FORZE ARMATE. SOLDI SPRECATI

FORZE ARMATE. SOLDI SPRECATI

Svegliarsi una domenica qualsiasi e sentire  che a Genova, in zona Brignole (disse il telegiornale) per un regolamento di conti un immigrato 38enne è stato ucciso: massacrato a calci, sprangate e pugni da due immigrati di nazionalità rumena, un po’ come nel Far West, un po’ come in Fight Club. “Un regolamento di conti nell’ ambito della microcriminalità”: stranieri o meno, microcriminalità o atti di bullismo non passa giorno in cui non si sentano notizie di violenza raccapricciante al telegiornale, ovunque. Problema di un mondo divenuto cattivo ma soprattutto problema di ordine pubblico. Poco e mal controllato. Muoiono gli Stefano Cucchi, i Federico Aldrovandi, ma i veri problemi, i veri pericoli per noi restano tutti. E sono anche comprensibili i dubbi, le paure e la frustrazione degli operatori delle forze dell’ ordine, almeno di quelli che responsabilmente vivono la loro missione, il loro compito: rischiare la vita, soprattutto nei turni notturni in periferie dove regna la microcriminalità e dove le risse e gli accoltellamenti sono all’ ordine del giorno per uno stipendio da fame (gli agenti senza grado, con turni festivi e notturni  e straordinari arrivano a fatica a 1200/1300 euro al mese), senza strutture e mezzi adeguati (il parco automezzi in dotazione viene manutenzionato ed aggiornato solo quando i tagli alla spesa pubblica lo permettono) e anche quando il garantire la fornitura di gasolio per la copertura dei turni delle volanti del 113 diventa un piccolo grande rebus, è una guerra persa in partenza Soluzione: più operatori, mezzi più adeguati e una copertura più ampia e capillare del territorio. Facile, ma in questa Italia in crisi le risorse mancano. Oppure no, solo che a chi le gestisce piace sprecarle in maniera idiota. E visto che da bravo (ex) ragioniere i conti sono il mio mestiere e il mio essere diventato disoccupato mi ha reso taccagno e attento alle spese, provo a fare due conti. L’articolo 11 della nostra Costituzione recita testualmente “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Quindi, in un paese che all’ undicesimo punto della sua Legge delle Leggi preveda tutto questo, l’ esercito dovrebbe essere una struttura limitata alla difesa delle frontiere e ai compiti istituzionali (telecomunicazioni e sorveglianza radar dello spazio aereo); con contingenti militari limitati e specializzati per la partecipazione a missioni di pace all’ estero, purchè  non ledano le sovranità nazionali e che tutelino la pace del mondo, non come in Iraq e Afghanistan, dove partecipiamo a missioni onerosissime per il popolo italiano che, prima che portare la pace, hanno altri interessi meno nobili. Quando andavo (bei tempi) al lavoro, tutte le mattine passavo di fronte ad una caserma dell’ esercito italiano. La conosco bene, in quanto vi ho prestato parte del servizio di leva; e siccome vi ero stato assegnato senza raccomandazione, subivo in media il doppio dei turni di servizio degli altri miei commilitoni. Artiglieria contraerea leggera; ai miei tempi splendidamente attrezzata con residuati bellici americani della seconda guerra mondiale: i fucili Garand M1 che tanto ben figurarono nello sbarco in Normandia del 1944, mitragliere contraeree calibro 12,7, cannoni Bofors 40/70 riciclati, in quanto inizialmente progettati per uso navale durante la Grande Guerra e poi riattrezzati per l’ uso a terra e, tocco di classe, le mitragliatrici MG 42/59, ovvero la mitragliatrice utilizzata dall’ esercito nazista durante la seconda guerra mondiale, modificata per utilizzare proiettili calibro 7,62 anziché il 7,92 originale e un parco automezzi costituito per il 35% da mezzi obsoleti, non più sicuri e circolanti ormai da una trentina d’ anni. Panico tutte le volte che si doveva andare in esercitazione: bisognava fare il censimento dei mezzi che potessero circolare in sicurezza, perché quando un automezzo militare si