SI IMPICCA A 9 ANNI. ERA VITTIMA DEL BULLISMO.

SI IMPICCA A 9 ANNI. ERA VITTIMA DEL BULLISMO.

Un bambino inglese di nove anni si è impiccato. Era vittima dei bulli.  La tragica notizia ha fatto in poche ore il giro del mondo . A quanto riportano alcune fonti, il bambino, Aaron D. era preso di mira da alcuni compagni di classe.Nessuno si era mai accorto di nulla? La madre, intanto, l’ha trovatoimpiccato nella sua cameretta e, sconvolta ha tentato di salvarlo, con unadisperata  corsa in ospedale.Ventiquattro ore dopo, il bimbo è morto.  I familiari, in un’intervista al  quotidiano inglese  “Daily Mail”, hanno raccontatoche il figlio, nuovostudente della scuola,  era datempo vittima di alcuni bullie che questo tragico gesto siastato dettato  dall’incapacità di reagire e poter tollerare le angherie quotidiane.  La scuola, nonostante si sia detta dispiaciutae abbia dimostrato vicinanza alla famiglia, per il grave lutto, ha ancherisposto  dicendo che le accuse all’istituto, lanciate dalla famiglia, sono “infondate” e che il minore, dopoun difficile periodo iniziale, si  eraben integrato nella classe. La storia di Aaron, che erail maggiore di due figli, ha commosso il mondo intero. Tanti imessaggi di solidarietà alla famiglia, soprattutto dopo che la nonna,ha deciso  di lanciare un messaggio su Facebook, contro il bullismo, postando una foto del piccolo . Unatragica fine che si poteva evitare? Anche in Italia sono accaduti fatti delgenere. Ragazzini che, in preda alle angosce interiori, vittime di angherie daparte di coetanei studenti o compagni  di giochi, si tolgono la vita. Nondimentichiamo, tanto per citarne uno a caso, il tragico suicidio, l’anno scorso,di un ragazzino romano che, deriso “Virtualmente” sui social network, per uno smalto e additato come gay, ha deciso di farla finita. Gli insulti reali, fanno male, ma anche quelli virtuali. Come si fa ad evitare tutto ciò? Spesso, sono le famiglie, le prime ad essere accusate, di non capire, di non essere state troppo presenti.Ma non si può colpevolizzare una “madre” o un “padre”, sempre. E’ vero, a volte le famiglie “ non danno un’ educazioneesemplare” e può capitare che i ragazzini siano “ giustificati”, travirgolette ovviamente. Altre volte nonostante   si cresca in un ambiente poco affidabile, la scuola, le giuste amicizie, riescono a “salvare” i cosiddetti “bulletti”.  Ma ci sono anche casi di famiglie che parlano, dialogano di continuo con i propri figli e non riescono a capire quantodietro a  un’ apparente felicità, si celinoombre e drammi interiori. Ma come colpevolizzare una madre? Dovrebbe essere la scuola, in primis,  che non dovrebbe soloistruire culturalmente,  ma dovrebbe  sancire una vera e propria “Sana educazione alla legalità”, obbligatoria.  Alcunescuole, da un po’ di anni, mirano sempre di più a questa sana educazione, con  convegni, dialoghi con figure professionali,come lo psicologo. Ma a quanto pare non basta. Allora  vogliamo prendere dei seri provvedimenti? Ma come? Dobbiamo pensare che i social network siano la rovina degli adolescenti? E nella vita reale, allora, perché ci si insulta, ci si prende in giro e ci si porta a non poter più sopportare il peso angosciante di sentirsi inferiori, “diversi”, solo perché te lo fanno credere. Dovrebbero proprio essere i giovani:  “ I veri Paladini  della giustizia”. Ma come si fa a rivoluzionare un mondo intero, con una sana educazione alla legalità? Io ancora, non trovo una risposta.