ho assistito alla conferenza stampa dell’addio alla Roma di Totti, e anche se l’ex pupone è totalmente impolitico, ha dato una rappresentazione che contiene molti capisaldi della narrazione populista e sovranista. Intanto la lingua: sgrammaticata, piena di anacoluti, non un vero italiano ma un romanesco tradotto a fatica in italiano, con un eloquio trattenuto come per il timore di emettere qualche sfondone. Il linguaggio invece cessava di essere un supplizio solo quando Totti poteva usare frase fatte e immagini facili, quelle da bar, “loro volevano sta’ avanti a tutti e io je davo fastidio”. Dunque lingua e linguaggio popolari, anzi popolareschi. Poi i paradigmi narrativi: quello sovranista, con Totti che sottolinea che il suo nemico Baldini sta sempre a Londra mentre “stare a Roma è diverso”, dice, e allo stesso modo il presidente Pallotta che non sta a Roma, è americano e “tante cose non le sa”. E questo perchè, ecco un tipico paradigma populista, Trigoria è un covo di vipere, dove tutti parlano male di tutti e dimenticano il bene supremo, cioè la Roma. Dunque Trigoria come il regno della Casta che inganna il popolo dei tifosi, dove ci sono dirigenti che ridono quando la Roma perde. Perché la Roma, ecco un elemento tipicamente populista e identitario, è una fede, e la fede non si discute, ripete di continuo Totti, con un’altra pregnante contrapposizione, quella tra il pathos emotivo del tifoso e dunque del popolo contro “l’intelletto” della casta, lontana dal campo, dallo spogliatoio, dal sudore e dalla curva sud e portatrice di interessi economici di cui diffidare. E lui, Totti, si propone come il rappresentante carismatico del popolo, non delle élite, quelle che lo hanno fatto fuori con intrighi e veleni. Proprio come un leader populista. Il punto di fondo è che nel caso di Totti è tutto involontario essendo lui completamente estraneo ad ogni considerazione politico-ideologica. Questo vuol dire forse che la narrazione populista e sovranista, non solo è naturaliter dominante in questa fase, ma che è davvero solo una tecnica rappresentativa, un racconto facile che arriva alla politica da altri ambiti e linguaggi, da quello sportivo a quello cinematografico, che ormai hanno contaminato irrimediabilmente quello politico.
