SIFF, SOPHIA, SORAYA, SAPHIRIA, SPERANZA MAI ESAUDITA

SIFF, SOPHIA, SORAYA, SAPHIRIA, SPERANZA MAI ESAUDITA

Ne avrei voluto parlare la settimana scorsa e mi è sembrato persino un po’ vigliacco scrivere d’altro, fuggendo in parole di leggerezza… dopo aver letto di quel padre che ha detto basta a questa vita portando via da questo mondo i suoi quattro bambini. Faycal Haitot, venuto dal Marocco a costruire il suo futuro nel nostro paese, dove la sua famiglia aveva iniziato a crescere… Una storia terribile, così terribile che mi si è soffocata in gola. Lasciando solo, ossessiva, l’immagine immaginata di quei loro corpi, tutti in fila su un grande letto… Faycal Haitot, e Siff , Sophia, Soraya, Saphiria. Di loro, dopo l’enfasi commossa del primo giorno, oltre che qualche pagina locale, già non parla più nessuno…Eppure bisognerebbe ancora provare a trovare le parole, a raccogliere il filo di un pensiero, perché è vicenda che tanto racconta della realtà di persone che fanno parte, ci piaccia o no, del nostro presente. Provo a trovare le parole, adesso, che “la notizia” è stata ingoiata dal vuoto ingordo di questo nostro tempo… Intanto per Siff, Sophia, Soraya, Saphiria, undici, sette, cinque e tre anni… che il padre temeva avrebbero potuto togliergli, rendendo definitivamente fallita e misera la sua vita. Quei quattro ragazzini ai quali, raccontano, restava sempre accanto. Bambini nati nel nostro paese, nel nostro paese avviati nella vita, che era solo all’inizio, ma che se le cose fossero andate diversamente, se ne avessero avuto il tempo, ne sarebbero diventati cittadini…Alcune parole, per cominciare, su un incipit d’agenzia. “Dramma della follia”, annunciava… che è espressione che troppo spesso serve ad allontanare da noi la realtà delle cose, quando non vogliamo fermarci a capire, quando vogliamo essere ben sicuri che ci sono gesti che appartengono ad altri, lì ben confinati in un mondo che non ci riguarda, quello della “follia”, appunto… Come se in questa storia non vi fossero ragioni. Ragioni sociali, culturali, umane… Le tante ragioni del gesto del padre, immigrato ‘regolare’, annichilito dalla crisi nera che gli ha portato via lavoro e dignità… e lo strazio che deve essersi portato in silenzio dentro… Ragioni che hanno condotto a quel gesto che non può essere riassunto in una parola che ancora, nel nostro sentire, rimanda a stati di alienazione… Non follia, ma disperazione. Quella sì, e tanta. E la disperazione (mi colpì e l’appuntai, la definizione che ne aveva dato George Eliot) “non è altro che la dolorosa avidità di una speranza non esaudita”. In questa storia, l’avidità, legittima, della speranza di una vita sognata che era già perduta…