CORI RAZZISTI. LA VERGOGNA DEGLI STADI CONTINUA

CORI RAZZISTI. LA VERGOGNA DEGLI STADI CONTINUA

Ormai in certi stadi si va non per gustarsi la partita, e non conta che la “squadra del cuore” abbia acquistato uno dei più grandi calciatori del momento, con una rosa di giocatori che la mette a riparo dalla concorrenza, nettamente inferiore per i valori che poi si vedono sul campo.Non conta poi più di tanto che la propria squadra dia spettacolo, che vinca. Dall’eccellenza nello sport si passa all’inciviltà della cornice, un contrasto netto e disgustoso per i contenuti che eufemisticamente vengono etichettati testualmente “discriminazioni territoriali” omettendo ipocritamente di chiamarli con il loro nome: espressioni del più becero odio razziale. Espressioni che non richiedono la presenza dei soggetti ai quali inviano ogni genere di invettiva, un modo come un altro per azzerare le distanze chilometriche ma anche un modo per qualificare la loro inciviltà sfogando così ogni genere di frustrazione. Il momento politico poi non aiuta, anzi inasprisce i toni, li legittima quasi. Tutto questo in risposta al coach della squadra che è costantemente nei “pensieri” degli autori di certe manifestazioni, Carlo Ancelotti, “colpevole” forse di aver richiesto, nel caso si fossero verificati di nuovo certi atteggiamenti verso la propria squadra e la città di Napoli, soltanto l’applicazione del regolamento arrivando persino alla sospensione della gara in corso, una risposta che lascia intendere l’intenzione di continuare a comportarsi in questo modo. Il fatto sportivo è evidente che non c’entra più, come detto la superiorità di questa squadra, la Juventus per chi non l’avesse capito, è tale che non dovrebbe giustificare timori di sorta. Ma se non è paura dell’avversario allora non può essere che inciviltà unita a razzismo gratuiti. E non ci vengano a dire che sono i soliti pochi perchè i cori sentiti ieri pomeriggio, come ormai avviene quasi ovunque, a Torino e a Udine erano ben udibili ed opera certamente di un robusto numero di persone. Sarebbe ora di finirla e di ritornare allo sport, quello vero, quello che unisce e non divide, ma per fare questo bisognerebbe essere prima di tutto persone civili. Giusta e finalmente decisa la reazione di Gravina, presidente della F.I.G.C. che invoca provvedimenti seri e concreti. Staremo a vedere. Per giunta silenzio assoluto dalle società implicate, un tempo ci si dissociava da questo “modo di tifare”, adesso neppure più quello come se tutto fosse passato nella “normalità, e questo non aiuta di certo a quella “rieducazione” di cui si parla (?).