INCHIESTA SULLE MAZZETTE IN SICILIA. NICASTRI COLLABORA COI PM

Sono ormai 15 giorni che Vito Nicastri è ascoltato dai magistrati di Palermo sull’inchiesta di corruzione nell’ambito delle energie alternative e in particolare dell’eolico. L’imprenditore considerato vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro, ha raccontato le sue verità e quanto detto ai Pm di Palermo ha prodotto i primi effetti con Giacomo Causarano, ex funzionario dell’assessorato regionale all’Energia, e l’imprenditore milanese Antonello Barbieri ordinati oggi, agli arresti domiciliari. Causarano, al quale è stato contestato il reato di corruzione, era già emerso nelle indagini nei mesi scorsi, quando cominciarono a dipanarsi i primi dettagli dell’inchiesta che dalla Sicilia portava a Roma seguendo le mosse del consulente della Lega, Paolo Arata. A Barbieri è stata invece contestata l’intestazione fittizia di beni, oltre ai reati di autoriciclaggio e corruzione. Lo scorso 12 giugno, furono arrestati per la stessa indagine e con queste accuseVito Nicastri e Paolo Arata con i rispettivi figli. In quella circostanza anche un alto burocrate della Regione siciliana, Alberto Tinnirello era finito in manette e finì ai domiciliari. L’inchiesta condotta dalla Dia di Trapani sotto il coordinamento del procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo, fece emergere un giro di corruzione alla regione Sicilia. Gli inquirenti ipotizzarono che Arata e Nicastri avrebbero corrotto diversi funzionari per ottenere agevolazioni nei loro affari nel settore delle energie rinnovabili e per bloccare la concorrenza. Nell’indagine fu coinvolta anche la Procura di Roma sull’ipotesi del pagamento di una mazzetta da 30 mila euro all’ex sottosegretario leghista alle Infrastrutture Armando Siri che avrebbe “spinto” un emendamento in favore dei finanziamenti ai due soci. L’emendamento tuttavia non passò per l’opposizione del M5s. Nicastri adesso divenuto “dichiarante” potrebbe aiutare i magistrati a far luce sul giro della corruzione siciliana. E ora sembrerebbe proprio che Causarano era in effetti l’anello di congiunzione tra Nicastri e Tinnirello, il funzionario cioè, che firmava le autorizzazioni all’imprenditore, per realizzare due impianti di biometano in provincia di Siracusa, precisamente in località Francofonte.Nell’inchiesta viene ipotizzata una maxi-mazzetta da 500 mila euro, di cui già consegnati i primi 100 mila, mentre la rimanente cifra di 400 mila euro sarebbe arrivata con la firma dell’autorizzazione. Nelle indagini si parlerebbe anche di contatti con esponenti politici in regione Sicilia che tuttavia non risultano essere indagati, ai quali venivano comunque richiesti interventi sull’asserato all’energia.