OSH SI RICONOSCE GIÀ DAL NOME, BREVE E IMPASTATO DI ESOTISMO
Calda, polverosa, sorprendente. Osh si racconta già nel nome, breve e impastato di esotismo. Ora scrivo da una camera del Grand Hotel, che la Lonely descrive come bisognoso di rinnovo e che è stato appena rinnovato. Al nostro arrivo siamo stati fotografati dal personale: primi clienti! Bice (per chi non lo sapesse Bice la Vice è la moto che quest’anno ha preso il posto della Poderosa) è stata messa a riposare in un angolo accanto all’imperiale sovietico ingresso ma a cento metri, qua sotto, tutto precipita nel crogiuolo del bazar, uno dei più belli e autentici che io abbia mai visto. Realizzato con un intrico di lamiere e pali a cavallo del fiume che taglia la città, sembra uno stomaco che rumini di tutto, dai volti scolpiti da mille etnie diverse a tipicità che ancora vivono autentiche nei cappelli, nei veli, nelle acconciature, nei monili, nelle barbe, nei colori. E anche lo sporadico turista qui viene assorbito dalla digestione cittadina. Fuori del labbro del fiume la città sembra essere una astrazione educata e quasi senza senso.
