PERCHÈ ALLA GERMANIA SERVE UN “NUOVO DRAGHI” ALLA BCE

PERCHÈ ALLA GERMANIA SERVE UN “NUOVO DRAGHI” ALLA BCE

Mario Draghi presiederà la Banca Centrale Europea (BCE) sino al 31 ottobre di quest’anno. Il Consiglio europeo dovrà identificarne il successore. Chi potrà sostituire Draghi alla guida dell’istituto di Francoforte, o meglio, quali attitudini deve possedere chi ne raccoglierà la pesantissimaeredità? Per rispondere a questa domanda occorre comprendere l’obiettivoche ilprossimo presidente della BCEdovrà perseguire. Questo obiettivo dipenderà strettamente dagliinteressi del paese che domina il sistema dell’euroe che da esso trae i maggiori benefici: laGermania. Ancorchécreato a immagine e somiglianza dell’ex marco tedesco, l’euro conferisce alla Germania unindiscusso vantaggio competitivodi cui il paese non potrebbe godere se utilizzasse ancora la sua valuta nazionale. Il vantaggio deriva dalla circostanza che, con il passaggio alla moneta unica, i meccanismi di riequilibrio interno ed esterno delle economie, prima incentrati sugli aggiustamenti del tasso di cambio fra le valute nazionali, non furono mai sostituiti da efficaci vincoli che imponessero ai paesi insurplusdi correggere altrimenti i propri saldi esteri tendenziali. Tabella 1. PIL Pro Capite: Confronto Internazionale (stimato secondo la parità dei poteri d’acquisto) (valori in dollari a prezzi correnti)Fonte:World Bank Indicators Pertanto, a parità dei pregevoli meriti e degli sforzi compiuti dal popolo tedesco durante gli anni di appartenenza della Germania all’area dell’euro (eccellente capacità produttiva esacrificio dei salari a favore dei profittia partire dal 2000), la loro economia ha conseguito risultati che non avrebbe potuto ottenere senza una moneta unica concepita nella forma asimmetrica anzidetta(Tab. 1). Con ciò, e con quanto segue, non s’intende alimentare un vittimismo che scarichi su altri le responsabilità di un paese – il nostro – che non avevaab iniziole condizioni sufficienti per entrare nel sistema della moneta unica, non ha compiuto nel tempo riforme intese a renderne l’economia con esso compatibile, e nemmeno è poi stato in grado di costruire alleanze con altri paesi volte a modificare la politica economica dell’eurozona. Si vuole nondimeno sottolineare l’aspetto importante di unmeccanismo monetario che ha funzionato a senso unico e a beneficio del paese economicamente più forte e a cultura fortemente mercantilista. Fig. 1. Prodotto Interno Lordo dell’area dell’euro e dei principali paesi dell’area (1)(dati trimestrali; indici: 2005=100)A prezzi concatenati. E il sistema non ha smesso di funzionare in tal senso neanche sotto i colpi della gravissimacrisidel debito sovranoche si abbatté sull’Europa dell’euro a partire dal tardo 2009, e che di lì in poi s’intensificò sino a minarne la stessa esistenza. Anzi, è successivamente alla crisi che il sistema ha generato per la Germania i maggiori guadagni(Fig. 1), derivanti anche dalgigantesco afflusso di capitaliche ha fatto crollare il rendimento deibundtedeschi di ben 4 punti percentuali, mentre il tasso sui BTP italiani si sarebbe ridotto sensibilmente solo in seguito alle misure di espansione monetaria attuate da Draghi a partire dal 2012, dopo che il nostrospreadebbe raggiunto il picco di 540 punti durante il governo Monti(Fig. 2). Fig. 2. Andamento dello spread Italia – Germania Gli interventi di Draghi funzionarono perché il presidente della BCE manifestò autorevole indipendenza, alta capacità tecnica e indiscutibile credibilità personale, che tali vennero percepiti da chi sui mercati trattava il debito dei paesi più pesantemente investiti dalla crisi e ne decretava il valore e la sostenibilità. Molla la corda, Hans, ma non troppo…!Se