LASCIO MASHAD PER TORNARE VERSO OVEST

Stamane ho rivisto le nuvole. Strano notarle, come uno che rivedesse il mare. Le nuvole, banalissime nuvole bianche, erano sparite da quando avevo lasciato i monti turchi. Poi solo sole. Probabilmente è il mar Caspio che si fa sentire. L’aria qui è più appiccicosa, direi anche meno sana.Lascio Mashad domani per tornare verso ovest. Non mi ha fatto impazzire. Il clima, da città santa, è quello di un incessante, formicolante, cammino per la prece, l’estasi della visione del tumulo di Reza e di mille mercanti che vendono ogni gadget per il perfetto pellegrino. Donne, uomini, bambini più o meno intovagliati stringono d’assedio le sacre porte e gremiscono le botteghe di bibite e gelati. Tutto attorno al santuario è un souk polveroso non molto affascinante. Oggi ci sono andato sperando di poter assistere a una esibizione di zurkhane, ma la palestra era chiusa. Lo zurkhane è una sorta di arte marziale iraniana, svolta al suono del tamburo. La mancai a Yazd, volevo recuperare qui. Se ce la fo torno stasera.Se ce la fo, perché appunto, domani parto. Andando verso Tehran prenderò comunque la strada che torna a lambire il Dasht-e Kevir, stavolta a nord. Preferisco questa a quella del Caspio perché meno umida e perché è punteggiata da antichi caravanserragli. Sarò su uno dei tratti più battuti della via della seta