fermava, per incidente o perché in panne, era una procedura burocratica devastante per noi poveri autisti: e nel 1987 erano in dotazione ancora i mitici ACM52 (ACM sta per autocarro medio, 52 era l’ anno del progetto e di messa in produzione) E panico tutte le volte che si andava in poligono: fucili difettosi che spesso si inceppavano con rischio di ferimento grave per noi che li dovevamo utilizzare e granate, difettose anche quelle, che spesso lanciate non esplodevano, con il problema del solito poveretto che doveva andare a farle esplodere per garantire la sicurezza del poligono dopo l’ esercitazione: probabilmente, in caso di guerra, avrebbero ucciso più soldati italiani le nostre armi difettose che un ipotetico nemico. L’ Esercito Italiano di una volta: un vorace mangiasoldi, col 60/70% delle specializzazioni male equipaggiate utile solo per impiegare un anno di vita dei militari di leva, per togliere dalle file dei disoccupati sottufficiali, ufficiali e in generale chi aveva scelto la carriera militare e per disperdere cospicue risorse economiche (spesso anche in tangenti) negli appalti di fornitura materiali. Ma giunse la ristrutturazione dell’ Esercito, con la soppressione della leva obbligatoria. Finalmente un esercito di professionisti, di dimensioni adeguate alle sole necessità di difesa dello stato e di partecipazioni alle missioni di pace all’ estero, con meno spesa e un equipaggiamento adeguato. In un mondo che è cambiato: l’ Unione Sovietica non c’è più e comunque ha pensieri più grossi che fare la guerra all’ occidente; non confiniamo più con la Jugoslavia comunista del maresciallo Tito, morto e sepolto lui e disgregato il suo paese; i nostri confini non sono più minacciati di invasione da nemici armati, al massimo da maghrebini e altra povera gente che fugge dalla carestia, dalla guerra e in cerca di lavoro per sopravvivere. L’ Esercito esiste per togliere disoccupati dalle strade e, per i volontari a ferma breve, per guadagnare un po’ di punti nel caso si voglia partecipare a concorsi per un impiego pubblico? Sono curioso, voglio vedere gli equipaggiamenti: che siano leggeri, di facile dispiegamento e adeguati alle finalità previste dalla costituzione. Artiglieria: in un mondo dove la guerra viene fatta coi computer, con la sorveglianza satellitare, dove droni senza pilota umano vengono mandati a bombardare obbiettivi lontani, a cosa può servire il vecchio e datato cannone, sempre lui dai tempi delle guerre medievali? L’ esercito ha in dotazione lo splendido obice PZH2000, di progettazione tedesca: un pachiderma del peso di 55 tonnellate ed equipaggiato da uno splendido motore diesel da oltre 1000 cv di potenza e con consumi di gasolio agghiaccianti: un mezzo pesante ed ingombrante, ottimo per fare la guerra in autostrada, un po’ meno nei centri urbani e nei terreni rurali fangosi, nelle quali si trasforma in una lenta e impacciata tartaruga facile obbiettivo per le armi anticarro. Un mezzo che, data la velocità ridicola, adeguata alla sua stazza, deve essere mosso per il trasporto su tratte medie con un apposito autocarro con rimorchio: va da se che non è un mezzo idoneo all’ impiego in missioni all’ estero, data la ridotta mobilità, la non aviotrasportabilità e la complicata logistica da dover garantire per rifornirlo. Un mezzo che viene utilizzato al minimo anche in esercitazione, percorrendo poche decine di metri con un litro di gasolio e con una lenta, lentissima mobilità. Un mezzo, prodotto dai tedeschi per l’ esportazione in paesi dove la guerra è un fatto quotidiano ha un significato, mentre se adottato dall’ Italia, dove, in certi numeri, è inutile al nostro dispositivo di difesa nazionale e di impiego all’ estero, è solo un costo inutilmente elevato senza alcuna utilità tattica. Lo stesso sta sostituendo il vecchio ma sempre diffuso modello M109, modello americano introdotto dagli anni ’50 in poi, ancor più lento, ancora più goffo e ancor più prodigo nei