REGNO UNITO. ECCO COSA STA ACCADENDO

REGNO UNITO. ECCO COSA STA ACCADENDO

DI ALESSANDRO ALBANO (nostro corrispondente da Londra) Londra. Gli effetti della Brexit cominciano a farsi sentire. Il Regno Unito è, ad oggi, tra i paesi più caldi politicamente parlando. Da una parte l’inizio dei negoziati con Bruxelles; dall’altra, il referendum chiesto da Edimburgo e il nuovo capitolo Irlanda del Nord. Temi, questi ultimi, che potrebbero porre la parola fine sull’integrità del Regno. Qui di seguito, gli ultimi aggiornamenti e i fatti accaduti nei giorni scorsi: Brexit. La Camera dei Comuni ha definitivamente approvato la legge sulla Brexit proposta dal governo May. Le due modifiche precedentemente richieste dai Lords sono state respinte dal voto parlamentare, che così facendo dà a Theresa May il potere di notificare l’articolo 50 e di cominciare di fatto il processo di uscita dall’Unione europea. Gli emendamenti prevedevano il primo, garanzie a favore del mantenimento dei diritti per i cittadini UE; il secondo, un “meaningful vote” del Parlamento alla fine dei negoziati con Bruxelles. 335 i parlamentari che hanno respinto il primo emendamento; 331 il secondo. Il voto è il risultato di un breve periodo di cosiddetto “ping pong” tra le due Camere, divergenti su molti degli aspetti della legge in merito. La May ha quindi pieni poteri per iniziare i trattati con Bruxelles. La notifica dell’articolo 50, prevista subito dopo il voto di ieri, avverrà invece verso la fine di Marzo; come spiegato in seguito dal portavoce, il governo preferisce prendersi del tempo per limare gli ultimi dettagli. Scozia. Dopo l’annuncio di un nuovo referendum d’indipendenza che ha scatenato un vero e proprio terremoto in tutto il Regno Unito, Downing Street ha prontamente risposto con un primo e ufficioso ‘no’, aggiungendo che “un secondo referendum sull’indipendenza della Scozia sarebbe divisivo e provocherebbe enorme incertezza economica”. Theresa May, che ha il potere di impedire un’eventuale popolare, ha accusato il leader del SNP Nicola Sturgeon di “mancanza di visione politica”, e ha inoltre aggiunto che la scelta di indire il referendum tra il 2018 e 2019 rappresenta “la peggior tempistica possibile”. I motivi che hanno spinto la Sturgeon ad indire un nuovo referendum, il secondo dopo quello del 2014, riguardano la Brexit e le posizioni autoritarie dell’Inghilterra che, secondo il leader scozzese, “non ha mosso nemmeno un dito per raggiungere un accordo”. Tuttavia, questo primo ‘no’ di Londra, potrebbe presto tramutarsi in un ‘si’. Rifiutare il referendum significherebbe la riapertura dello scontro interno tra i due stati, e una conseguente crisi istituzionale. Nessuno ora è in grado di prevedere che cosa succederà in caso di impedimento del voto; l’ipotesi più reale è quella di un rinvio del referendum dopo la fine delle negoziazioni con Bruxelles. Quello che la Scozia dovrebbe temere in caso di vittoria degli indipendentisti, è il passaggio successivo; gli Stati membri dell’Unione, chiamati a votare per l’approvazione per il ritorno della Scozia nel mercato unico, potrebbero porre il veto e lasciare quest’ultima senza sostegni politici ed economici. Al momento, è questa la maggiore preoccupazione per Nicola Sturgeon; soprattuto alla luce delle ultime dichiarazioni della Spagna, pronta a mettere il veto in un eventuale votazione nell’europarlamento. Dal canto suo Madrid ha paura di un effetto a catena, che potrebbe sfociare in una nuova ondata indipendentista della Catalogna. Irlanda del Nord. Oltre al vento d’indipendenza che soffia in Scozia, il governo May deve fare attenzione ad un’altra bomba ad orologeria. Dopo l’annuncio della Scozia, è il turno di Michelle O’Neill, leader del partito nazionalista Sinn Fein, che sarebbe favorevole all’annessione dell’Irlanda del Nord con la Repubblica d’Irlanda. “Uscire dall’Europa sarebbe un disastro per l’economia e per il popolo d’Irlanda – ha detto – il referendum per l’unità irlandese deve avvenire il prima possibile”.La questione apre diversi scenari e richiede al tempo stesso alcune risposte. I motivi, anche a Belfast, derivano dalle conseguenze del voto dello scorso giungo; il “remain” aveva vinto con ampia maggioranza, e la possibilità di rimanere nel mercato unico non ha neanche sfiorato i piani di Downing Street. A questo si aggiunge una certa sensibilità del popolo irlandese verso l’argomento che promuove ogni manifestazione e desiderio d’indipendenza da Londra. Tuttavia, secondo i sondaggi di Ipsos MORI, solo il 22% degli elettori voterebbe in favore dell’unione irlandese; le passate e storiche ostilità tra le due sponde d’Irlanda, sono ancora visibili e percettibili. L’attuale geopolitica del Regno Unito è a rischio. Sia Edimburgo che Belfast, hanno le carte giuste per provare la mossa dell’indipendenza. Quello che rimane ancora in dubbio, è la prossima mossa di Londra che, per ora, si è limitata ad un ‘no’ per tappare i buchi, ma che di fatto non ha ancora attuato nessun piano in merito.