KIM NOVAK, UN RICORDO BERLINESE DA VERTIGINI: ANZI, DA “VERTIGO”

KIM NOVAK, UN RICORDO BERLINESE DA VERTIGINI: ANZI, DA “VERTIGO”

E dopo Wilder e Lemmon, nel 1997, l’Orso d’oro alla carriera fu assegnato a Kim Novak. Pensate come erano diversi i festival del cinema: invece di blindarla e di farcela vedere da lontano in conferenza stampa, il festival – evidentemente con il placet suo e dei suoi agenti – consentì ai giornalisti che ne avevano fatto richiesta di incontrarla. La signora, allora, non lavorava più: l’ultimo film noto era stato “Assassinio allo specchio”, nel 1980, poi qualche filmetto dimenticato. Forse l’Orso era un’occasione per risentirsi un po’ al centro dell’attenzione. Se cercate oggi Kim Novak su google/immagini, trovate fotografie che fanno male al cuore. La signora è ancora viva, ha 84 anni (è del 1933) – ed evitiamo battute sulla “donna che visse due volte”. Già vent’anni fa era robustamente restaurata, diciamo così, e la cosa che mi colpì maggiormente furono le mani, molto grandi – un po’ alla Gianni Morandi, via – e deformate dall’artrite. Quando entrai nella stanza d’albergo dove l’avremmo intervistata, si alzò per salutarci – eravamo tre-quattro giornalisti, un gruppo ristretto – e fui colpito dall’altezza. Poi guardai meglio, e i tacchi erano notevoli: comunque imdb la dà alta 1,68 ed è in ogni caso una donna imponente. In realtà avevo già “incontrato” Kim Novak a Berlino tredici anni prima: nel 1984 la Universal aveva riproposto per la prima volta dopo anni cinque capolavori di Hitchcock che erano rimasti bloccati per motivi di diritti. Li si rivedeva sul grande schermo, per molti – quorum ego – era la prima volta. Si trattava di “Nodo alla gola”, “La congiura degli innocenti” (delizioso!), “L’uomo che sapeva troppo”, “La finestra sul cortile” e appunto “La donna che visse due volte”. Come perderseli? E tredici anni dopo, eccola qui davanti a me, la bionda che fa impazzire Jimmy Stewart (e non solo lui) in quel capolavoro! Emozione forte, come negarlo? Fu inevitabile parlare di Hitchcock. E fu una sorpresa: a differenza di altre attrici come Grace Kelly e, soprattutto, Tippi Hedren che hanno sempre divulgato di Hitchcock un’immagine manipolatrice e lievemente perversa, Kim ne parlava come un compagno di lavoro simpatico, gentile e che – incredibile a dirsi! – aveva lasciato a lei e a Stewart, disse, “molta libertà nel comporre i nostri personaggi e nel gestire determinate scene. Non credo sia il mio ruolo migliore, ma sono felice di aver partecipato a un film che è considerato un capolavoro; e comunque ci sono almeno un paio di scene in cui sono fantastica”. Sottoscrivo. Due ultime cose sul suo nome. Una la sapevo: Kim è un nome d’arte, lei si chiama Marilyn Pauline Novak: le cambiarono il nome… sì, per il motivo che state pensando: che stava venendo fuori un’altra Marilyn, altrettanto bionda e sexy, e si volevano evitare equivoci. Una la imparai da lei: il suo cognome si pronuncia, o almeno lei lo pronuncia, Novàk, con l’accento sulla “a”. E’ un cognome ceco: i suoi genitori erano entrambi europei dell’Est. La foto che pubblico è come io non l’ho vista, ma come mi piace pensarla. All the best, miss Novak.