AVANCES, NON SONO MAI COMPLIMENTI

Molestie. Adesso è un’onda. Un’onda d’urto che mette al centro il lavoro: perché è lì che la molestia è segno di potere, è lì che le donne subiscono odiosi ricatti. Come puoi (o potevi) ribellarti alla battuta oscena del capo, alla sua mano morta, mentre tutti intorno ne ridono, si mostrano compiacenti? Alle sue avances… alle sue mani. Sì, in Italia l’esplosione del “caso Hollywood” sembrava lasciasse indifferenti, donne e uomini. Là incominciavano a cadere teste illustri accusate di “quello che tutti sapevano” e che non era mai stato denunciato. O che era stato archiviato. Noi abbiamo avuto, diciamola così, una metabolizzazione lenta. Ma ora l’onda è partita. Le manifestazioni in piazza, il giorno di San Valentino, l’8 di marzo. Le lettere delle attrici e delle registe e quella delle giornaliste. E poi i passi avanti. È stato importante l’affollatissimo incontro al sindacato dei giornalisti (la gente mandata via, troppa affluenza): lì la presidente della Rai Monica Maggioni ha preso impegni, lo ha fatto il direttore della maggiore agenzia di stampa italiana, Luigi Contu dell’Ansa (“All’Ansa è nato un gruppo di lavoro tra le colleghe che sta lavorando su queste tematiche per offrire nuovi strumenti di riflessione sul linguaggio da utilizzare, perché quando sbagliamo noi, sbagliano in tanti”), lo hanno fatto i direttori della Stampa Maurizio Molinari e la direttrice del Tg2 Ida Colucci, donne e uomini responsabili dell’informazione. E donne e uomini dell’informazione in sala: non solo le donne. Il sindacato Rai, l’Usigrai, ha illustrato quello che è il primo accordo aziendale su questi temi nell’editoria: un codice di comportamento contro le molestie sessuali. Perché nei giornali non è diverso che in fabbrica o nell’Università. Un documento finale delle giornaliste e dei giornalisti senza equivoci: “Chiediamo a tutti, colleghe e colleghi, a partire dalle direttrici e direttori, un impegno chiaro a moltiplicare inchieste, cronache, approfondimenti su questi temi; scoperchiare la realtà delle discriminazioni, parlare di parità come opportunità economica del paese; e ancora dare voce a esperte donne”. Siamo stati capaci, come giornaliste e giornalisti, a portare alla coscienza comune un tema tremendo come quello del femminicidio. È ora di farlo con le molestie, una delle prime grandi discriminazioni sul lavoro, in tutti gli ambienti, purtroppo senza esclusioni. Per questo, per incominciare a gettare ponti, per sentire altre voci, alla Fnsi non c’erano solo giornalisti (tra cui la corrispondente del New York Times, Gaia Pianigiani, che ha raccontato le inchieste, battagliere, e i centri d’ascolto che ora si organizzano nei giornali Usa): ecco allora la regista Cristina Comencini affermare “Questa battaglia ci ha sorprese tutte e tutti, e non l’ha fatta il femminismo storico perché allora era già un lavoro essere femministe”, e la filosofa Francesca Izzo ragionare come “le molestie sono il corrispettivo della violenza all’interno delle mura domestiche. Accade ovunque, perché la molestia non è frutto di desiderio sessuale ma è un atto di potere, le donne sono entrate in luoghi dove non erano previste”. L’onda è arrivata in tv, Riccardo Iacona ha dedicato una importante trasmissione al tema delle discriminazioni e delle molestie. Al cinema, con “Nome di donna” di Marco Tullio Giordana. È questo il film intorno al quale sabato scorso si è allargata ancora la discussione alla Casa del Cinema di Roma, per iniziativa di SeNonOraQuando-Libere. Titolo: “Non chiamateli complimenti”.