SE LA MAMMA DI ALDROVANDI SROTOLA LA FOTO DI SUO FIGLIO

SE LA MAMMA DI ALDROVANDI SROTOLA LA FOTO DI SUO FIGLIO

Oggi, in quel di Ferrara i rappresentanti del sindacato di polizia COISP hanno messo in scena una manifestazione di sostegno ai quattro loro colleghi Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, condannati per omicidio colposo per la morte di Federico Aldrovandi, il giovane ragazzo ferrarese morto a seguito delle percosse inferte dalla pattuglia di poliziotti che lo aveva fermato e che forse lo aveva posto in stato di arresto con troppo zelo ed animosità. Un sit-in di una trentina di agenti aderenti al sindacato proprio sotto la finestra dell’ ufficio in cui lavora Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi. In mezzo ai poliziotti, da bravo tribuno della plebe e scandendo  gran voce slogan come “Poliziotti in carcere, criminali fuori, la legge è uguale per tutti?”” c’ era l’ europarlamentare Potito Salatto (ex Forza Italia, ex PDL ora schierato nelle file di Futuro e Libertà per l’ Italia), come se in un evento del genere fosse necessaria una strumentalizzazione politica. Interviene il sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani a cercare di trovare una mediazione civile: scoppia quasi una rissa coi poliziotti presenti con l’ europarlamentare che gli rivolge male parole quali: “Lei è il sindaco? Io sono europarlamentare, se ne può andare”. Nel parapiglia generale scende in strada la madre del defunto, accompagnata da alcune colleghe, per cercare di calmare un po’ gli animi; a fronte delle male parole che giungono dalla folla, srotola e mostra la foto del figlio dopo le percosse dei poliziotti. I manifestanti, in segno di scherno e disapprovazione si voltano di spalle mostrando la schiena. La manifestazione non è stata sedata e conclusa dall’ intervento dovuto delle forze dell’ ordine bensì da un folto gruppo di passanti (i cosiddetti “cittadini comuni”) che, attirati dal rumore e dal capannello di gente creatasi, hanno subito mostrato ostilità nei confronti dei poliziotti cominciando indignati ad inneggiare a favore di Federico Aldrovandi, il loro concittadino morto. Occorre ribadire alcuni concetti chiave, molto importanti. Un sindacato di tutori della legge che tra i propri iscritti ha anche i membri del Reparto Celere di Roma che, alle ultime manifestazioni hanno avuto modo di caricare e picchiare studenti anche minorenni nell’ ambito di una manifestazione comunicata ed autorizzata dalla Prefettura dovrebbe sapere che creare assembramenti che disturbino viabilità e quiete pubblica costituiscono reato Una libera e giusta manifestazione di pensiero sarebbe stato invitare la madre del defunto in una libera conferenza aperta al pubblico in cui confrontarsi e discutere nello spirito di un civile e corretto contraddittorio, non procurare disagio personale ad una persona già segnata da un lutto in famiglia nella maniera più sgradevole, andandola a disturbare mentre stava lavorando e recando disturbo al suo luogo di lavoro. Le istituzioni dovrebbero essere apartitiche e apolitiche, avendo un sindacato solo per tutela dei diritti professionali e personali dei poliziotti, non per manifestare colori ed aderenze a partiti; segnaliamo che, in un coro unanime di disapprovazione per l’ operato dei poliziotti, gli unici politici che si sono schierati a favore sono stati il PDL Carlo Giovanardi (sottosegretario alla presidenza del consiglio al tempo dei fatti) e l’ europarlamentare (sempre PDL) Potito Salatto. Dovrebbe esserci rispetto per le istituzioni: un europarlamentare dovrebbe esercitare il suo pensiero nel Parlamento di Bruxelles, luogo dove gli è stato mandato elettivo, non recare disturbo in una città in cui istituzionalmente non ha alcun incarico e soprattutto deve portare rispetto al Sindaco, che, subordinato solo al Prefetto, è la seconda autorità cittadina per importanza. Manifestare in luogo pubblico è democratica manifestazione di pensiero, andare a recare disturbo in un luogo di lavoro ad una persona è illecito accanimento personale.. E mancare di rispetto ad un defunto innocente (lo dice una sentenza del tribunale) è l’ atto più vile che si possa commettere.Eh, già. Quando si parla con un poliziotto e si parla di certi episodi la risposta che tipicamente si ottiene è “si accaniscono contro di noi perché siamo visibili, siamo quelli che vivono e lavorano in mezzo alla gente”. Non è vero: a livello di unità effettive e diffusione sul territorio, è nettamente più diffusa l’ Arma dei Carabinieri, autorità di pubblica sicurezza sia nei capoluoghi di provincia che nei paesi più remoti e