IL DELITTO DELL’EX A GORLAGO

IL DELITTO DELL’EX A GORLAGO

STEFANIA CROTTI E’ UN’ALTRA VITTIMA DI UN AMORE MALATO Immaginate di essere convocati dalle forze dell’ordine in seguito ad una denuncia di sparizione di una persona a voi cara, che si tratti di vostra moglie, vostro marito, chiunque sia legato a voi in qualche modo. Ora provate ad immaginare che vi vengano mostrati dei reperti: bracciali, orecchini, una fede. E che vi dicano che si tratta di oggetti trovati addosso ad un cadavere. Come vi sentireste? Cosa provereste? Sentireste un tonfo nel cuore? Nell’anima? Un muro di silenzio attorno a voi mentre tutto si fa confuso, voci e suoni e colori, tutto perso, risucchiato da quel momento. Probabilmente è questo ciò che ha provato Stefano Del Bello quando gli hanno detto dove erano stati trovati i monili che gli stavano mostrando, quando gli è stato riferito che il corpo di sua moglie, Stefania Crotti, era stato rinvenuto semi carbonizzato, da un ciclista,  in una zona di boschi, vigne, ville nascoste tra il verde, a Erbusco, in provincia di Brescia. Ma cosa era accaduto? Perché Stefania si trovava così distante da casa, lei che abitava a Gorlago, in provincia di Bergamo? Tutto è iniziato quando la donna ricevette un biglietto con un messaggio ed una rosa rossa, mentre era al lavoro. Era il 7 gennaio. Pensò ad una sorpresa organizzata da suo marito Stefano, e poi, quel ragazzo che la attende all’uscita del suo ufficio per portarla a destinazione sembra confermare i suoi sospetti. Angelo, questo il nome dell’uomo, è stato coinvolto da Chiara Alessandri, di cui fu l’amante, per aiutarla ad organizzare una festa a sorpresa per la donna con cui ha pessimi rapporti, e con cui vuole riappacificarsi. I due, Angelo e Stefania, si recano assieme dove dovrebbe attendere la sorpresa, poi il ragazzo va via, e lascia Stefania da sola. Dopo qualche ora un messaggio “grazie ancora dell’aiuto per la festa. È andato tutto bene”, e la soddisfazione di aver fatto un bel gesto, ignaro del fatto che Stefania ha lasciato il luogo dell’appuntamento dentro il bagagliaio di una automobile, con la testa spaccata. E proprio quel messaggio, una volta diffusa la notizia della morte di Stefania, viene mostrato ai carabinieri, che arrivano a Chiara. E da quel momento iniziano a diradarsi le ombre, facendo luce su quanto è accaduto. Chiara Alessandri aveva avuto una relazione con Stefano Del Bello, il marito di Stefania, ma quando Stefano le aveva detto che era finita, Chiara non lo aveva accettato. Ed ovviamente la colpa , nella sua mente malata, era della legittima moglie. Era lei che lo aveva allontanato, era per colpa sua se non poteva essere felice. Quindi iniziò ad organizzare la trappola, ed il 4 gennaio chiamò Angelo per farsi aiutare, complice involontario di una lucida follia. L’incontro con Stefania in un garage, poi, a quanto sembra, un martello per aggredirla, anche se Chiara Alessandri nega di averlo usato, e parla di un incidente, di uno spigolo urtato durante una collutazione con Stefania. Ed ancora, quel corpo da far scomparire, il tragitto fino ad Erbusco. E forse le fiamme a cancellare il peccato mortale, ma anche in questo l’assassina nega di aver martoriato quel corpo ormai senza vita, affermando di essersi limitata a depositarlo a terra, nascosto tra le foglie, nascondendovi sotto il martello ed un paio di pinze. Subito dopo l’arresto ha provato a negare, ma le troppe circostanze concomitanti, non ultimo il messaggio ad Angelo, non hanno consentito fughe lessicali o bugie, tanto è vero che nel dispositivo di fermo spiccato dalla magistratura viene evidenziata la spiccata pericolosità sociale della donna, e l’elevata probabilità che possa compiere altri atti simili. Non si sa ancora se abbia agito da sola o se abbia avuto un complice, a parte Angelo, che ha dimostrato la sua innocenza e la sua buona fede. Ciò che resta, alla fine, è un’altra certificazione della follia che sta sempre più prendendo piede. Un altro femminicidio, stavolta commesso da una donna. Un’altra bambina che resterà orfana, un nuovo che non si potrà mai riempire. Perché così non si può morire, non si deve morire. La fine deve arrivare quando attesa, quando è giunto il momento, seguendo il ciclo delle stagioni, e non a causa di un distorto e malato e malvagio senso di possesso. Una relazione finita non può causare dolore, così tanto dolore, soprattutto per gli innocenti, per chi rimane. Quando uscì il film “”Attrazione fatale” sembrò rappresentare una iperbole del rapporto ossessivo, ma a ben vedere la storia e la realtà ci insegnano che la finzione spesso non arriva neanche a sfiorare l’orrore che quotidianamente riempie le pagine dei giornali. Ciao Stefania, che la terra ti sia lieve, l’inferno è per chi resta ad attendere il tuo ritorno, che non avverrà mai.