IL BEL GIOCO DELLA PARITÀ
Altro che quarti di finale: le Azzurre del calcio hanno già portato a casa un altro risultato clamoroso, la dichiarazione del presidente della Federazione Gioco Calcio, Gabriele Gravina, che ha detto che “è ora di riconoscere il professionismo delle ragazze Mondiali”. E lo si faccia! È bello, è bello davvero, vedere delle partite di pallone dove a farla da padrone è il gioco per il gioco, con le Australiane che – dopo averle vinte – consolano le Giapponesi in lacrime, o le Italiane che alla fine della partita persa col Brasile sorridevano e si abbracciavano. Niente sceneggiate in campo, nessuna primadonna, al massimo un po’ di rossetto, perché no. Ma in questi mondiali si giocano soprattutto due partite lontane dal campo: la prima è l’affermazione di un modello non sessista in uno sport fin qui maschile e maschilista, con l’Italia tutta a tifare per una squadra che i più manco sapevano esistesse. La seconda, ma non è davvero meno importante, anzi, è la possibilità ormai davvero concreta di un salto nei diritti delle atlete del pallone, relegate fin qui nel “dilettantismo”, con stipendi che non possono superare i 30.658 euro a stagione con accordi privati (senza contratto) e quindi senza contributi. E senza tutele. Maternità, infortuni, malattie… pensione… Niente. L’unica cosa che hanno ottenuto, con una serie di modifiche al regolamento FIGC, è un rimborso massimo di 61 euro e 97 centesimi al giorno. Comunque, un fatto è quanto siano stati tutti colti di sorpresa dal successo delle Azzurre. La Rai ha dovuto “promuovere sul campo” la Nazionale femminile (da Raidue a Raiuno) dopo i risultati assolutamente inattesi dei primi due incontri, rispettivamente con Australia e Giamaica (oltre 2 milioni e mezzo di telespettatori alle 13 e alle 18, due orari “difficili”). Così Italia-Brasile, in onda alle 21 su Raiuno ha toccato quasi il 30% di share e 6milioni e mezzo di telespettatori, mentre l’incontro con la Cina (alle 18) nel secondo tempo ha sfondato il tetto del 35,7% di share e quasi 5 milioni di telespettatori. Famiglie sugli spalti, famiglie davanti alla tv. E televisori accesi nelle “Case delle donne”, dove il tifo si fa più alto anche per chi non conosce le regole del pallone, ma dove si sa bene che quelle partite mettono la parola fine alle insensate polemiche di questi mesi, con i Soloni del calcio che arrivavano all’ingiuria contro le donne che si occupano di partite e di spogliatoi. E che adesso anche alle bimbe verranno regalati palloni, sognando campionesse: una crepa in più alla muraglia degli stereotipi contro le donne.
