DA KHORRAM A ESFAHAN, STUPENDA CITTÁ-OASI A METÁ DELLA STRADA FRA L’IRAN E L’EUROPA

Lo so, le foto più belle sono quelle che non ho scattato. La ragazza con le tre sbaffature tricolori (i nostri stessi colori) sulla guancia destra e le braccia al cielo che grida “Iran!” sullo sfondo del ponte Si-o-seh-pol. La famiglia di cinque persone, tutta su un solo motociclettino 125 cc, che corre e sventola la bandiera sul lungofiume…. “Notte magicaaaa” canterebbe Venditti. Ma è la loro notte: vincendo 1-0 il Marocco nella partita ai Mondiali di Russia l’Iran è primo nel suo girone. H., il guerrigliero dell’Ypg che ho conosciuto a Hamadan, mi scrive via wp: “We win Arabia lose again”. Gli auguro di poter vincere così tutte le guerre, con un pallone in campo e un arbitro a fischiare falli e rigori. Il Ramadan non poteva finire in modo migliore. A mezzanotte le strade di Esfahan erano piene di gente. Piena anche la pizzeria italiana che su Chaar Bagh Abbasi vende vera pizza col pollo alla bologhese. Ho preferito il digiuno.Questo è un altro Iran. Ho lasciato Khorramabad ieri mattina e ho abbandonato dunque anche le pietre, le asprezze della terra, i colori rossi e rosati delle montagne kurde. Sono entrato in un mondo di terre sfarinate, di sabbie, di colori di gesso. In cima al passo di Chariveeh Shab è stato come aprire una porta e chiuderla dietro le spalle, poi è stato un planare lento, progressivo, verso il basso. Addio popolo delle montagne, anche se so che ha continuato a guardarmi a lungo, mentre per trecentomila chilometri mi spingevo a sud tenendo sulla destra, nebbioso di polvere, il profilo degli Zagros. Alto, sull’orizzonte di Aligodarz, il picco innevato dell’Oshtoran Kuh, oltre i 4000, poi nulla. Gli ultimi rivoli di acqua dei monti si sono impantanati nelle piantagioni di riso. Le case, non più di pietra, hanno incominciato a impastarsi di fango e di paglia e ad assumere il colore del deserto.Ho interrotto la scrittura per andare a fare colazione al piano terra dell’Hotel Part, qui a Esfahan, e ho fatto bene perché si stanno mangiando tutto. Ieri non avevo mangiato nulla dopo la colazione a Khorram al mattino, avevo solo bevuto. E ho capito che, ramadan o meno, se uno fa la loro vita e vive in questo clima, di giorno non butta comunque giù tanto cibo. Sto certamente dimagrendo, avrò perso già qualche chilo, ma sto benissimo. Mi asciugo, respiro. Una dieta così, fatta di emozioni, incontri e chilometri, la consiglierei a chiunque, davvero. È un bellissimo modo per rimettersi in forma.All’inizio non volevo fermarmi a Esfahan, volevo saltarla per andare a Nain, prima del balzo nel deserto centrale, quello che sarà il tratto più desolato del viaggio, quello in cui non so se avrò internet mai e che comunque, forse, troverà nel silenzio il suo modo più giusto per essere raccontato, perché raccontare il nulla è una delle cose più difficili che ci siano. Ci pensavo già ieri, ancora in altopiano prima di scendere sulla città. Il nulla, la polvere, il sole e l’indefinitezza degli orizzonti, già mi annunciavano lo sforzo futuro. Il silenzio, l’impossibilità di fermare in una immagine quel che diventa solo una sensazione, il ritmo di un passo che ripete se stesso infinitamente, ieri le carovane di cammelli, oggi un motore. Ce la farò? O, sssst……, sarà stando muto il modo migliore per dire? Vedremo.Intanto ora mi propongo una giornata svagata, da vero turista, in questa stupenda città-oasi a metà della strada fra l’India e l’Europa. Farò anche un po,’ di bucato, perché la polvere pian piano sta facendo cambiare colore a tutto quello che indosso. La polvere, il sole, la strada. Si cambia, oh se si cambia, quando si viaggia davvero, quando si sfiora la terra, quando si incontrano gli uomini. A dopo. Salam aleikum