LA FAVOLA FELICE DEL BORUSSIA DORTMUND.

Di tanto in tanto, anche in questi tempi di crisi, esistono delle belle favole che emozionano la gente. E che può insegnare tanto ad un campionato di calcio in crisi, indebitato e poco competitivo come quello italiano che, nel ranking UEFA è ormai un campionato di seconda fascia mentre una volta era la mecca del calcio (chi non ricorda il mondiale del 1982, dove con stranieri come Boniek, Platini, Rummenigge e altri tutti i migliori giocatori che avevano disputato le finali giocavano nel nostro campionato. Era già un po’ che avevo notato una squadra che, almeno ai risultati, giocava in maniera alquanto tracotante e baldanzosa anche se la Bundersliga è da sempre un campionato “monocolore”, dominato da una società come il Bayern di Monaco che, causa ottima gestione finanziaria, gestione intelligente del vivaio delle squadre giovanili, ricchi e generosi sponsor e una gestione tecnica oculata vince tutti gli anni lo scudetto e arriva alle finali di Champions League in maniera abbastanza schiacciante. Qualche piccola pausa quando qualche piccola società azzecca le mosse giuste inaugurando piccoli cicli di vittorie: come il Borussia Moenchengladbach che, alla fine degli anni ’70 disputò molte finali dell’ allora Coppa dei Campioni contendendosela col grande Liverpool di Kevin Keegan e compagni. Con l’ Amburgo di Felix Magath che sfilò dalla bacheca della Juventus una coppa dei campioni praticamente già vinta nella finale del 25 maggio 1983 ad Atene, tanto per ricordare agli italiani che la Germania aveva perso la finale del mondiale di calcio l’ anno prima ma non era da sottovalutare. E un Borussia Dortmund che nel 1997 vinse la Coppa dei Campioni schiacciando in maniera evidente la grande Juve di Marcello Lippi, dei Zinedine Zidane, dei Christian Vieri e altri nomi altisonanti, mentre il Borussia Dortmund schierava, nella diffidenza generale, un giocatore svizzero, Stephane Chapuisat. A quei tempi il campionato di calcio svizzero veniva ritenuto poco più di un campionato amatoriale e una squadra tedesca (il paese dei Rummenigge, dei Hrubesh e altri attaccanti i cui nomi facevano paura) che comprava con poca spesa un giocatore svizzero suonava in maniera buffa e bizzarra: tant’è che Stephane Chapuisat fu il primo straniero della storia a superare quota 100 goals nel campionato tedesco. Finale che fece male e che è una ferita ancora aperta nel cuore degli juventini: la finale di Bruxelles contro il Liverpool è ancora macchiata dalla morte dei tifosi juventini a seguito del cedimento di una tribuna dello stadio Heysel, la finale di Amburgo venne vinta dai tedeschi grazie ad un goal abbastanza fortuito e a una condotta catenacciara e difensivista della partita, mentre la finale contro il Borussia Dortmund fu una bella partita in cui i tedeschi hanno sempre dominato in maniera evidente. Poi una piccola squadra che vince la Coppa dei Campioni e che deve adeguare di conseguenza gli ingaggi ai propri giocatori si ritroverà alle soglie del nuovo millennio sulla soglia del fallimento: taglio degli ingaggi del 20% e i migliori giocatori come Tomáš Rosický che fuggono e anche lo stadio, il mitico Westfalenstadion, lo stadio più grande della Germania, anche più dell’ Allianz Arena del Bayern di Monaco, messo in vendita. Ma i tifosi, a differenza di quelli italiani, continuano a sostenere la propria squadra, pazientando e sostenendo la squadra, tant’ è che gli ottantamila posti del WestfalenStadion risultano quasi tutte le domeniche esauriti. Giunge un allenatore giovane (di soli 41 anni), sconosciuto, con un passato mediocre da giocatore tutto speso nel Mainz 05, squadra militante nella 2° divisione tedesca, che parla poco, che sorride poco me che è sempre molto attento: Jurgen Klopp. Parla poco e guarda molto: e non ha paura di gettare nella mischia ragazzini e gente sconosciuta: compra da una squadra polacca poco nota un giovane attaccante pagandolo poco meno di 5 milioni di euro, un prezzo da medio giocatore di serie B in Italia, un certo Robert Lewandowski: ragazzo mite, gentile ma che a suon di gol pesanti riesce a trascinare la squadra a vincere due titoli nazionali. Comprano uno sconosciuto giocatore giapponese, un certo Shinji Kagawa che dopo poco due campionati verrà venduto al blasonato Manchester United a caro prezzo, con una grossa plusvalenza iscritta a bilancio per il Borussia Dortmund. E tanti giovani, alcuni scovati nelle squadre minori, altri “allevati” nelle proprie squadre giovanili: gente del calibro di Mats Hummels, Mario Götze, Ilkay Gundogan e Marco Reus, che sono stati gettati in campo a giocare in prima squadra da giovanissimi e che, ad un’ età in cui il giocatore medio italiano inizia a fare panchina in Serie A già vantano una grossa esperienza nazionale, essendo divenuti anche colonne della nazionale maggio tedesca, essendo ormai troppo bravi e famosi per giocare nella nazionale under 21. Per tutti, l’ utilizzo di un prezioso strumento giuridico, molto usato in Spagna e nei grandi campionati europei ma poco in Italia: la “clausola rescissoria”. Che cos’è la clausola rescissoria? Nel contratto stipulato tra la società e il giocatore viene previsto, oltre che l’ ingaggio e la durata, anche il “valore” di mercato del giocatore: ad esempio, se nel contratto viene prevista una clausola rescissoria di 30 milioni di euro, il