STRAGI NEGLI USA. TRUMP SE LA PRENDE COI PAZZI

Morti a catena nel weekend passato, negli Usa, tra Texas e Ohio. Nel primo attentato chiara la matrice del suprematismo bianco: le vittime (numerosi i messicani), il luogo (un centro commerciale), l’ideologia dello sparatore. Doppio problema per Trump. Giustificare ancora l’uso indiscriminato delle armi. Prendere le distanze da un’ideologia che pervade una parte del suo elettorato. Gente per le strade che rifiuta la sua visita funeralesca, soprattutto dove sono avvenute le stragi, al grido di You’re not welcome. A El Paso città di frontiera col Messico, le autorità denunciano la politica di Trump e si proclamano accoglienti rispetto ai migranti ispanici, a dispetto dei muri. Anche la stampa locale non è certo benevola col presidente in visita. Il nostro pare volere salvarsi in angolo. Prende posizione morbida contro il suprematismo bianco, per la prima volta. Ma subito dopo ribadisce come egli intenda porre un limite all’uso delle armi: vietandole ai pazzi. Il tentativo è quello di prendere tre piccioni con una fava. Contenere con elasticità la tensione che si va diffondendo nel paese contro la componente più reazionaria dei suoi elettori, compresi quelli “grandi”, tipo Bannon, smettendo cioè di negare l’evidenza. Circoscrivere la questione armi e relative stragi a fenomeno di malattia mentale, senza entrare nel merito di chi vada considerato pazzo secondo i suoi canoni. Rafforzare dunque i background checks da effettuare prima della vendita di un’arma. Cercare un terreno allargato di consensi senza rompere con le lobby delle armi ma anche, più in generale, con tutte quelle persone che negli Usa non sono intervenute sulla questione nei modi categorici che ci si saremmo attesi (ricordiamo che durante la campagna elettorale dem fu Hillary Clinton a denunciare una certa tiepidezza in materia da parte di Sanders, forse timoroso di perdere consensi nella sua stessa base). Sullo sfondo le mosse di una non più tanto lontana campagna elettorale (novembre 2020). I sondaggi lo danno sotto la maggioranza dei suoi possibili competitor dem, compreso quel Biden amato più dall’establishment democratico che dal popolo delle urne. Forse è iniziata, per l’estremista Donald. una manovra di spostamento al centro che gli consenta un recupero paragonabile ai tempi del duello con la Clinton. Ma non è detto che dall’altra parte ci sia un’autolesionista come Hillary a consentirgli la rimonta.