LO SCUDO FISCALE DEI FURBI.

Domanda: qual’ è la più vecchia invenzione dell’ uomo? Ovviamente la clava, con la quale andava a caccia per procurarsi il cibo col bel tempo e, nelle giornate “nere”, era utile per rubare la selvaggina a quelli che erano stati più fortunati. La seconda invenzione dell’ uomo fu lo scudo, ovvero qualcosa che lo potesse proteggere dalle clave (visto che non era stata ancora inventata la guerra, dalle clave dei ladri di selvaggina altrui). La civiltà si evolve: lo scudo diventa l’ inseparabile compagno di guerra degli eroi di Sparta, dei legionari romani alla conquista della Gallia e dei crociati che assediano i Mori a Gerusalemme. I ricchi, invidiosi, lo reclamano, ma non sapendo che farsene di uno scudo in ferro ne coniano uno in argento, una moneta molto in voga in Francia, impero austroungarico, Spagna, Regno di Savoia e stato pontificio. La civiltà si evolve, la guerra pure e con le armi da fuoco lo scudo di ferro non viene più utilizzato. Giunge la Rivoluzione industriale, e anche quello di argento diventa inutile, soppiantato prima dalla sterlina inglese e poi dal dollaro statunitense. Ormai lo scudo è estinto, è qualcosa di ormai desueto, dimenticato. Ne restano solo tracce nei cartoni animati giapponesi (era l’ invincibile arma usata da Goldrake) e nelle piazze italiane, ma solo quando il Reparto Celere della Polizia è schierato in assetto da battaglia. Gli americani tentano un revival con lo scudo spaziale, un sistema di protezione contro i missili nucleari nemici costituito da satelliti radar di controllo e satelliti in grado di lanciare missili antimissili: un revival solo nominale, perché al vecchio scudo, come dice Antonio di Pietro, “non c’ azzecca neanche un po’”. Ma grazie a Dio, a ridarci la memoria storica, giunge il quarto governo Berlusconi nell’ anno domini 2009. Una delle consuetudini dell’ uscente governo era la consuetudine di approvare decreti “mille proroghe”, ovvero una polenta di leggi, norme e provvedimenti posticci e provvisori che, non potendo venire convertiti in legge perché tutti si sarebbero vergognati ad approvarle, vengono reiterati in forma di decreto ministeriale, di scadenza in scadenza in prossimità del sessantesimo giorno dalla prima approvazione. Ovvero, mentre le leggi dello Stato e la Costituzione prevedono che i decreti legge, ovvero le norme approvate in via provvisoria decadano perdendo efficacia dopo 60 giorni dall’ entrata in vigore se non approvate dal Parlamento e convertite in legge, tramite il meccanismo del “mille proroghe” ovvero del decreto legge nuovo che ripropone identico e ricopiato un decreto legge precedente in scadenza si crea un meccanismo di frode alla legge: ovvero si fanno provvedimenti che, per la durata nel tempo, hanno l’ efficacia di una legge ma non ne hanno la forma ne dovrebbero averne la consistenza e il potere d’ imperio non essendo oggetto di approvazione parlamentare. Questi “mille proroghe”, figli della loro natura elusiva, sono leggi vischiose che assomigliano a dei cani carlini, tanto sono pieni di pieghe e rughe in cui annidare provvedimenti duri e scorretti: uno di questi “mille proroghe”, ad esempio, nascondeva la norma che imponeva il pagamento dei tributi e contributi sospesi ai terremotati dell’ Emilia vergognosamente in un’unica soluzione al 16/12/2012, senza possibilità di rateazione agevolata dando così il colpo di grazia a chi era sopravvissuto al sisma. Ma torniamo a “quel mille proroghe”, il Decreto Legge 194/2009, nel quale nascondeva, tra le sue rughe, il ritorno di un’ arma antica ma potente e attuale, il cosiddetto “scudo fiscale”. Scudi di ferro, scudi di argento, scudi spaziali, e lo scudo fiscale? E’ un provvedimento di legge che prevede, per i capitali esportati all’ estero, sia a seguito di investimenti in attività produttive lecitamente condotte, sia in forma di illecito ricavo da evasione fiscale, falso in bilancio o attività malavitosa, la possibilità di farli rientrare in Italia legalmente, soggetti ad una (penale? imposta? sanzione?) pari al 5% del loro valore. E cosa vuol dire? Che chi ha evaso il fisco non pagando fino a un 43% di aliquota irpef e che se accertato dalla Guardia di Finanza dovrebbe pagare sanzioni nel tetto massimo del 50% degli importi evasi e quindi del 64,5% totale, si lava la coscienza perdonato e condonato di tutto pagandone solo il 5%, con un ricavo netto del 59,5% delle imposte evase. Per altro le dichiarazioni (da presentarsi entro il 15 dicembre 2009) erano in forma non analitica, ovvero richiedevano solo gli importi dei capitali esportati o evasi e non le attività che le avevano fatte scaturire. E nella legge veniva prevista la NON schedabilità di tali capitali oggetto di sanatoria (o in gergo tecnico “scudati”) quindi protetti: tali capitali rientrati in Italia non venivano registrati all’ anagrafe tributaria per i controlli e gli accertamenti e non venivano quindi considerati ai fini del redditometro e degli accertamenti induttivi di reddito occultato. Ovvero, noi non possiamo spendere più di 1’000 euro in contanti, per via della tracciabilità finanziaria e delle normative antiriciclaggio, ma tali capitali (molto più ingenti) nella quasi totalità dei casi frutto di evasione fiscale o di attività illecita malavitosa possono ritornare anonimamente in Italia, protetti dalla riservatezza garantita da questa disposizione di legge. E il rientro del capitale in Italia tramite l’ apposita dichiarazione e assoggettato ad una imposta del 5% a titolo definitivo estingue tutti i reati civili e tributari commessi per la sua costituzione, ovvero