SCOZIA. NUOVO REFERENDUM PER RESTARE IN EUROPA
DI ALESSANDRO ALBANO (nostro corrispondente da Londra) Londra. Rimanere nel Regno Unito, e seguire l’Inghilterra in quella che si profila come una “hard Brexit”; oppure scegliere la strada dell’indipendenza e dell’Europa. Ipotesi, la seconda, che il premier scozzese Nicola Sturgeon ha indicato come possibile realtà tra autunno 2018 e primavera 2019; rispettando in questo modo le tempistiche delle negoziazioni tra Londra e Bruxelles. Il referendum invocato dal Primo ministro questa mattina, sarebbe il secondo dopo l’ultimo, perso, di appena due anni fa. Il contesto allora era tuttavia, diverso. Il Regno Unito era ancora stabile in Europa e un’eventuale uscita dal Regno avrebbe significato il rischio di possibili complicazioni anche nel mercato unico. Ora, le circostanze si sono ribaltate. Dire no all’Inghilterra, potrebbe riaprire le porte dell’eurozona. Questione affatto non scontata. Dopo il voto dello scorso giugno, la Scozia avrebbe comunque bisogno dell’approvazione degli Stati membri per il ritorno nel mercato comunitario, che potrebbero però porre il veto e bloccare il processo di rientro. Al centro, le posizioni contrastanti dei due governi in merito all’Europa e alla Brexit. Nicola Sturgeon ha infatti accusato Londra di aver rifiutato di discutere la possibilità dell’accesso al mercato unico per Edimburgo; non rispettando così il voto del 62% della popolazione scozzese a favore dell’Unione europea. “Ogni pretesa che il Regno Unito fosse una collaborazione tra Stati eguali, è ora sepolta” ha detto il premier scozzese, “non c’è stato nessun tentativo per informare il governo scozzese della possibile notifica dell’articolo 50 entro martedì”. “Il governo inglese – ha poi continuato – non ha mosso un dito per raggiungere un compromesso o un accordo. I nostri sforzi in questo senso sono stati messi sotto il muro dell’intransigenza”. La proposta del premier che i cittadini saranno chiamati a votare, riguarda la piena adesione della Scozia come membro effettivo dell’Unione Europea (“full membership). L’alternativa che si potrebbe profilare, è la cosiddetta “Norway option”: cioè, l’accesso al libero mercato senza però la piena adesione all’Unione. Ipotesi che diventerebbe realtà qualora la maggioranza degli elettori pro-indipendenza continuasse a mostrare un certo scetticismo nei confronti di Bruxelles. Secondo gli ultimi sondaggi della BMG pubblicati sull’Herald, il 49% degli scozzesi si direbbe in favore di un’eventuale indipendenza; con un terzo della popolazione ancora indeciso. I dati mostrano inoltre come ci sia stato un cambiamento di posizioni tra gli elettori del precedente referendum; il 17% di chi aveva votato a favore della Scozia indipendente nel 2014, voterebbe oggi in maniera opposta. Al contrario, l’8% degli elettori pro-UK voterebbe per l’indipendenza. Da parte sua, Theresa May ha già risposto al premier scozzese accusandola di non lavorare per l’unità e la stabilità del Regno; ma al contrario, di alimentare la divisione attraverso continue e inutili lotte interne. Westminster comunque, ha il diritto di pronunciarsi favorevole o bloccare la possibilità di voto. Scelta, l’ultima, che porterebbe ad una crisi istituzionale e rappresentativa. Questo referendum apre una nuova ed ulteriore stagione d’incertezza nel Regno Unito. In caso di separazione, Londra si troverebbe nella delicata posizione di dover portare a termine i negoziati con Bruxelles e al contempo cercare di tenere sotto controllo i fervori indipendentisti di un’Irlanda del Nord sempre più in linea con la scelte scozzesi.
