DAVID, MEDICO DI MSF: «VOGLIO DAR VOCE AI DISPERATI DELL’AQUARIUS»

Nove giorni di navigazione e poi l’attracco nel porto di Valencia, in Spagna. La storia della Aquarius, imbarcazione dell’organizzazione Sos Méditerranée con staff di Medici senza Frontiere, respinta dai porti italiani con il suo carico di naufraghi soccorsi al largo della Libia, ha fatto il giro del mondo. A Valencia è arrivata sabato scorso insieme alle navi Dattilo della Guardia Costiera e Orione della Marina militare, sulle quali era stata smistata parte dei 629 migranti. Sulla Aquarius lavora David Beversluis (nella foto sopra), che ha il sorriso dei dottori delle serie tv americane. E americano lo è davvero: nella “vita normale” Beversluis è assistente alla cattedra di Medicina d’urgenza internazionale dell’Università della California meridionale di Los Angeles. Ma David è anche un medico impegnato con Msf. E sull’Aquarius si è fatto tutta la traversata fino a Valencia. Un’esperienza dura e straordinaria nello stesso tempo. Che oggi David sintetizza con questo ricordo: «Una notte mentre camminavo sul ponte per controllare i pazienti, mi sono fermato a parlare con alcuni ragazzi nigeriani. Fissavano un bagliore all’orizzonte, curiosi di sapere se stessimo raggiungendo l’Europa. E si chiedevano la ragione di una sosta così prolungata. Gli ho mostrato sul mio telefono la nostra posizione sulla mappa, eravamo bloccati tra la Sicilia e Malta. Puntando lo sguardo a nord dalla prua potevamo vedere le luci dell’Italia. Guardavano su e di nuovo giù, tra il telefono e la costa vicina: la loro destinazione era finalmente in vista. Sorridevano. Purtroppo, quel sorriso è durato poco, giusto il tempo di ricordarsi di essere alla deriva in un limbo politico, schiacciati tra i Paesi europei. Le loro speranze sarebbero rimaste solamente un debole bagliore all’orizzonte». Le speranze erano di tutte le 629 persone raccolte in mare. «Hanno rischiato le loro vite per raggiungere quell’orizzonte, con l’unico obiettivo di avere l’opportunità di una vita migliore. Le azioni del governo italiano li hanno trasformati in moneta di scambio per giochi politici. La decisione di impedire loro l’accesso a un porto sicuro è in completa contraddizione con il diritto internazionale. E, ancora più importante, lo stallo politico diminuisce il valore di queste persone salvate vulnerabili come esseri umani. È un disonore e una macchia sull’Europa moderna». Lavorare sull’Aquarius può essere molto duro. L’ultimo, lungo viaggio, lo è stato particolarmente. «La notte del primo salvataggio abbiamo fornito le cure salvavita a centinaia di persone tirate fuori da un gommone che stava affondando. Abbiamo rianimato chi era quasi affogato dopo essere caduto in acqua. Abbiamo riscaldato i pazienti che soffrivano di ipotermia acuta, per poi organizzare centinaia di docce calde per pulirli dal carburante e dal sale del mare, prima di dar loro vestiti, coperte asciutte, cibo e un posto dove ripararsi. La maggior parte ci ha detto di essere stato in mare per oltre 20 ore senza mai bere, e i sintomi della disidratazione erano evidenti». Mentre i tempi della salvezza si allungavano, sulla Aquarius lo staff di Medici senza Frontiere continuava a lavorare. «Mentre aspettavamo l’indicazione di un porto sicuro dove attraccare, la nostra équipe ha continuato a curare ognuna delle persone soccorse. Subito dopo il salvataggio, abbiamo aperto la nostra clinica a bordo: abbiamo trattato molti che avevano ustioni chimiche causate dalla miscela di carburante e acqua salata che si accumula sul pavimento dei gommoni. Curato la disidratazione, combinata con stress ed esaurimento, e problemi medici cronici come il diabete, e pazienti con vecchi infortuni, persone che non hanno visto un medico per mesi o anni, mentre erano detenute in condizioni disumane in Libia». Infine la rotta verso Valencia. «Un viaggio di quattro giorni, assolutamente inutile. Con il mare grosso e la maggior parte delle persone che quel mare grosso lo soffriva. Anche