RACCONTI DI VIAGGIO. TUTTO È DIVERSO, TUTTO PARLA ANCHE ESTETICAMENTE UN’ALTRA LINGUA
Ecco, ora dobbiamo capire tutto. Tutto è diverso, tutto parla anche esteticamente un’altra lingua. Ed è come trovarsi con i sensi affievoliti, occhi che vedono ma non distinguono, orecchie che sentono ma non capiscono, sole che sorge ma non indica ancora l’inizio del giorno, o forse sì? Sono le 5,39 e il sole già illumina la stanza dell’hotel Amran da un pezzo. La luce entra forte dal lucernaio sul tetto. Eppure ci hanno detto che la colazione sarà servita alle 8. Mah. Anche vero che ieri sera, tardi, alle 22 diversi piccoli negozi senza insegna, da identificare da piccoli bagliori ai piedi di una cortina di palazzi di mattoni nudi, erano aperti. Abbiamo trovato anche un Hong Kong caffè, ma non accettavano carte di credito e ancora dobbiamo capire dove cambiare un soldo. Insomma siamo andati a letto senza cena. Per fortuna che in Georgia, poco prima di Kazbegi, avevamo mangiato cose squisite da un arrosticinaro lungo la strada: melanzane ripiene, aglio, erbe e cetrioli sotto aceto, formaggio, uno spiedino di agnello buono da paura. Ma da lì in poi è stata una giornata impegnativa.Cominciamo col dire che già lasciando Tbilisi qualcosa era andato storto, perché quelli dell’hotel si erano messi a lavare i panni che gli avevamo dato il giorno prima. Risultato: ce li siamo portati via bagnati. La moto sembrava una lavanderia ambulante, con i panni legati sul bagaglio per asciugarli in corsa. Unica consolazione: avevo ragione io a lavarmeli da solo nel lavandino e stenderli in camera. (Continua)
