L’IDEA DI RIACE NON E’ MORTA

L’IDEA DI  RIACE  NON E’ MORTA

Domenica di sole. Quel sole calabrese di fine primavera che scalda, rincuora, promette sempre a queste latitudini. Poi il vento, la brezza leggera che porta da chissa’ quali anfratti di terre e di memoria, stralci di canzoni, frasi smorzate, sussurri forse solo immaginati. E si percorrono stradine che si inerpicano fra i monti, quelli realmente lambiti dal mare. Tutti strani Ulisse dalle onde alle cime con quella inestinguibile voglia di conoscere che e’ degli uomini, in ogni era, in ogni respiro. Si giunge a Riace. Un paesino calabrese assurto agli onori della cronaca nel 1972 per il ritrovamento di due statue in bronzo oggi universalmente note come i ” Bronzi di Riace” poi, nell’era delle “diaspore dei popoli”, famosa per l’accoglienza, infine, nel tempo dei “porti chiusi”,emblema di disubbidienza civile. Chi, come me, ama l’etimologia del nome di una localita’ sa che Ruha_ ake, significa ” posto del vento”in aramaico o in greco bizantino Ryaki, piccolo ruscello. E piace pensare che abbia entrambi i significati questo paesello arroccato sull’Aspromonte. Quello di un respiro, di uno zefiro gentile che accarezza mentre accoglie il forestiero, che disseta tutti coloro che avvertono l’ arsura di umanita’. Appena giunti ad accogliere e’ un paesaggio ameno incastonato tra lo Ionio splendente di azzurro e blu cobalto e il verde intenso delle aspre montagne, matrigne solo per chi non ne conosce l’amore, infide solo per chi ne sottovaluta l’eterno coraggio a sfidare i retaggi di questa terra, traditrici solo per chi non ne conosce la storia. Ad accogliere sono i colori. Tutti i colori in un afflato che nel silenzio commuove. Murales che parlano.E parlano di te, Siriano, di te Libanese, di te Iraniano, di te Senegalese, di te Libico, di te disperato sopravvissuto a onde misericordiose o maligne. Bottegucce artigianali che sorridono memori di alacri giornate trascorse nel fervore di chi crea e, facendolo insieme, vi traduce le sue tradizioni, le sue emozioni. Ogni vicoletto profuma di Calabria cosmopolita. Quella terra che la Storia volle Magna Grecia proprio per la sua vocazione alla interazione, alla integrazione. Forse perche’ per accogliere chi emigra, bisogna avere provato nell’anima il peso delle solitudini di essere migranti. Il sole batte sornione sulle imposte di casette vicine le une alle altre abituate alla condivisione della generosita’ dei semplici anche loro. Pochi mesi or sono quelle casette, prima abbandonate,poi rinate alla vita, cantavano e danzavano alla musica dei popoli. Diversi, tanti, uniti, come le mani di mille colori disegnate sui muri di Riace. Poi dopo il decreto sicurezza, dopo la chiusura degli SPRAR dopo l’uccisione del Modello Riace, modello di integrazione riconosciuto nel mondo…torna il silenzio sui ciottoli di questo paese. E non perche’ le inchieste giudiziarie riguardanti il sindaco ormai ex, Mimmo Lucano, ne abbiano minato la credibilita’. Ma perche’ si e’ voluta annientare un’ Idea, quella della integrazione/ interazione possibile quando non si guarda all’altro con l’occhio del pregiudizio. In una stradina di Riace, giocano due bimbi di colore. Inseguono una palla, uguali in ogni parte del mondo. Ridono, sotto lo sguardo compiaciuto di tre anziani del luogo che all’ombra della pensilina del bar giocano a carte. Uno di loro col volto solcato dal tempo li guarda, mi guarda e poi, rispondendo alla mia muta domanda dice:_ Ieri qui c’era la desolazione dell’abbandono. Poi e ‘tornata la Vita, i giochi, le risa, il pianto dei vivi. Oggi di nuovo il silenzio. In silenzio vogliono che moriamo! _ Oggi pochi migranti a Riace, quelli rimasti perche’integrati. Tutti altri via. Dislocati in vari centri, in attesa di un Destino che la legge dello Stato vorra’ loro riconoscere. Primo maggio anche a Riace domani …con il Lavoro di tanta gente dissolto nel vento. Restano i murales che hanno imprigionato i sogni “delle genti di Aspromonte”. Genti si’, perche’ questa terra fu sempre crogiolo di civilta’ , miscellanea di cellule, canto corale. Si apre una porta su una piccola piazza assolata. Una giovane donna di colore sull’uscio saluta e sorride. Il suo ventre porta nuova vita. Attirato dalla chiassosa presenza di gente nella piazza, un uomo le si affianca, le cinge le fragili spalle. Ha il mio stesso colore di pelle. Sorrido anche io.No. L’Idea “Riace” non e’ morta!