TURCHIA. LA FUTURA REPUBBLICA PRESIDENZIALE FARA’ DI ERDOGAN IL SULTANO DEL BOSFORO

L’attacco terroristico ad Istanbul è avvenuto lo stesso giorno in cui è stata presentata la riforma presidenziale che potrebbe vedere Erdogan al potere fino al 2029. Il pacchetto della sua riforma costituzionale che farà della Turchia una Repubblica Presidenziale, e’ stato presentato ieri pomeriggio al parlamento di Ankara. La bozza e’ stata sottoposta al presidente dell’unica camera del parlamento turco, Ismail Kahraman, firmata da 316 deputati del partito di maggioranza Akp, lo schieramento da cui proviene lo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan, che è il vero e proprio ispiratore della riforma. Ma per ottenere la maggioranza qualificata, rimane tuttavia decisiva l’alleanza con i nazionalisti del MHP, che con i suoi 40 parlamentari consentirebbero all’Akp di superare la soglia richiesta di 330 voti e quindi di andare al referendum, la cui data dovrebbe essere fissata tra marzo e aprile del prossimo anno.Si tratta, in ogni caso, di un passaggio che Erdogan ritiene però una pura formalità. In base a quanto previsto dal disegno di riforma, il presidente della repubblica, infatti, assumerà tutti i poteri esecutivi, con la prevista abolizione della figura del primo ministro. Erdogan sarà affiancato da due vicepresidenti e avrà il potere di nominare questi ultimi e tutti i ministri del suo futuro governp. Spetterà, così, ad Erdogan l’esclusiva competenza di emanare decreti legislativi, con un ventaglio di prerogative che va ben oltre l’attuale possibilità di intervenire esclusivamente nell’ambito dei diritti personali e delle libertà fondamentali. Il potere legislativo, benché di competenza del parlamento, prevede per il presidente un ruolo determinante nella presentazione della legge di Bilancio. Il presidente potrà emettere decreti, decretare lo stato di emergenza e sciogliere l’unica Camera del Parlamento turco, che da 550 passerà a 600 deputati. La nuova architettura costituzionale è destinata ad entrare in vigore a partire dal 2019, anno in cui si terranno in contemporanea sia le elezioni parlamentari che le presidenziali. Prima di quella data, una graduale devoluzione di poteri esecutivi permetterà al presidente Erdogan di ampliare i propri spazi di intervento. Ad essere abolita è inoltre l’imparzialità del presidente, che potrà mantenere il legame con il proprio partito o addirittura rivestire la carica di segretario e leader dello stesso durante la sua presidenza. Per la messa in stato di accusa del presidente della Repubblica saranno necessari i voti di 360 dei 600 parlamentari per la costituzione di una commissione ad hoc, che, terminata l’indagine esporrà i risultati al parlamento. Saranno a quel punto necessari i voti favorevoli di 400 parlamentari per mandare il presidente dinanzi la Corte Suprema. Cambia anche la struttura del Consiglio Superiore della magistratura (HSYK), che sarà’ composto da 12 membri, per metà eletti dal presidente della repubblica e per l’altra metà dal parlamento. Vengono altresì abolite le corti militari, che conserveranno la competenza solo per procedimenti disciplinari, mentre la gendarmeria rimarrà esclusa dal Consiglio di Sicurezza Nazionale. Con la riforma, il presidente della Repubblica potrà rimanere in carica per due mandati di 5 anni ciascuno. Per Erdogan, la cui esperienza già maturata da capo dello stato risulterebbe azzerata, sarà possibile, pertanto, allungare il proprio orizzonte politico fino al 2029, vale a dire per 27 anni dalla prima legislatura in qualità di premier sin dal 2002. Una prospettiva, questa, che renderebbe l’esperienza di Erdogan alla guida del Paese, ben più duratura di quella del padre della Turchia moderna, Mustafa Kemal Ataturk il quale ricorda al dittatore Erdogan che “La sovranità non va costruita sulla paura: una sovranità basata sulle armi non potrà essere mantenuta a lungo, può essere solo un espediente temporaneo in tempi di sconvolgimento”.