IN CARCERE PER 22 ANNI, ACCUSATO INGIUSTAMENTE. CHIEDE ALLO STATO 69 MILIONI DI EURO.

IN CARCERE PER 22 ANNI, ACCUSATO INGIUSTAMENTE. CHIEDE ALLO STATO 69 MILIONI DI EURO.

E’stato in prigione per 22 anni, con l’accusa di aver partecipato alla strage della caserma di Alcamo Marina, Trapani, dove morirono due carabinieri.  Ma un particolare era sfuggito:  era innocente. Cosi è stato assolto, Giuseppe Gullotta.  L’uomo ha  55 anni  e gli ultimi 22 li ha trascorsi in carcere. Gulotta, era stato infatti condannato all’ergastolo dopo un tortuoso iter processuale. Una grossa fetta della sua vita è andata a rotoli ed è stata rovinata. Proprio per questo ora l’uomo chiede allo Stato69 milioni di euro come risarcimento.“E’ una cifra molto alta che a stento riesco a pronunciare  – ha detto Gulotta — Ma ciòche mi è stato tolto è incalcolabile.Penso a tutte le occasioni mancate, alle opportunità della mia vita andate in fumo. All’epoca della condanna definitiva, nel lontano 1990,ero un bravo muratore, avevo una ditta individuale ben avviata che fatturava circa 100 milioni di lire all’anno. Nel 1976, invece, prima dell’omicidio dei due carabinieri, avevo fatto domanda per la Guardia di Finanza e c’erano buone possibilità che mi prendessero. Poi mi accusarono e svani tutto”. Secondo l’avvocato di  Gulotta, l’uomo ha subìto un danno patrimoniale, che comprende la perdita dell’attività lavorativa, la rinuncia a tutte le chances professionali, oltre all’entità dei contributi previdenziali versati. Ma soprattutto danni morali ed esistenziali.  Inizialmente, la Corte d’Assise di Trapani aveva assolto l’imputato, ma  la Corte d’Assise di Palermo, ribaltò il verdetto e lo condannò all’ergastolo. I legali ricorsero in Cassazione, la  condanna fu annullata e gli atti furono trasferiti a Palermo, ad altra sezione. Arrivò una nuova condanna all’ergastolo per Gulotta. Stessa decisione fu presa successivamente dalle Corti d’Appello di Caltanissetta e Catania. Nel 1990, il verdetto : la sentenza divenne definitiva: l’ergastolo. Un duro colpo,  che però non fece mai smettere di sognare Giuseppe.  L’uomo in tutti questi anni ha lottato per far emergere la verità, tramite i suoi difensori, Saro e Pardo, che lui chiama “Angeli custodi” . I suoi avvocati, infatti,  hanno cercato e trovato nuovi elementi per far riaprire il caso. Una prima istanza di revisione del processo presentata a Messina fu annullata. I legali si rivolsero ancora una volta in Cassazione, che alla fine ha  accolto la revisione inviando gli atti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria. Fino all’assoluzione definitiva. L’uomo è sposato con Michela ed ha un figlio. “ Avevo appena diciotto anni quando mi arrestarono – racconta il protagonista di questa lunga odissea –   Ho passato tante ingiustizie, dalle botte, alle minacce, costringendomi, a confessare quello che non avevo commesso.Ora ne sono fuori, ma ho perso tanto della mia vita e di ciò che amo e nessuno potrà mai più restituirmi queste cose”.