lontani, sempre presente sul territorio sia per le attività di pronto intervento tramite il Nucleo Radiomobile (il 112), sia per le altre attività investigative anticrimine e scientifiche. Si va in giro e, spesso anche si richiede l’ intervento in emergenza chiamando il 113 e (almeno a Bologna) è frequente vedere l’ intervento delle macchine grigie con la scritta “Guardia di Finanza” e gli agenti col basco verde: sono gli operatori del Reparto A.T.P.I. (Anti Terrorismo Pronto Impiego), il reparto di polizia giudiziaria dell’ arma. Al G8 di Genova hanno fatto scalpore suscitando indignazione nel mondo i fatti accaduti prima alla Scuola Diaz e poi al commissariato del Bolzaneto, dove 93 persone sono state percosse, tratte in arresto in maniera violenta e arbitraria conclusasi con 60 ricoveri in pronto soccorso e tre in terapia intensiva in prognosi riservata diventando trama per un film-documentario di discreto successo e oggetto di una denuncia da parte di Amnesty International. E’ vero, in piazza Alimonda Carlo Giuliani è stato ucciso da un carabiniere di leva, ma in mezzo ad una piazza inferocita che tenta di tirare fuori da un Land Rover Defender l’ equipaggio per linciarlo, il confine tra violenza eccessiva e legittima difesa è quasi impalpabile. A Genova erano schierati anche i reparti A.T.P.I. della Guardia di Finanza, sia per i servizi di ordine pubblico, sia (le squadre speciali di tiratori scelti) a difesa anche loro di potenziali obbiettivi di attentati, e anche in questo caso hanno concluso il loro servizio d’ ordine in maniera praticamente impeccabile. Essendo di Bologna, nell’ immaginario collettivo la parola “Polizia” viene associata alle gesta della banda della Uno Bianca che insanguinò la provincia di Bologna dal 1987 al 1994 con parecchie rapine spesso condotte con una violenza inaudita a fronte dell’ esiguo bottino, banda composta nella quasi totalità di poliziotti (cinque dei sei componenti, l’ altro era il fratello del capobanda Roberto Savi). Un mio amico concittadino (che da bravo raccomandato) aveva prestato servizio di leva nella sua città presso il comando di Polizia Ferroviaria che occasionalmente prestava personale per la sorveglianza della Questura mi riferì che Roberto Savi venne declassato (trasferito dal reparto mobile ai servizi interni in centrale operativa) per avere portato in questura un extracomunitario arrestato chiuso dentro il bagagliaio della macchina, a suo dire “per evitare di sporcare l’ abitacolo con certe persone”, ottenendo il plauso dei colleghi. Sfoggiava un tenore di vita splendido (Lancia Thema nuova fiammante, orologi Rolex, portafoglio sempre pieno) impossibile da mantenere con il proprio stipendio da sottufficiale in polizia senza che nessuno nutrisse sospetti, circondato invece dall’ ammirazione dei colleghi. Il tutto risulta ampiamente negli atti processuali, sia quello tenuto dalla Procura di Bologna nei confronti dei membri della banda della Uno bianca, sia quelli della Procura di Genova e della Corte di Cassazione per i fatti del G8 di Genova. A.C.A.B., all cops are bastards, tutti i poliziotti sono bastardi urlavano negli anni ’70 gli skinheads inglesi alle forze dell’ ordine. Nel 2012 è stato il titolo di un film di Stefano Sollima tratto da un libro scritto dal giornalista del quotidiano “La Repubblica” Carlo Bonini. E’ incontrovertibile che mentre altri reparti di polizia giudiziaria come l’ Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza riescono a condurre un efficace lavori di investigazione, prevenzione e tutela dell’ ordine pubblico sempre in maniera efficiente, precisa, efficace e lontana da polemiche, la Polizia di Stato porta ormai sulla coscienza una striscia di fatti  che ne inficiano l’ autorevolezza e il rispetto da parte dei cittadini. Non ho nulla contro i poliziotti, ma se nell’ occasione della nomina del nuovo capo della polizia che dovrà sostituire il defunto Antonio Manganelli dovesse essere deciso un maggiore controllo da parte dei vertici (sia nazionali che territoriali) sull’ operato e sul contegno dei propri agenti di polizia che deve essere improntato alla tutela del cittadino prima che ad una discutibile solidarietà corporativistica tra colleghi, potrebbe essere l’ occasione per restituire alla Polizia di Stato l’ immagine che dovrebbe avere e che merita. Non tutti i poliziotti sono cattivi, anzi molti sono bravi.Ma alcuni di loro troppo facilmente eccedono in comportamenti più tipici da sceriffi del Far West che da istituzione in un paese civile e che hanno leso la fiducia e il rispetto del cittadino comune nei confronti della Polizia di Stato.