consumi. Ma il tocco di classe si tocca con il modello SIDAM 25, ovvero l’ equipaggiamento base della nostra artiglieria controaerea: è il vecchio M113, il famosissimo veicolo da trasporto truppe che tanto venne impiegato nella guerra in Vietnam 45 anni fa, riciclato e aggiornato con un nuovo motore diesel meno preistorico e con montato una torretta girevole da quattro cannoncini nuova di zecca. Non equipaggiato di un proprio radar adeguato, per una efficace e precisa copertura antiaerea deve funzionare in batteria (cioè in postazione fissa) connesso ad un radar specifico con funzioni di ricerca obbiettivo e controllo del tiro: in sostanza, come il vecchio cannone di una volta ma solo più goffo, in quanto se da un lato ha capacità di tiro solo da fermo,  dall’ altro è più ingombrante e consuma molto più gasolio rispetto al vecchio cannone trainato da camion, con le aggravanti di non essere anfibio (in mezzo ad acqua e fango è agile come gatto bagnato, come diciamo a Bologna) e dotato di una torretta di dimensioni troppo piccole per un adeguato e veloce riarmo dei cannoni in dotazione da parte dell’ equipaggio, una volta esauriti i pacchetti di munizioni; ovviamente con un costo, nel 1992 quando ne venne deliberata l’ adozione, pari a 800 miliardi di vecchie lire salvo rincari, revisioni dell’ appalto e manutenzioni successive. Ma il tocco di classe dell’ inutilità viene toccato dal modello F35, il cacciabombardiere di “ultimissima generazione”. Quanto sia utile spendere 106,7 milioni di euro per comprare ogni (singolo) cacciabombardiere stealth (ovvero invisibile ai radar) con una autonomia di 2’200 Km, per cui a corto raggio in un paese che non ha di che sfamare i propri disoccupati e i propri indigenti? Ovvio, per utilizzarlo sulla nuova e costosa portaerei Cavour, nell’ allestimento B (decollo e atterraggio su piste corte), per poter andare a fare guerra anche in paesi lontani. Un gioiello di ingegneria così, a cosa serve nel rispetto dell’ articolo 11 della costituzione? E poi: è così un grande acquisto, considerato il prezzo? No, decisamente no. L’ adozione da parte dell’ aviazione e della marina statunitense è stata sospesa in quanto, dai test, sono emersi alcuni gravi difetti progettuali: vibrazioni eccessive durante il volo, il casco ipertecnologico del pilota con visore tridimensionali dei comandi che spesso smette di funzionare in volo e con un software di controllo complicatissimo e quasi immanutenzionabile; che ha problemi di dissipazione delle temperature ai motori (che ne rendono, al momento attuale, sconsigliabile l’ utilizzo in missioni a lungo raggio o in climi caldi rischia incendi al motore) e che, per problemi di schermatura degli impianti elettrici e di dispositivi di sicurezza mal progettati in caso di volo in zone temporalesche (dove la carica elettromagnetica delle nubi è forte) rischia avarie all’ elettronica di bordo e se colpito da un fulmine, cosa abbastanza frequente nel caso di voli durante la tempesta, rischia l’ esplosione dei serbatoi carburante: con una circolare di marzo 2012, il Pentagono ha stabilito che i voli di collaudo (collaudo, non missione operativa) debbano essere effettuati in spazi aerei “puliti”, ovvero in zone non abitate e distanti almeno 40 chilometri da fronti temporaleschi: quindi uno splendido gioiello di tecnologia aeronautica eccellente per guidare a vista (perché usare il radar quando si può ammirare il paesaggio?), volando piano e solo in giornate fresche e non piovose di primavera e assolutamente da non utilizzare nella canicola estiva: come le moto, da usare solo per tre mesi l’ anno perché negli altri nove stanno meglio in garage. Un bidone volante, un aereo che la Rand Corporation, società di analisi strategiche che collabora con il Ministero della difesa americana stabilisce come già inferiore in partenza al suo nemico, il modello SU-35, il caccia sovietico con cui dovrebbe guerreggiare e di cui è già stata sancita la