DA TABAS A GONABAD, IN MEZZO IL DESERTO CHE CAMBIA VOLTO

DA TABAS A GONABAD, IN MEZZO IL DESERTO CHE CAMBIA VOLTO

Sapete che vi dico? Io nelle realtà piccole, periferiche, marginali, ci sto di molto bene. Già per scelta di vita ho abbandonato Roma per Zagarolo, ma anche qui… Vengo dal Kurdistan e ho trovato il Kurdistan di quest’altra parte, perché l’Iran è come un lenzuolo appeso ai suoi monti. Questo è il Khorasan, a dar retta alla mappa, ma da qualche parte ho visto un cartello che parlava di Golestan. Vedrò poi, non è importante. Ma ci sto egualmente bene. Che vi devo dire? Avete mai bevuto il tè nel gabbiotto dei vigili urbani in mezzo al principale incrocio semaforuto della vostra città, sia essa Roma o Milano? Io sì, a Ferdows, una città/oasi come tutte le altre che nomino oggi. Il capo dei vigili si chiama Alì ed è stato molto onorato di fermarmi per farmi….accomodare nel suo ufficio, offrirmi un tè, offrirmi un succo di melograno, farsi fare la foto con me. Poi, per ogni chissà, mi ha dato anche il numero di telefono. Se doveste farvi togliere una multa presa da queste parti… E prima di Ferdows c’era Boshruyeh, dove un militare in motoretta mi affianca mentre io fotografo le stupende case di fango, e mi fa sorridente: “Welcome! Do you like our country?Iran is not terrorism”. E io esco da Boshruyeh che smoccolo contro tutti gli imbecilli che parlano di Stato e di Stati senza saper riconoscere gli uomini. Smoccolo e mi dico che semmai un giorno qualcuno vorrà fare del male a questa gente io, io non so cosa farò, perché con ognuno di loro sto prendendo un impegno. Loro mi danno la mano, io gli sto dando la mia.Il deserto continua a cambiare di volto. Il caldo alle 6 stamattina era già forte. Sono partito da Tabas cercando di fare, come al solito, la strada più maledetta. Poi non è che tiri dritto eh? Mi dico: io qui in questa vita non ci torno di certo. Dunque mi infilo, mi fermo, scatto foto, torno indietro per vedere meglio una cosa…. E così dopo Ferdows prima imbocco la strada che passa per Bejestan poi l’alto tasso di tir mi fa pensare che tutti la scelgono perché è più banale. Allora torno indietro di 10 km e prendo la strada per Gonabad. Bingo! Tutta curve, discese e salite. Squarci nelle montagne mi aprono strette immagini erbose, verdi intensi e villaggi di fango, incastonati fra asprezze bruciate di pietra. In una totale aridità brilla un rivolo d’acqua che entra e esce fra le rocce bollenti: è un canat, il primo esempio che vedo di canalizzazione primordiale di una sorgente, capace di dissetare poi bocche che sono a decine e decine di chilometri di distanza. E’ uno degli orgogli storici della Persia il canat, poi preso ad esempio da altri Paesi assetati, vedi il Marocco. Ma non ne avevo mai visto uno ancora vivo.E così, guarda di qua, guarda di là, sono arrivato a Gonabad, altra oasi, dove invece dell’acqua mi sono buttato giù ben due lattine di pepsi, più un kebabbino di pollo che era un piacere nel ristorante di Reza e della sua simpatica moglie, du’ euro di riposo e ristoro. Poi Reza mi fa: vuoi anche un hotel? La moglie mi inviterebbe anche a casa. Io dico noooo, dai, devo andare a Mashad e sono appena le 15…mi fermerò a Torbat-e Heyderahyeh, altre due ore di viaggio. Saluto, fo benzina e poi ci ripenso: chi mi corre appresso? Che poi ‘sta Mashad sarà pur da vedere, non dico di no, ma sarà piena di pellegrini pentamezzolunati che stanno lì a strabuzzare gli occhi e a torcersi le budella per la morte di Reza, ottavo Imam sciita, manco fosse avvenuta ieri. E io di fanatici francamente…..Dunque mi sono fermato a Gonabad, in un bell’hotel pulito gestito da donne, che per una notte mi chiede 680.000 real, ovvero nove euri precisi. Mi riposo, lavo, mi lavo, mangio, bevo e ficco il naso. Già ho una galleria di foto di persone con me. Mi sta bene, benone, siamo tutti fratelli. Il capo della polizia mi ha abbracciato e stampato due baci su entrambe le guance. Quasi quasi non torno….