SANITÀ. TRA TAGLI E CARENZA DI MEDICI, UNA VIA SENZA RITORNO
Per anni, forse decenni, ci hanno fatto credere che avevamo più medici che pazienti.O giù di lì. Al pari della favoletta che ci sono più docenti che studenti, che ogni tanto si sente in giro quando si vuole screditare la categoria. Numeri dati in ordine sparso solo ad uso e consumo della politica. Per inseguire chissà quali interessi. Per anni, forse decenni si accede alla facoltà di medicina solo ed esclusivamente a numero chiuso. Dopo aver superato un severo test per pochi eletti. Per anni, anzi decenni, scuola e sanità sono state prese d’assalto dal ‘mister forbici’ di turnoche ha tagliato senza troppi riguardi risorse e investimenti spingendo sempre più l’utenza a rivolgersi al privato. Per poi piangere sul latte versato quando le due istituzioni hanno cominciato a fare acqua da tutte le parti. Non che queste siano immuni da errori o vizi capitali, ma questa è un’altra storia. Quella che andiamo a raccontare oggi potrebbe avere l’incipit del ‘c’era una volta’, comune a molte favole.Perchéla carenza di medici(sia di base che specialisti)sta diventando nel nostro Belpaese una vera e propria emergenza.Vuoi per il sistema di reclutamento (facoltà a numero chiuso/concorsi), vuoi per il sistema pensionistico attuale che, non solo trattiene in servizio fuori tempo massimo il personale medico, ma al contempo, una volta messo in quiescenza non viene sostituito da linfa giovane in ugual misura.Anche l’ultima sfornata di Quota 100 non ha garantito l’altrettanta infornata in ospedali e ambulatori. Tanto che nel prossimo 2025 ci saranno ben 16500 specialisti in meno. A risentirne soprattutto la cosiddetta ‘medicina d’urgenza’, quella dei pronto soccorso è una vera e propria emergenza che si riscontra da nord a sud, isole comprese fin da ora. Ma a registrare una tendenza col segno meno sono anche la medicina interna, la pediatria, la cardiologia, l’anestesia/rianimazione e la chirurgia generale. Più che camici bianchi abbiamo medici dai capelli bianchi e quel che è peggio, in alcune regioni, neanche quelli.Come in Veneto e Molise dove l’emergenza si è fatta sentire in tutta la sua crudezza, al punto che si è reso necessario richiamare in servizio medici già in pensione o ricorrere a medici stranieri. O come in Toscana che per far fronte alle esigenze dei pronto soccorso si stanno reclutando, con contratti a tempo determinato, giovani medici non ancora specializzati né formati in medicina generale. Questa è però solo la punta dell’iceberg. Perchédiverse sono le regioni che annaspano e presto saranno tutte in apnea. Come uscirne? Servono politiche adeguate e lungimiranti. Qualcosa di nuovo è stato introdotto nel cosiddetto‘Decreto Calabria’col quale è stato eliminato il blocco del tetto di spesa, spesa che può essere implementato di un 5% annuale per dare maggior respiro ad una categoria in forte affanno. Ma non basta.Occorre mettere mano al sistema di reclutamento e a quello concorsuale. Perché quello attuale si è rivelato inadeguato e asfittico. Così come occorrerà rimettere mano al benedetto turnover:entro cinque anni andranno in pensione circa 45mila medici. Uscite che non saranno bilanciate da nuove assunzioni, secondo le regole attuali. A lanciare l’Sos sono la Federazione medici di medicina generale (Fimmg) ed il sindacato dei medici dirigenti Anaao. Ma quel che è peggio, stigmatizzano, è che ‘nessuna forza che aspira a governare si impegna su questo tema’. E’ sconcertante che in tutto questo bailammesi stia invece preparandoun’ ulteriore drammatica sforbiciata di due miliardi al SnN(Sistema sanitario Nazionale).‘Un colpo mortale alla sanità e al diritto alla sanità’denuncia Alessio D’Amato, assessore alla Sanità della Regione Lazio, a margine della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni.‘Il governo chiarisca’ribadisce D’amato. Altrimenti si imbocca definitivamente una via senza ritorno.