superiorità tecnica, un aereo con un tasso di affidabilità (rischio di malfunzionamenti in volo ordinario e resistenza in caso di attacco da parte di altri caccia o della contraerea) di almeno il 60% inferiore rispetto quelli di più vecchia generazione. E in più, oltre ad averli comprati, l’ Italia ne parteciperà alla costruzione: in fatti, partecipando al progetto JSF, ovvero Joint Strike Fighter, ovvero”cacciabombardiere a costruzione unificata” presso Cameri in provincia di Novara, è stato attrezzato uno splendido e sovradimensionato stabilimento ultratecnologico per l’ assemblaggio integrale dei caccia che verranno adottati dall’ Italia (e forse qualche altro paese europeo, se decideranno di acquistarlo) e per la costruzione di componentistica e semilavorati per conto della Lockheed americana, la casa madre del progetto:  praticamente, l’ ennesima costosa cattedrale nel deserto Considerato che è un progetto nato infausto che già molti paesi inizialmente interessati all’ acquisto stanno abbandonando, si è provveduto a costruire un impianto dal costo di 800 milioni di euro che con stime molto ottimiste difficilmente avrà più di 650 milioni di euro di commesse ed ordinazioni; uno splendido articolo de “Il sole 24 ore” del 24 ottobre 2012 stima perdite complessive pari a 13 miliardi di euro, ovvero pari al 77% del capitale investito, uno dei peggiori fallimenti della storia della finanza italiana. Un prodotto di pessima qualità, costoso da comprare e complicato da mantenere e che ha richiesto una partecipazione finanziaria all’ Italia esorbitante e fallimentare, visto che non è previsto alcun rientro economico finale. A cosa serve tutto ciò? A remunerare gli amici di Finmeccanica padrona anche della OTO-Melara, la produttrice e allestitrice dei nostri inutili carri armati?  Sorridere agli amici del Pentagono che non vogliamo lasciare soli ed abbandonati nella cantonata che stanno prendendo, ovvero adottare a prezzi impensabili il peggior cacciabombardiere della storia? Già la Corte dei Conti americana ha avuto modo di relazionare sul progetto, che per rattoppi, modifiche sui progetti legati ad iniziali difetti ed elevati costi di produzione, constatando come il costo reale di ogni aereo sia già aumentato, senza che sia già stato ultimato il progetto, prodotto ed adottato,  di oltre il 50% rispetto a quello originario per il quale era stato assegnato l’ appalto: e se lo dicono gli americani, i suoi genitori, si possono immaginare le ripercussioni che avrà per l’ Italia che intende acquistarlo. Bene: se non dovessimo sprecare soldi che non abbiamo in follie inutili, se riducessimo numericamente l’ Esercito dei suoi reparti di scarsa utilità e dei suoi equipaggiamenti obsoleti aumentando contemporaneamente il numero degli operatori di pubblica sicurezza e le loro risorse (un buffo autocarro militare, l’ ACM-90, che è il più economico nonché  quello che vediamo spesso portare a spasso per le nostre strada i nostri soldati in 14 seduti sul cassone costa da solo come 4 volanti Alfa Romeo 159 nuove già attrezzate per il servizio) potremmo schierare forze di polizia migliori, più adeguate per un più capillare controllo del territorio e con tutti i mezzi idonei ai loro compiti; e anche retribuirli adeguatamente, per non far sentire frustrati chi rischia tutti i giorni la propria incolumità per la nostra sicurezza. Per inciso, l’ Esercito non serve a nulla in tempo di pace, a differenza di quanto sostengano certi politici: durante il recente sisma in Emilia, noi che c’ eravamo abbiamo visto un lavoro eccezionale da parte di Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza ma pochi militari a dare una mano: qualche mezzo per il movimento terra del Genio a spalare macerie, ma poche, pochissime divise; e a 30 chilometri dal sisma, a Bologna, caserme piene di personale inutilizzato,  dalle specializzazioni ormai inutili e superate (carristi, artiglieria) chiusi in caserma a fare il nulla.