ARAL HA PRESO UN FRAMMENTO DEL MIO CUORE

ARAL HA PRESO UN FRAMMENTO DEL MIO CUORE

Stanco morto, pago gli schiaffi dei troppi camion incontrati sulla strada da Aralsk a qui, Qyzylorda. Ogni camion una botta di aria puzzolente, uno squasso alla moto, un tentativo di accucciarsi dietro al parabrezza. Con il vento latero-frontale che faceva di tutto per buttarti fuori, nel deserto di quel che fu un tempo un mare, Aral. A un certo punto dietro di me vedo alzarsi un fungo di fumo nero, altissimo. Un disastro. Dove ero pochi secondi prima due autotreni si sono scontrati, così come il giorno prima era avvenuto fra un’auto e un tir, frontale. D’altra parte tutto il traffico su quella che era una dorsale cammellata della Via della Seta oggi si svolge su gomma, su un tracciato spesso cariato da sfaldamenti e buche e non più largo della litoranea Ostia- Torvajanica. 450 km così sono una faticaccia. A volte per vincere il vento dovevo mettere la quarta.Tutto attorno nulla e cammelli, a volte cavalli, mandrie libere, su una distesa di terra che ha dimensioni a noi sconosciute. Mi diceva un giovane tecnico del gas stamane ad Aralsk che la popolazione del Kazakhistan è di soli 18 milioni.Sono stanco, devo dormire, non riesco a scrivere. So solo, e lo voglio dire ora, che Aral ha preso un frammento del mio cuore, per il suo nulla di oggi e per la tenacia del ricordo, della malinconia. Prima di andare via, stamane, sono andato di nuovo nel suo cuore e qui ho fotografato un negozio che ancora espone ciambelle colorate, palle, racchettoni. Chissà, forse domani il mare sparito tornerà. Ma certo, sì, sì, tornerà