omessa e infedele dichiarazione dei redditi, dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, falsa rappresentazione di scritture contabili obbligatorie, occultamento o distruzione di documenti, false comunicazioni sociali (falso in bilancio) oltre ai reati conseguenti a quanto sopra elencato, ovvero i reati di falsità materiale, falsità ideologica in atto pubblico, soppressione e occultamento di atti, false comunicazioni sociali e falsità nelle scritture private, per esplicita previsione del provvedimento normativo. E così il filotto è completo: evado il fisco dopo aver commesso tutti i reati possibili di frode, falsificazione di atti e di bilanci ed esportazione illecita di capitali all’ estero, e con una denuncia generica in cui si dichiaro solo il capitale esportato all’ estero (e non le modalità in cui è stato costituito) pago un 5% fisso e lavo il mio denaro più bianco del Dixan, eludendo tutti i vincoli civilistici, penali e antiriciclaggio. Dimenticavo: se il capitale ha fruttato all’ estero (per investimenti finanziari o in attività produttive) viene gravato di imposta solo la quota originariamente esportata anche se sanato in tutto il suo importo. Faccio un esempio: evado 100 che trasferisco all’ estero, e su questa cifra ricavo dal suo investimento ulteriori 20, per un capitale totale di 120. Li faccio rientrare in Italia, pagando il 5% solo sul capitale esportato, ovvero 100 x 5% = 5: e così i miei 120 – 5 di sanzione = 115 rientrano in Italia sani, condonati di ogni illecito e senza che l’ amministrazione finanziaria ne debba tenere traccia. Ci chiediamo perché le ditte Italiane chiudano in Italia per andare a produrre all’ estero, come la Fiat che delocalizza la produzione di auto all’ estero, la OMSA di Faenza (Gruppo Golden Lady) che ha chiuso uno stabilimento in redditività per andare a produrre collant in Serbia facendo 240 disoccupati in maggioranza donne o il Gruppo Franke che ha chiuso gli stabilmenti della Faber (eccellenza industriale umbra, leader mondiale della produzione di cappe aspiranti per cucina) per andare a produrre in Turchia, tra le altre. Perché all’ estero il costo della manodopera è più basso e quindi la redditività è maggiore? Probabilmente sì, ma non solo. Perché, per molti, questi capitali e investimenti tassati in paesi esteri con regimi fiscali più leggeri del nostro possono rientrare in Italia così più facilmente, ulteriormente poco tassati e conseguendo quindi un doppio vantaggio, di pagare imposte in maniera risibile e di non vederseli registrati all’ anagrafe tributaria e considerati al redditometro (che potrebbe qualificare potenziali evasori, avendo capitali più elevati di quanto ricavato dalle denunce fiscali) e perdonati degli eventuali falsi in bilancio e frodi che possano averli fatti scaturire. Ci lamentiamo che il governo uscente non abbia fatto nulla per contrastare la crisi, ed è, tristemente vero: però, aspetto più grave, ha fatto molto per poterla incentivare, premiando i furbi e i ladri che fuggivano all’ estero e deprimendo la poca economia e l’ imprenditoria che restava in Italia. Il medio imprenditore esporta capitali all’ estero, investendoli in attività produttive (non voglio dire che siano tutti capitali frutto dell’ evasione fiscale o della frode, ma le persone veramente oneste non ricorrono a certe furbate) facendoli poi rientrare in Italia per la porta di servizio ottenendo il massimo risultato, ovvero pochi costi, massima redditività e minima tassazione. Chiudendo fabbriche e producendo disoccupati in Italia. E nel nostro paese, a parte qualche imprenditore virtuoso (per fortuna ne esistono ancora) restano solo le piccole imprese, quelle che non hanno la forza, le dimensioni o attività tali da poter essere delocalizzate. Le basi imponibili su cui esigere tasse e tributi in Italia calano e lo Stato di conseguenza taglia i servizi alla gente ma non i confort ai suoi mammasantissima che, per essere mantenuti, impongono aumenti di tasse e balzelli (come l’ aumento IVA già imposto nel 2011 e ulteriormente previsto da luglio 2013, per esempio, oltre alle accise “pazze” sui carburanti); i contribuenti vengono strozzati e in Italia crescono sempre di più gli evasori fiscali per obbiettiva difficoltà, ovvero gente che producendo e non riuscendo ad incassare fatture, paga i fornitori per poter lavorare, paga i propri lavoratori e non riesce alla fine a pagare le tasse, per mancanza di liquidità. E sono proprio quelli verso cui il fisco scatena la sua Gestapo, Equitalia Polis, esattore senza pietà e ad ogni costo, anche di indurre imprenditori e contribuenti al suicidio come già più volte riportato dalla stampa e dalle televisioni. Imprenditori piccoli, imprenditori pezzenti, perché quelli furbi, gli evasori fiscali veri, guadagnano all’ estero e fanno i ricchi in Italia perdonati e condonati, con un fisco mansueto che per legge non vuole toccarli. E se questo è uno Stato che proclama da anni la lotta all’ evasione fiscale per il rilancio dell’ economia, chapeau! Lo stanno facendo nella maniera migliore. Perché una rateazione del debito fiscale potrebbe dare ossigeno ai pesci piccoli, agli evasori che non hanno pagato le tasse per mancanza di liquidità aziendale, mentre una misura di questa portata serve solo ai grandi evasori: praticamente un perfetto e gigantesco condono sotto mentite spoglie, un “condono tombale”, ovvero una truffa legalizzata come penitenza per gli importi già frodati al fisco, considerata nel diritto tributario e in economia politica come la più grave e pericolosa forma di evasione fiscale legalizzata.