giocatore può trasferirsi solo o a scadenza di contratto o se trova un’ altra squadra in grado di pagare questa contropartita.E questo è utile per gestire i rapporti con i giocatori e relativi malumori: in Germania gli Ibrahimovic e i Balotelli non fanno il diavolo a quattro per farsi cacciare dalla società dopo che il loro procuratore ha contrattato con altre squadre un cospicuo aumento di ingaggio, perché in presenza di clausola rescissoria il giocatore che mantenga (di proposito) comportamenti disciplinari sconvenienti viene perseguito in tribunale con grossi risarcimenti danni stabiliti e squalifiche pesanti valide per tutti i campionati europei, come successe al giocatore rumeno Adrian Mutu quando, causa una vita notturna poco consona ad un atleta e il consumo di cocaina, venne citato in tribunale dal Chelsea, sua squadra, squalificato e multato di alcuni milioni di euro. E il Borussia Dortmund, anche grazie a questo, è uno spogliatoio tranquillo ed educato, privo di pecore nere che fanno contenzioso contro la società guastando i rapporti in squadra. Dopo due scudetti consecutivi vinti scucendoli dalle maglie dell’ invincibile Bayern di Monaco, nel campionato in corso soffre molto ritrovandosi di fatto a metà campionato molto lontano dal Bayern capolista. Sono un bluff? Sono scoppiati? Jurgen Klopp, l’ allenatore, è un uomo che parla poco e soprattutto ride e scherza poco e, dopo due scudetti vinti di fila, tenta il colpaccio: perché non provare a vincere la Champions League? Infatti, se da un lato il Borussia Dortmund rallenta il proprio cammino in campionato cedendo il passo al Bayern di Monaco, in Coppa dei Campioni marcia come uno schiacciasassi: stravince la fase a gironi da prima in classifica facendo piangere tifosi di squadre come Ajax, Real Madrid e Manchester City, e nelle fasi successive vincendo senza problemi contro lo Šachtar Donetsk e il Malaga, squadre ricche e farciti di grandi nomi comprati l’ una da un magnate del gas naturale ucraino e l’ altra da uno sceicco petroliere arabo. Ma è il 24 aprile che Jurgen Klopp e i ragazzi terribili del Borussia Dortmund compiono il loro piccolo miracolo: giocano in semifinale contro i “galacticos” del Real Madrid, una squadra dai calciatori dai nomi altisonanti, tutti comprati grazie ai soldi elargiti dal Banco di Santander, vero e proprio bancomat della società: vengono schierati giocatori che, come Cristiano Ronaldo, sono costati da soli 94 milioni di euro mentre tutta la squadra schierata costa 303,9 milioni di euro. Dall’ altra parte una squadra di ragazzi giovani, dove a parte Marco Reus, giocatore giovane ma già dal grande rendimento pagato al Borussia Moenchengladbach 17,1 milioni di euro e i due grandi nomi Robert Lewandoski e Ilkay Gundogan (entrambi nazionali, uno polacco e l’ altro tedesco) pagati cinque milioni di euro, poco più, poco meno, quasi tutti gli altri sono giocatori provenienti da squadre di seconda divisione o dal vivaio della società, per una squadra che, per i giocatori che sono scesi in campo, è costata solo 40,6 milioni di euro in tutto, quasi un terzo delle squadre italiane che lottano per lo scudetto ma franano nelle competizioni europee. Ed è un olocausto: il grande Real Madrid viene sconfitto 4-1 in maniera evidente e schiacciante, tanto che nemmeno l’ allenatore madrileno Josè Mourinho ne la superstar Cristiano Ronaldo, persone dalla spiccata verve polemica possono eccepire sul risultato. C’è una gara di ritorno ancora da disputare e una finale, ma solo con questo risultato il Borussia Dortmund ha guadagnato quasi 27 milioni di euro di diritti Uefa, a cui sommare i diritti di immagine e i premi degli sponsor e “pagandosi” praticamente in un solo anno tutto il parco giocatori. Per cui, che vinca o meno, una grande cosa il Borussia Dortmund lo ha già dimostrato: non è necessario avere un petroliere (arabo o russo) che butta soldi come hanno squadre come Chelsea, Malaga, Manchester City e Paris Saint Germain; non è obbligatorio avere una banca dietro che ti annega in uno tsunami di denaro da sperperare come il Real Madrid; e si può essere più furbi e veloci di una squadra del blasone del Manchester United e del suo magico allenatore sir Alex Ferguson. E’ sufficientemente avere lo stadio di proprietà (visto che il WestfalenStadion è stato riacquistato dalla società), un allenatore intelligente che parla poco e lavora molto, un’ ambiente sereno e ben gestito e tanti giovani che combattono per farsi notare a livello internazionale e così anche il calcio può essere fonte di guadagno, visto che dal 2007 in poi il Borussia Dortmund ha ripianato i propri debiti finanziari e chiude sistematicamente i bilanci in utile. Un insegnamento di umiltà per le grandi squadre europee e un insegnamento di intelligenza alle squadre italiane, indebitate, salassate dagli affitti pesanti degli stadi non di loro proprietà e dagli ingaggi di troppi giocatori brocchi, bolsi, vecchi e strapagati. Il giovane talento Mario Goetze si è già promesso sposo agli avversari del Bayern Monaco mentre per il centravanti Robert Lewandoski ormai è duello all’ arma bianca tra le più grandi e ricche società europee, operazioni che porteranno molti milioni di euro nelle casse societarie: ma non c’ è dubbio, il meditativo Jurgen Klopp e la società avranno già altre buone idee e altri giovani da valorizzare. E con cui vincere.