lemisure di aggiustamento imposte dall’Europa tedesca alla Greciapoterono essere inverosimilmentedraconiane, in modo da costituire per tutti un esempio di disciplina eintransigenzafinanziaria, senza che ciò incidesse sulle sorti dell’euro grazie al peso trascurabile del paese rispetto al resto dell’eurozona, ben diverso era il caso di un’economia grande e fortemente indebitata come l’Italia, già in ginocchio dal 2011 a causa di unapolitica di austerità senza precedentie il cuidefaultavrebbe sì causato ladissoluzione dell’euro. Approfittando dell’effetto di stabilizzazione dell’acquisto di dosi massicce di debito pubblico da parte della BCE, l’Europa tedesca poté imporre all’Italia unregime dipolicyche da un lato le dettavarigore, ma dall’altro le concedevamargini di flessibilità(ancorchévenduta a caro prezzo) per evitarne un avvitamento deflazionistico che ne causasse l’inadempienza sul debito. Insomma, la Germania scoprì che il sostegno della BCE le consentiva di“tenere sulla corda“paesi in difficoltàcome il nostro, allungando o accorciando la corda a seconda del grado di vulnerabilità che il paese poneva per il sistema nel suo complesso. Si osservi che il meccanismo della “corda regolabile” (si pensi alguinzaglio elasticoper cani…) è perfettamente funzionale aun contesto di paesiche, seppure abbiano deciso di appartenere a ununico sistema monetario, di fatto si percepisconopiù comeconcorrentiche comepartner. I paesi tenuti alla corda si logorano in uno stato didebolezza cronica, con interi pezzi dell’economia nazionale che diventano sempre più appetibili per investitori esteri interessati ad acquistarli a prezzi disvendita. D’altra parte, il paese che tiene alla corda gli altri assicura a sé stesso che la sua posizione di vantaggio rimanga consistente e persistente e quindi considera fondamentale che il sistema continui a funzionare inalterato, facendo sì che la corda sia tanto corta da assicurare il vantaggio acquisito, ma anche lunga abbastanza per prevenirne il cedimento e il conseguente rischio sistemico. Forse,la lezione più importante che il mondo può apprendere dal primo ventennio di Unione monetaria europea, e in particolare dalle modalità con cui l’Unione ha gestito la sua prima vera grande crisi, è che la moneta unica, in origine voluta per agevolare e cementare un’unione fra paesi solidali, si è invece rivelataportatrice di divisioni, lacerazioni edegoismi(inter– eintra-)nazionali, nonché veicolo di egemonia e subordinazione fra paesi che solidali si sono scoperti non essere affatto, e generatrice di un clima economico-sociale che, come tempo fa ha bene argomentatoSergio Fabbrini, minaccia di diventare crisi della democrazia. Dove ci porta la“corda”?Il meccanismo della corda regolabile ha delle importanti implicazioni. La prima, che riguarda paesi come l’Italia, è che, al di là dell’immancabile retorica del rigore finanziario e di un regime di policy effettivamente orientato a un accentuato rigore cui essi continueranno a essere sottoposti dall’Europa tedesca, una certa flessibilità di bilancio non sarà mai loro negata (pur se ad alti costi negoziali) rispetto alle misure sulla carta previste dalFiscal Compact. Chi beneficia dell’eurosistema ha capito che non può metterne a rischio l’esistenza causando il cedimento e il possibile default di un grande debitore:un grande debitore va mantenuto a gallae gli deve essere somministrata qualche boccata d’ossigeno affinché non anneghi (mentre uno piccolo può essere lasciato annegare, giacché non costituisce un problema per nessuno…). La seconda implicazione, tuttavia, è che ai paesi tenuti sulla cordanon debba essere concesso spazio per possibili recuperi di autonomia dipolicy, per esempio attraverso l’attuazione