QUELL’UOMO DAL DEBOLE SORRISO CHE NESSUNO CONOSCE

QUELL’UOMO DAL DEBOLE SORRISO CHE NESSUNO CONOSCE

Questa è una storia che vorrei raccontare da tempo. Ma non l’ho mai fatto, e non l’ho fatto per tanti motivi. Il primo è che temevo, e temo, qualcuno possa identificare la persona di cui parlerò. Il secondo è per un pudore strano. Ne ho il diritto? Non ce l’ho? Il terzo motivo è che non mi piace raccontare qualcosa che verrebbe scambiato per una denuncia sociale ma che è prima di tutto un enigma che può nascere solo in tempi di indifferenza come questi.Ma ora ho deciso di raccontarvela, questa storia: che non è una piccola storia. È molto di più. Non è un racconto dell’emarginazione, è altro ancora. Non è la certificazione dell’indifferenza, è la dimostrazione che questa società empatica e connessa, non è in grado di capire e non è in grado di leggere il mondo nel momento in cui questo mondo esce dai quattro schemi che una narrazione di questa società ci riserva da tempo.Ora io lo so che forse qualche curiosità a questo punto l’avete. Ma non era questo che volevo. Il prologo è necessario, Se qualcuno riuscirà a identificare il luogo e la persona si astenga dal commentare e dal dirlo, perlomeno pubblicamente: sarebbe fuori luogo, scorretto.Comincia tutto nel luglio 2014. Nel luglio 2014 cambio casa e vado ad abitare in una nuova zona. Poco distante da casa mia c’è un supermercato, un discount. È una zona borghese, tranquilla, con un po’ di verde, ristoranti, bar, gelaterie, non è un luogo di movida, dopo una certa ora c’è poca gente. Pochi giorni dopo essere arrivato e dopo essermi ambientato mi sono accorto che all’angolo della piazza, sotto casa, c’è sempre un uomo. È un uomo abbastanza giovane, non credo abbia più 35 anni, ma è difficile capire l’età. È un uomo di colore, non ha fissa dimora, veste in modo logoro, non si muove per il quartiere, non approccio mai nessuno, e nessuno parla con lui. Sta fermo, in piedi per lo più, nel suo angolo. Non ha un cappello dove raccoglie le monete, non ringrazia le persone quando gli lasciano qualche moneta, perché nessuno gli fa l’elemosina. E il motivo è semplice: non la chiede e se qualcuno osa dargli una moneta o va in escandescenze, o come ha fatto l’altro giorno, la butta in un tombino. Un alcolizzato? Neanche un po’: non beve. Ti tanto in tanto entra al discount e compra una bottiglia di tè freddo, o di chinotto, e paga alla cassa come tutti. Poi torna al suo angolo, e qui c’è la seconda stranezza, e disegna. L’unico luogo dove ogni tanto entra, oltre al discount, è la tabaccheria di fronte, ci va per comprare dei quaderni, penne e matite. Scrive, e disegna di continuo. Cosa? Non riesco a capirlo, una sola volta sono riuscito a sbirciare e sembrano segni di un alfabeto che non esiste, come fossero ideogrammi inventati da lui. Questo accade ogni giorno, feste comandate incluse, da almeno cinque anni. Dopo le prime volte che lo vidi mi accorsi di una cosa incredibile: che appariva persino nella Street View di Google Maps. Là, nella foto della strada, c’era lui in piedi nel luogo dove sta di solito.Chi è quest’uomo? Nessuno nel quartiere lo sa. Si capisce che parla in inglese. Nient’altro. Ma raccontata così la storia può apparire semplicemente curiosa, eccentrica. In realtà è drammatica. Quest’uomo, che non è un mendicante e che non rivolge la parola mai a nessuno, che nessuno conosce è folle. Quando non sta in silenzio a scrivere e disegnare ride per ore, senza ragione, alle volte alterna il riso a un pianto disperato. Mi dicono che quando sta peggio lo ricoverano. Lo tengono due giorni, e poi torna al suo posto: con la sua risata che la mattina alle 6.00 o le sere fredde d’inverno ha qualcosa di inquietante. Attorno a quest’uomo c’è una comunità che non vuole capire chi sia, persino in chiesa non sanno nulla di lui. Nessuno conosce il suo nome, nessuno sa qualcosa della sua sofferenza, di quella risata alternata ai pianti, di quei disegni, di quelle parole sconnesse, più che altro urla, che dice a se stesso senza che nessuno capisca. Nessuno che in almeno cinque anni, ma potrebbero essere molti di più, abbia provato o cercato di trovare una soluzione a questo mistero e a questo essere umano senza passato, perso nella sua mente, a pochi metri da un mondo che si è abituato a lui, perché tanto è lì da sempre, e ogni giorno. E che non si domanda nulla. Se non quando dà in escandescenze; allora tutti i negozianti dicono: è sempre peggio. E gli passano più lontani, perché non si sa mai, mentre lui continua a non guardarti, con quegli occhi che sembrano accendersi solo davanti ai suoi quaderni, solo quando scrive e disegna qualcosa di cui sa soltanto lui. Con quel debole sorriso che sembra non abbandonarlo mai, e che nulla ha a che vedere con il più lontano pensiero di una qualche felicità.