ASTRAKAN, TRAMONTO SUL VOLGA

ASTRAKAN, TRAMONTO SUL VOLGA

Tappa dura, addolcita dal tramonto sul Volga, stasera ad Astrakan. Ma prima… Non so se riuscirò a raccontare tutto prima che il sonno mi travolga. Non so neppure se avrò voglia di aggregarmi ad altri quattro motociclisti “desperati” incontrati qui in città, Fred con.una Harley dalla Francia, due cambogiani da Pnom Phen con due Africa Twin e un altro non ho capitodi dove con un Bmw F800. Stamane abbiamo lasciato alle 9 l’hotel Kiev di Kashayurt e le sue graziose cameriere factotum, restie a farsi fotografare come tutte le donne di questo lembo islamico di Russia. Salvo una che alla fine ha accettato. Una ventenne russa che più russa non si può, come potete vedere. Poi, partiti, abbiamo lasciato la strada principale per puntare a Kizlyar e avvantaggiarci di un bel tratto verso Khokubey. Il cambio di rotta ha funzionato, anche se su una strada secondaria bisognava stare molto attenti a asfalto deformato, buche e mucche. Caldo boia. Con il Caspio vicino una umidità infernale. A Khokubey ci siamo fermati a prendere un tè in una baracca di strada. Queste baracche all’interno sono arredate con tre o quattro sgabuzzini tendati, o se preferite separé, dove le donne vanno a mangiare senza il velo e senza essere viste. Altrimenti me lo dite voi come possono portare un boccone alla bocca? Ecco, ci siamo presi due bei tè e alla fine ci hanno detto “welcome”, niente soldi. Ed è l’ennesima volta che in posti di assoluta povertà io trovo gente che ti offre il cibo. Vi è mai successo in Italia? Eugenia si è commossa. Il giorno prima al bazar una gelataia ci aveva offerto due coppette niente male. Offerto, ripeto, e servito al tavolo. Bah, andiamo avanti. In un’altra baracca verso le 13,30 abbiamo mangiato qualcosa. Una donna preparava ravioli ripieni di carne speziata, tipo ravioli cinesi. Intanto in tv Putin rispondeva alle domande dei cittadini in una trasmissione condotta da una russa bionda e bella. Ottimi i ravioli e buona anche la zuppa di pecora e patate. Ma il peggio era in agguato. Poco dopo un controllo di polizia che assomigliava a un controllo di frontiera, addolcito dalla presenza di una poliziotta russa bella, alta, simpatica, con la coda di cavallo rame che le scappava da sotto il berretto mimetico bianco-nero-grigio, abbiamo trovato la statale interrotta per lavori. Siamo stati deviati su ventidue chilometri di inferno sassi caldo e sabbia, polvere da soffocare, motore rovente, caduta in uno sprofondamento sabbioso, nulla intorno, non un albero, non un metro di ombra, non una casa. Incubo. Ho benedetto stavolta di avere gli Haidenau montati sulle ruote. Con le gomme lisce non me la sarei cavata. Comunque ero pesante. Allora per gli ultimi tre km Eugenia si è fatta dare un passaggio da un camion e io ho portato a termine l’impresa. Mando foto degli stivali per far capire… Poi una volata di ultimi 150 chilometri fino ad Astrakan, la bellezza dei canneti del delta del Volga, certi paesini di casette basse, la città in lontananza, i tetti, le cupole, un Cremlino da vedere, bellezza. Siamo arrivati morti all’Hotel Schuka, una palazzina stile liberty russo vicina al fiume. Alla reception una algida ragazza russa bionda che quando si alza in piedi la misuri a metraggio. Mi sono lavato ma c’è tanta roba da lavare. Domani. Intanto sono andato a scattare foto al tramonto. Bella Astrakan. Ho deciso di passarci anche domani. Poi il balzo in Kazakhistan. Ah, dimenticavo: un motoclista azero, Inullah, incontrato al posto di blocco mi ha detto che il Kazakhistan ha buone strade mentre in Uzbekistan sono tutti corrotti. Ma il caldo sarà la scure sul collo.Tecnico. Domani controllo filtro aria K&N e livelli. Come navigatore la app Osmand non mi ha mollato mai un attimo, affidabile e precisa. E quando gli dici di portarti in una città ti guida fino in Centro, al.Municipio. Fantastica. E Bice? Oggi l’ho carezzata spesso, sul serbatoio, sugli specchietti. Grande moto.