dipolitiche fiscali anticonvenzionalicome la svalutazione fiscale oppure l’introduzione dellaMoneta Fiscale[1]o altremonete paralleleall’euro: ogni tentativo autonomo di rilancio economico che dovesse riuscire allenterebbe la corda e farebbe perdere il controllo a chi la regge, rischiando oltretutto dirimettere in gioco un concorrente. Dunque,dal meccanismo della corda regolabile non si deve uscire. Ma se è comprensibile che questo lo pensi colui che regge la corda, fa invece grande specie osservare che leresistenzepersino a discutere di politiche anticonvenzionali promanino prima di tuttodagli stessi paesi tenuti alla corda. È come se ormai al loro interno, e a tutti i livelli delle loro società, si sia diffuso il convincimento che non si possa fare altro che continuare a bere la medicina amara. Eppure, fu proprio la Germania degli anni trenta del secolo scorso, oppressa dai paesi creditori sotto la scure delTrattato di Versaillese impoverita dalla Grande Depressione, a dare esempio di come si possa recuperare sovranità e uscire dalla profonda crisi con una manovra di moneta fiscaleante litterammessa in atto dal presidente della Banca Centrale e ministro dell’EconomiaHjalmar Schacht.Purtroppo, quest’esempio l’ha rimosso la stessa Germania…Infine, la terza implicazione è che per tenere sulla corda i paesi in difficoltà, dando giogo quando serve, richiede che i mercati mantengano sempre un grado di tranquillità e mai dubitino che i paesi debitori siano in condizione di onorare i propri impegni di debito; se si convincessero del contrario, potrebbero di colpo determinare condizioni che renderebbero insostenibili quegli impegni, trasformando in nefasta realtà le proprie stesse profezie. Matranquillizzare i mercatirichiede che laBCEnon cessi la sua azione stabilizzatrice e mantenga l’impegno all’acquisto regolare di quote del debito pubblico dei paesi in difficoltà. ConclusioniPer la guida della BCE alla Germania farebbe comodo un personaggio che si muovesse in continuità con la politica di Mario Draghi: perché l’euro continui a servirla sarà necessario che la banca centrale agisca da prestatore di ultima istanza. Tuttavia, la determinazione con cui laGermaniasta riducendo il peso del proprio debito sul reddito, la suaresistenza a promuovere un grande piano di investimenti pubblici a livello continentalee aridurre l’enormesurpluscommerciale, e la suaostilità verso misure anticonvenzionaliper rilanciare le economie dei paesi in difficoltà senza ricorrere a trasferimenti su scala europea, renderanno l’azione della politica monetaria sempre più impervia e inefficace. Seppur regolabile, la corda potrebbe sempre spezzarsi allorché i popoli cessassero di accettare supinamente di essere legati a uncappio. [1]L’espressione “moneta fiscale ” è stata coniata dai curatori dell’ebookdi MicroMegaPer una moneta fiscale gratuita: uscire dall’austerità senza spaccare l’euro(15 giugno 2015), già autori del manifesto dal medesimo titolo pubblicato nel novembre 2014 sul sito Moneta Fiscale da essi creato. In punto di teoria e prassi, inoltre, il concetto di moneta fiscale è stato definito nel contributo di Biagio Bossone e Marco Cattaneo nel lavoro “New ways of crisis settlement: Fiscal Money as a tool to fight economic stagnation”, presentato al convegnoA single model of Governance or tailored responses? Historical, economic and legal aspects of European Governance in the Crisis, FernUniversität, Hagen, 24-25 novembre 2016, e riportato insieme agli atti del covegno sul volume dal medesimo titolo curato da P. Schiffauer e pubblicato da Veröffentlichungen des Dimitris-Tsatsos-Instituts für Europäische Verfassungswissenschaften, Band 19, Berliner Wissenschafts-Verlag, pp. 111-133, giugno 2018.