35 ANNI FA, ALDO MORO.

16 marzo 1978. La Fiat 130 che stava accompagnando il parlamentare democristiano Aldo Moro è oggetto di un’ agguato in Via Fani, a Roma. La scorta, cinque uomini delle forze dell’ ordine, vengono barbaramente trucidate, il politico rapito. Rivendicazione del fatto da parte delle Brigate Rosse, sedicente gruppo terroristico di ispirazione comunista. Dopo 55 giorni, il 9 maggio, il corpo senza vita del politico viene ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 in Via Caetani, sempre a Roma. Viene ricostruita la prigionia di Aldo Moro: tenuto segregato in un appartamento in Via Montalcini, appartamento che fu perquisito successivamente dalle forze dell’ ordine. Non troppo bene, visto che anni dopo, in una successiva perquisizione vennero ritrovate le fotocopie del diario tenuto da Aldo Moro durante la detenzione, nascoste ma non troppo dietro un termosifone dell’ appartamento e di cui la prima volta evidentemente nessuno si era accorto. Aldo Moro: un personaggio scomodo, un personaggio che aveva ratificato il pensiero della gente; se il Partito Comunista Italiano era il secondo partito del paese doveva essere un interlocutore nella guida politica e nel governo, essendo antidemocratico emarginarlo. Un personaggio dalle idee pericolose: riteneva che la partecipazione dell’ allora PCI al governo lo avrebbe emancipato dalle influenze sovietiche, pesanti perché un partito all’ opposizione aveva bisogno di sostegno esterno, un partito al governo meno. E che fosse necessario emanciparsi anche da una influenza (e ingerenza) statunitense ormai divenuta eccessiva, visto che ormai il rischio di una invasione militare sovietica era ormai impossibile da realizzarsi. Idee pericolose: il pericolo di una invasione sovietica era invece molto temuto dagli USA che, economicamente e logisticamente avevano costituito una milizia paramilitare in Italia denominata “Organizzazione Gladio” col compito di organizzare una eventuale resistenza contro tale rischio; e non solo, visto che attrezzature, armi e covi assegnati a tale struttura emersero durante gli attentati che insanguinarono l’ Italia nella stagione della “strategia della tensione”, come risulta dall’ indagine dell’ apposita commissione parlamentare conclusasi nel 2000, circa 50 anni dopo la costituzione di questa struttura illegale ed anticostituzionale. Aldo Moro fu osteggiato ed aggredito in tutte le maniere: una campagna stampa, che si disse foraggiata da circoli filo statunitensi additò Aldo Moro come “Antilope Kobbler”, l’ esattore delle tangenti nello scandalo dell’ acquisto dei velivoli Lockheed Hercules C-130; inutilmente, perché il 3 marzo 1978, solo 13 giorni prima del suo rapimento, Aldo Moro fu prosciolto di ogni accusa. Prendere due piccioni con una fava è destrezza, prenderne tre è magia: sbarazzarsi di un personaggio scomodo ma amato dalla gente, poter additare l’ opposizione politica come violenta e istigatrice del terrorismo, screditandola di fronte ai potenziali elettori e avere il pretesto di poter approvare leggi speciali che, per molti anni a seguire, misero il bavaglio all’ informazione e alla politica giovanile, spesso con metodologie degne del ventennio fascista. Adesso facciamo un passo avanti di 35 anni. Semplici considerazioni, ipotesi anche fantasiose, niente di più. Attentato in Piazza Colonna, durante il giuramento del nuovo governo: un disoccupato tenta di sparare ai politici ferendo due carabinieri. Dunque, un disoccupato si avvicina e spara; attentato organizzato benissimo e con anche un certo dispendio in denaro, perché comprare una pistola e un vestito sartoriale di foggia identica a quello utilizzati dal personale di scorta, costa. Tra scarpe, vestito su misura, pistola, viaggio dalla Calabria a Roma e alloggio in albergo è immaginabile un dispendio di 800 euro circa, una cifra che i disoccupati disperati e allo stremo utilizzano per mantenere la famiglia, per un mese o anche qualcosa di più. Costa, costa, ancor più per un disoccupato separato e con figlio a carico, che da Alessandria, per indigenza economica, è tornato in Calabria per vivere con i genitori (ed essere sfamato). Attentato meticoloso, organizzato in maniera precisissima e ordinatissima, quasi da sembrare tratto dal film “Mission Impossible”, con una lucidità e una perizia che pochi disoccupati stremati e disperati possono avere. Ma condotto in maniera cialtrona: essendo riuscito comodamente e discretamente ad insinuarsi in mezzo al servizio d’ ordine, spara sette colpi ferendo due carabinieri, quando una persona con la freddezza di organizzare così bene un attentato avrebbe atteso qualche minuto l’ uscita dei politici. Un’ organizzazione perfetta, col minimo danno ma con la massima risonanza, visto che da li a pochi minuti tutte le televisioni avevano trasmesso reportage dal luogo dell’ attentato, anche se alcuni esperti e tecnici ritengono ci siano delle “stonature” nelle riprese, quasi fossero state montate e manipolate. Due piccioni con una fava: fare sentire il nuovo governo “in pericolo”, concedere la scorta ad un numero maggiore di politici sperando che (terza fava) non porti di nuovo all’ approvazione di nuove leggi speciali contro il terrorismo, come successe negli anni di piombo.. E con un Parlamento che, spaccatosi solo la settimana prima sull’ elezione del Presidente della Repubblica (indichiamo Marini ma votiamo Prodi, potrebbe starci bene Rodotà ma eleggeremo Napolitano) e che era in pieno fermento per il nuovo governo, costituito malgrado le promesse fatte da tutti i partiti politici di non “inciuciare” e prendere accordi con i partiti concorrenti (clamorosa l’ indignazione in entrambi i casi di S.E.L.), salvo il giorno dopo votargli la fiducia con percentuali altissime, viste poche volte nei governi precedenti, tutti allineati e coperti come soldatini che marciano in caserma. E delle volte la storia è come l’ AIDS, una malattia autoimmune che riesce a nutrirsi e a fortificarsi delle medicine che dovrebbero sconfiggerla e curarla.