se siamo ovviamente grati per aver ricevuto alla fine una destinazione, siamo delusi per essere dovuti andare così lontano con il rischio di un peggioramento delle condizioni di salute di tanti a bordo». Perché racconti questa storia? «Come medico, la mia responsabilità va oltre la semplice cura dei pazienti.Ho anche un evidente dovere di fare sentire la voce dei migranti e fare valere i loro diritti.L’Aquarius e i suoi passeggeri sono finiti sui titoli dei giornali internazionali come parte di un dibattito più ampio sui diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, in Europa e in tutto il mondo. Mentre questo dibattito infuria tra i governi, a queste 629 persone sono stati impediti i diritti di base come esseri umani. Insieme con le équipe di Medici Senza Frontiere e di Sos Méditerranée a bordo dell’Aquarius, mi schiero in solidarietà con loro e faremo sentire la nostra voce per ognuna di queste 629 persone in difficoltà. Hanno rischiato le loro vite per lasciare orrende condizioni da schiavi in Libia, solo per essere lasciati abbandonati in mare. Invece di aprire le braccia per dare il benvenuto a uomini, donne e bambini che soffrono,il governo italiano si è voltato dall’altra parte e ha messo sprezzantemente a rischio le loro vite.Attraverso le loro azioni ciniche, il Ministro degli Interni Matteo Salvini, e il governo italiano hanno sminuito l’umanità di queste persone.Ogni persona che salviamo in acqua è un essere umano che merita dignità e rispetto. È deplorevole che vengano trattati come meno che umani e utilizzati per scopi politici». Le accuse nei confronti dell’Italia sono fortissime. «Forzandoci a intraprendere il lungo viaggio verso la Spagna, il governo ha deliberatamente ostacolato le capacità di ricerca e soccorso in mare della nave Aquarius. Se fossimo sbarcati immediatamente in Sicilia, saremmo già tornati nella zona di ricerca e soccorso del Mediterraneo, pronti a salvare altre vite. Al contrario, mentre navigavamo nel Mediterraneo, le persone continuavano ad affogare nelle acque a nord della Libia». C’è stata una parte di mondo che ha urlato la propria solidarietà, ma David Beversluis grida a sua volta che non basta. «Nonostante il generoso sostegno da parte di molti, il resto dei governi europei ha compiuto progressi pietosi verso la creazione di un sistema che prevenga ulteriori morti nel Mediterraneo. È inaccettabile che l’Europa non abbia implementato un meccanismo efficace di ricerca e soccorso per salvare vite in mare, o che non abbia riformato seriamente il suo debole sistema di immigrazione e asilo. Quando alle persone non è garantita un’alternativa sicura e legale, le si lascia senza scelta se non quella di prendere la via del mare e rischiare le loro vite. Quanti devono ancora morire prima che venga messa in atto una sana risposta umanitaria, prima che vengano presi in considerazione i motivi che spingono persone disperate dentro gommoni fatiscenti? Infine, dobbiamo chiedere a nome di questi uomini e donne messi ai margini, che tipo di società vogliamo essere? Vogliamo assistere svogliatamente inermi mentre le persone affogano, al freddo e sole nel mare, o vogliamo rispondere con un sistema efficace che garantisca alle persone la dignità e il rispetto che meritano? Come medico a bordo dell’Aquarius, considero un privilegio l’avere assistito 629 migranti, infreddoliti, affamati e stanchi. Prendo la mia responsabilità seriamente e parlerò della loro umanità di fronte a governi cinici e ipocriti. Ho visto la loro sofferenza appena hanno raggiunto la nostra nave. Ho ascoltato le storie terribili dei loro viaggi. I giovani nigeriani con cui ho parlato all’inizio di questa settimana, e ogni altra persona che tenta la pericolosa traversata del Mediterraneo, che sia sull’Aquarius o meno, desidera disperatamente scambiare gli incubi che hanno vissuto per sogni più grandiosi. È tempo che l’Europa si assuma finalmente la responsabilità di proteggerli, spingendosi verso l’orizzonte a braccia aperte».