LIBIA. QUANDO IN GUERRA VINCONO I CRIMINALI. ALMENO 60 CIVILI MORTI SOTTO LE BOMBE
Non dovrebbero oramai sussistere dubbi. I morti civili massacrati in un bombardamento aereo “anonimo” in Libia sarebbero vittime di un attacco delle truppe di Bengasi, comandate dal generale Haftar, supportate da consiglieri (si dice così dall’attacco dell’imperialismo Usa in Vietnam) degli Emirati Arabi Uniti. Le vittime erano ospiti di un centro di raccolta dei profughi, quelli su cui si discute se siano assimilabili ai lager al 90 o solo al 50%. Quello che è certo è che molti di loro, numerosi i bambini e le donne, hanno posto termine alle loro soffeernze. Qualcuno ieri notte diceva fossero 40, stamattina 60, ma il numero pare destinato a crescere. L’attribuzione del crimine, per qualche ora, pareva incerta. Ma mano a mano che le cose si chiariscono i dubbi tendono a svanire. Haftar era furioso per essere stato cacciato da un centro strategico fondamentale come la cittadina di Gharian. Vendetta voleva e vendetta ha avuto. Curioso, passando sul versante opposto, che un centro per 200 migranti fosse posizionato a poca distanza da un obiettivo rilevante come una base militare. Risulta peraltro che Haftar conoscesse la cosa avendo già preso di mira quell’obiettivo. Come dire che si tratta di un crimine di guerra portato avanti consapevolmente da una delle parti in lizza (così lo definisce lo stasso inviato dell’Onu in Libia Salamé). I militari che hanno subito l’attacco non avevano però fatto nulla per evitare effetti collaterali. Cosa volete che sia, qualche civile massacrato in più, è un’antica usanza parcheggiare i carri armati nelle vicinanze degli ospedali. La guerra è da tempo anche una guerra mediatica e quando è il momento opportuno ogni morto civile in più può “fare brodo”, tanto per i buoni che per i cattivi. Reazioni umanitarie a geometria variabile. Immediata quella di Salvini, memore del fatto che dietro Haftar ci sono i francesi. Vedremo come reagiranno, appena capiranno cosa è avvenuto, coloro che sottolineano la vicinanza di Haftar ai russi, agli egiziani, ai sauditi e sotto sotto anche agli statunitensi e agli israeliani. Per contro si attendono reazioni anche da chi sottolinea come Serraj è vicino alla Turchia e ai Fratelli musulmani, oltre a godere dell’appoggio Onu e della nostra simpatia per ragioni petrolifere. Sullo sfondo Trump a sfogliare la margherita per decidere con chi stare. Certo che questi libici sembrano farlo apposta a spiazzare mezzo mondo. Ci eravamo messi con Tripoli pensando di avere con noi Usa e Onu e ci siamo ritrovati con Erdogan. Abbiamo provato a proporci come mediatori, quando pareva, ai superesperti in materia, che Haftar potesse entrare a Tripoli in una marcia trionfale. E sono due mesi che non riesce a sfondare, contro un nemico che non si appoggia alle truppe delle Nazione Unite, ma alle molto forti e poco umanitarie bande di Misurata. Che devi mai fare per vincere una guerra combattendo il meno che puoi? Bisognerebbe chiedere chiarimenti agli esperti sul campo, magari alle donne che stanno morendo nei campi profughi. Fate in fretta, prima che crepino tutte di stenti, di violenza e di bombe. Il nostro ministro Moavero propone di trasferire i profughi e metterli sotto la protezione Onu. potrebbe essere una buona idea e poteva essere migliore se lo si fosse fatto prima. Va beh che queste cose fanno meno audience di quanto avviene a Lampedusa e dintorni, ma anche i morti di colore, se li gestisci come si deve, possono far aumentare le visualizzazioni. Ultime notizie. Haftar riconosce di essere stato lui, ma di essersi sbagliato. Chissà cosa sarebbe successo se avesse mirato giusto.
